Endometriosi, il caso “Emilia-Romagna”: scontro tra attiviste e Pd

Salute e Benessere
Ludovica Passeri

Ludovica Passeri

Un anno e mezzo fa le attiviste raccolte attorno alla petizione "Endometriosi: firma adesso!" hanno aperto il dibattito sulla gratuità delle terapie ormonali e sull'implementazione dei percorsi di formazione e diagnosi precoce. La speranza che l'Emilia-Romagna facesse da apripista su questi due fronti si è però spenta con il voto di bilancio 2024. Il Pd: "La Regione è già all'avanguardia sulla salute della donna: non è giusto continuare a colmare da soli le carenze nazionali"

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Da mesi l'Emilia-Romagna è teatro di un braccio di ferro tra la Regione e le associazioni che hanno aderito a “Endometriosi: firma adesso!, petizione che punta alla gratuità delle terapie ormonali per le donne colpite dalle forme più gravi di questa patologia cronica progressiva e all’aumento delle risorse su diagnosi precoce e formazione per il personale medico-sanitario. Il 19 dicembre, in occasione del voto di bilancio per il 2024, si è svolto l’epilogo della vicenda con la bocciatura dell'emendamento “endometriosi”. Per le attiviste è un tragico “game over” che pregiudica il futuro di questa battaglia anche fuori dai confini dell’Emilia-Romagna, mentre il Partito democratico, che governa la Regione, sostiene che si stia già facendo molto sulla salute della donna e che per ampliare il perimetro dei diritti ci voglia una presa di responsabilità a livello nazionale.

 

La ricostruzione del "caso Emilia-Romagna"

Avevamo lasciato l’Emilia-Romagna in estate a un passo dal riconoscimento della gratuità delle terapie ormonali, essenziali per le pazienti colpite dalle forme più invalidanti di questa patologia. Proprio quello delle esenzioni è uno dei punti nodali della petizione “Endometriosi: firma adesso!”, lanciata un anno e mezzo fa e firmata da oltre 4mila cittadini. All’inizio del 2023 la Giunta aveva approvato all’unanimità una risoluzione unitaria a sostegno della petizione che impegnava la Regione sulle campagne di sensibilizzazione, sull’esenzione per le terapie ormonali e sull'adeguato finanziamento del percorso diagnostico-terapeutico esistente (PDTA), strumento che consente di entrare immediatamente in un flusso di visite specialistiche con elevato standard di qualità e di preparare i medici e gli operatori sanitari del territorio all’individuazione della malattia. Ma, a pochi giorni dal voto sull'assestamento di bilancio di luglio, era venuto meno il sostegno della maggioranza. Le speranze delle attiviste si erano dunque concentrate sull’esame finale del bilancio di previsione 2023 e pluriennale al 2025. Il 19 dicembre è stato discusso in aula l’emendamento che riguarda il tema dell’endometriosi e la storia si è ripetuta: con 19 voti favorevoli e 27 contrari è stato bocciato. Falliti negli ultimi mesi tutti i tentativi di accordo sul tema complesso delle esenzioni, era rimasta aperta la finestra dei PDTA e del loro “adeguato finanziamento”, il minimo sindacale dal punto di vista delle associazioni. Sul tavolo c'era dunque l’implementazione dell’unico PDTA già esistente, che fino ad adesso si è retto sulla "buona volontà dei medici e dell'assessorato", come segnalano le attiviste. A votare contro sono stati Pd, Europa Verde e Italia Viva, mentre si sono espressi a favore M5s, Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Rete Civica.

 

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Il punto di vista delle attiviste

“GAME OVER. 2 anni di lavoro gettati al vento”. Con queste parole Sara Beltrami, portavoce della campagna “Endometriosi: firma adesso!”, ha commentato la bocciatura. "La posizione del Partito democratico si fonda sul fatto che sul tema sia già stato fatto tanto e che la dotazione economica richiesta dal comitato sia troppo onerosa" - spiega Beltrami che sostiene assieme al Comitato Endometriosi, composto dalle varie associazioni scese in campo ("La voce di una è la voce di tutte", "Endo-Care", "Aendo"), che, invece, non sia un problema di soldi. "Chiedevamo di investire su questo fronte 200mila-300mila euro su una manovra regionale da 14 miliardi”, specifica.

 

La versione del Partito democratico

La replica del Partito democratico arriva con un comunicato: “L’emendamento delle minoranze era improvvisato e senza copertura di spesa, noi lavoriamo con le associazioni e le competenze sanitarie per una presa in carico sempre più precoce e appropriata”. I dem sottolineano che la regione sia già all’avanguardia - è stata la prima ad attivare un PDTA in Italia - e che non si possano chiedere ulteriori sforzi: “Sin dal 2014, con la propria legge quadro per la parità, la Regione Emilia-Romagna ha inserito - scrivono - nei protocolli sanitari territoriali la medicina di genere e lo sviluppo di servizi appropriati per le patologie genere-specifiche come l’endometriosi”. L’emendamento targato Lega era dunque - si legge - “un modo per mettere in dubbio la credibilità dell’Emilia-Romagna sulla prevenzione per la salute donna che invece è un nostro impegno costante”. Contattata da Sky TG24 la consigliera Marilena Pillati ha aggiunto: “A livello nazionale, per evitare di fare pazienti di serie A e di serie B, bisogna investire nella medicina di genere e ampliare i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) comprendendo eventualmente su parere AIFA anche i farmaci più appropriati. La Regione Emilia-Romagna in stretto raccordo con professionisti e associazioni è andata sempre oltre le proprie competenze per far fronte ai bisogni, ma non è giusto continuare a colmare carenze del livello nazionale. Il diritto alla salute è di tutt*”. 

 

Che fine farà la petizione?

Sebbene l’iniziativa “Endometriosi: firma adesso!” abbia avuto l’Emilia-Romagna come perno, associazioni provenienti da diverse regioni italiane hanno abbracciato la causa nella speranza che il cambiamento partisse da Bologna e contagiasse tutto il Paese. Dopo anni di tentativi di sensibilizzare le istituzioni sul problema dell’assenza di tutele, anche economiche, subita dalle donne affette da endometriosi, Beltrami aveva scelto una strada alternativa, ispirandosi alla parabola della tampon tax che prese il via da una petizione popolare, cominciando quindi dal basso e su scala regionale. E proprio sulla scelta di questa iniziativa popolare rileva: "Presentare un emendamento all'ultimo è, secondo il Pd, una mossa populista? Bisogna chiedersi perché si sia arrivati a votare un emendamento sull’endometriosi il 19 di dicembre 2023, quando quasi due anni fa abbiamo presentato una petizione UFFICIALE che ha seguito un iter legislativo di partecipazione popolare UFFICIALE". Di fronte al dietrofront degli ultimi giorni, si imporrà un ripensamento della campagna e degli obiettivi strategici. “L’Emilia-Romagna ha fatto da apripista su molti temi di salute, soprattutto femminile. Questo passo indietro dopo due anni di petizione, firme, colloqui e dialogo con tutti i gruppi politici ci spaventa: rischia di rappresentare un alibi anche per altre regioni”, spiega Beltrami a Sky TG24.

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