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Covid, booster del vaccino: quando farlo dopo la guarigione?

Salute e Benessere
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Ne ha discusso, intervistato dal quotidiano “La Repubblica”, il professor Francesco Broccolo, specializzato in Microbiologia e Virologia e docente di Microbiologia Clinica presso l'Università Milano-Bicocca. “Chi si è preso l'infezione e ha due dosi di vaccino non deve affrettarsi a fare la terza dose anche perché l'infezione naturale è un booster aggiornato e rafforzato in quanto stimola l'immunità cellulo-mediata e ha un complesso antigenico superiore a quello dei vaccini attualmente disponibili”, ha spiegato

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L’ampia diffusone della variante Omicron, anche nel nostro Paese, ha contribuito al contagio di tante persone che avevano completato il ciclo vaccinale solo con due dosi, quindi senza la dose “booster”, o in alcuni casi, di persone risultate positive senza la somministrazione della prima o della seconda dose del vaccino anti-Covid. In questi casi, quanto tempo deve passare dal momento della guarigione per poter fare la terza dose del vaccino o iniziare/ proseguire il primo ciclo vaccinale? A far chiarezza, ascoltato dal quotidiano “La Repubblica”, ci ha pensato il professor Francesco Broccolo, specializzato in Microbiologia e Virologia e docente di Microbiologia Clinica presso l'Università Milano-Bicocca.

Il booster per chi è risultato positivo dopo due dosi

Dunque, se si è risultati positivi al Sars-Cov-2 dopo aver fatto la seconda dose, serve il booster o se ne può fare a meno? “Siamo nella stessa situazione di chi si ammala dopo la prima dose con la differenza che chi ha già ricevuto anche la seconda dose e poi si contagia è come se avesse già ricevuto il booster e quindi non deve farlo perché è protetto per i successivi 4 mesi”, ha spiegato Broccolo. “Chi si è preso l'infezione e ha due dosi di vaccino non deve affrettarsi a fare la terza dose anche perché l'infezione naturale è un booster aggiornato e rafforzato in quanto stimola l'immunità cellulo-mediata e ha un complesso antigenico superiore a quello dei vaccini attualmente disponibili”, ha poi specificato. Dal punto di visto medico, ha proseguito l’esperto, “chi è guarito da Covid-19 è come se avesse fatto più che una dose perché l'infezione naturale è più protettiva della prima dose del vaccino. Inoltre, con la malattia è come se si fosse immunizzato con un virus aggiornato, cioè quello della variante Omicron o Delta. Quindi, si tratta di un'immunità più aggiornata rispetto a quella conferita dal vaccino che è stato costruito sul primo virus di Wuan: ciò significa che può vaccinarsi entro i sei mesi dalla guarigione”, ha sottolineato ancora.

Gli altri casi

Il professore, poi, ha analizzato altri casi. Chi ha contratto il Covid senza aver ricevuto neanche una dose di vaccino come deve comportarsi? “La circolare del Ministero della Salute dello scorso novembre stabilisce che chi si è ammalato di Covid può effettuare la prima dose di vaccino preferibilmente entro i sei mesi ma non oltre i 12 mesi. Dunque, c'è una forbice di tolleranza anche se le norme sul Green pass stabiliscono che a partire dal 1° Febbraio chi è guarito dal Covid-19 può ottenere la certificazione valida soltanto per sei mesi”. Per i positivi dopo la prima dose di vaccino, invece, “è come se avessero già ricevuto anche la seconda dose e sono coperti per almeno altri 4 mesi. L'infezione naturale contratta ora, infatti, è equiparabile ad una dose rafforzata e aggiornata con la variante del momento e con più proteine immunogene. Quindi, il soggetto una volta guarito andrà a fare il vaccino non prima dei 4 mesi successivi”, ha spiegato Broccolo.

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La quarta dose per tutti: cosa aspettarsi

Infine, un ulteriore approfondimento. Sarà necessaria una quarta dose per tutti? “L'Agenzia Europea dei Farmaci ha parlato di una possibilità per i pazienti immunodepressi, ma ha detto chiaramente che è una strategia sbagliata: non si può pensare di 'boosterizzare' in modo così ravvicinato perché nella storia dei vaccini abbiamo fatto al massimo tre dosi”, ha commentato l’esperto. “Non è alzando il titolo anticorpale che si arriva alla protezione, se gli anticorpi non sono specifici contro la variante in circolazione. Continuare su questa strada significa proseguire in una strategia che rincorre il virus: servono vaccini aggiornati sulle ultime varianti e, soprattutto che tengano presente anche altri bersagli che modulano la protezione”, ha detto.

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