Covid, le sigarette elettroniche possono aumentare il rischio dei sintomi: lo studio
Salute e BenessereMal di testa, dolori muscolari, nausea, vomito, diarrea e perdita dell'olfatto o del gusto. Sono questi alcuni dei sintomi più comuni, legati al Covid-19, che possono manifestare con più frequenza coloro che svapano. Lo ha sottolineato uno studio condotto dagli esperti della Mayo Clinic, negli Stati Uniti. Ma Fabio Beatrice, primario e fondatore del centro Antifumo dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino, ha poi spiegato, nel dettaglio, i risvolti della ricerca
Le persone che utilizzano le sigarette elettroniche e risultano positive al Covid-19 possono avere più frequentemente sintomi come mal di testa, dolori muscolari, nausea, vomito, diarrea e perdita dell'olfatto o del gusto. Lo ha rilevato uno studio, pubblicato sul “Journal of Primary Care & Community Health” e condotto dagli esperti della Mayo Clinic, negli Stati Uniti, secondo cui coloro che svapano e fumano tabacco possono manifestare anche respiro affannoso e ricorrere maggiormente alle visite al pronto soccorso, qualora positivi al coronavirus.
Il confronto tra fumatori e non fumatori
La ricerca, in particolare, ha coinvolto partecipanti over 18, risultati positivi al test del Covid-19 tra l’1 marzo 2020 e il 28 febbraio 2021, tra Minnesota e Wisconsin, negli Stati Uniti. “Abbiamo intervistato più di 280 fumatori positivi al Covid-19 e li abbiamo confrontati con 1.445 persone positive della stessa età e sesso ma non fumatori”, hanno spiegato gli esperti. I sintomi comuni legati al virus, “tra cui perdita di gusto o olfatto, mal di testa, dolori muscolari e costrizione toracica, sono stati segnalati in modo più frequente tra le persone che svapano”, ha poi sottolineato David McFadden, internista della Mayo Clinic e primo firmatario dello studio.
Un'associazione tra lo svapo e i sintomi del Covid-19
L'uso delle sigarette elettroniche, hanno commentato ancora gli studiosi americani, è aumentato in maniera significativo negli ultimi dieci anni, specie tra gli studenti delle scuole superiori e tra i giovani adulti. Nonostante la ricerca scientifica non abbia individuato una connessione diretta tra l'utilizzo delle sigarette elettroniche e la positività al Covid-19, lo studio della Mayo Clinic è riuscito ad individuare un'associazione tra lo svapo e la presenza di sintomi del Covid-19. Ne è emerso come l'incremento dell’infiammazione del tessuto polmonare generata dall'infezione da Covid-19 e quella indotta dallo svapo possono peggiorare la possibilità che si sviluppi un’infiammazione sistemica, con un conseguente aumento associato di sintomi quali febbre, mialgie, affaticamento e mal di testa. “Durante una pandemia con un agente patogeno respiratorio altamente trasmissibile come Sars-Cov-2 è altamente consigliabile ridurre o interrompere lo svapo e l'uso di sigarette elettroniche e ridurre al minimo il potenziale di aumento dei sintomi e del polmone infortunio”, ha aggiunto Robert Vassallo, co-autore dello studio, lanciando un appello.
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Il parere dell'esperto
“Il recente lavoro di Macfadden della Mayo Clinic ha suscitato un inaspettato interesse mediatico ma i titoli e le chiavi di lettura giornalistica in realtà non riportano fedelmente le informazioni che sono desumibili da una attenta lettura del lavoro originale" Inizia così il commento del dottor Fabio Beatrice, primario emerito e fondatore del Centro Antifumo dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino, past president della Società Italiana di Tabaccologia (SITAB) e direttore scientifico di MOHRE . In sintesi, spiega Beatrice per far luce sullo studio, "il lavoro focalizza la sua attenzione su 13059 soggetti affetti da Covid-19 esaminati tra il 1 marzo 2020 ed il 1 marzo 2021. Di questi 763 sono fumatori (pari al 5,84% del campione) , 243 vapers puri di cui non sono note le tipologie e le modalità di consumo (pari al 1,86%) e 46 (pari allo 0,35%) sono invece duali (cioè utilizzano sia la sigaretta elettronica che la classica sigaretta a tabacco combusto). Non sono contenute informazioni sui precedenti anamnestici tabaccologici dei 243 vapers e cioè se abbiano in precedenza fumato sigarette analogiche, eventualmente per quanto tempo e con quali consumi medi quotidiani e da quanto tempo siano invece consumatori di fumo elettronico esclusivo", ha sottolineato. Nel lavoro, ha continuato, "a testimonianza della scarsa esperienza degli autori in tema di fumo elettronico, non sono neanche espresse, relativamente ai device elettronici, valutazioni relative alle potenze di erogazione, tipologie di erogazione, caratteristiche almeno generali degli aromi utilizzati".
"Chi usa la sigaretta elettronica non corre maggiori rischi"
In sintesi, ha commentato Beatrice, "il lavoro preliminarmente, nelle sue conclusioni, riporta però molto chiaramente che in base alla letteratura scientifica non risulta esserci alcuna correlazione tra l’uso di sigaretta elettronica ed un maggior rischio di essere infettati dal Covid-19 (“no evidence has been shown that vapers are at greater risk for contracting COVID-19,”). Questo dato e la sua manipolazione mediatica dovrebbe far riflettere poiché nel recente passato ha fatto notizia giornalistica l’opposta informazione che, come avevamo già commentato a suo tempo, è definitivamente destituita di ogni credibilità. E’ bene comunque precisarlo in maniera definitiva e conclusiva: chi usa la sigaretta elettronica non corre maggiori rischi di contrarre il Covid-19 rispetto a chi non fuma e rispetto a chi fuma normali sigarette. Lo avevamo sostenuto già un anno fa leggendo e pesando con attenzione i dati della letteratura scientifica".
Il tema legato al fumo da sigaretta
Il definitiva, spiega l'esperto, il "lavoro di Macfadden riferisce anche molto chiaramente che gli svapatori duali (cioè coloro che usano sia la sigaretta che la e-cig) presentano una maggiore quantità di dispnea e di ricorso al PS (sono questi parametri oggettivi ) . Anche se i numeri sono molto piccoli pare evidente che la responsabilità sia da ricercare nel fumo combusto di sigaretta poiché questa è la variabile presente considerata dagli autori. Dunque dalla lettura del lavoro emerge la possibilità che, sul piano squisitamente soggettivo, gli svapatori riferirebbero una maggiore sintomatologia (soggettiva) riconducibile al Covid-19". Ma, precisa ancora, "pur nella consapevolezza che i numeri sono assai piccoli sfugge quale possa essere il significato clinico di questa conclusione che perviene da una trattazione di tipo epidemiologico-statistico. Chi usa la sigaretta elettronica, come chi fuma le normali sigarette, è un soggetto che presenta dipendenza da nicotina e la dipendenza con il suo grado di espressione clinica ed il suo compenso potrebbe essere un elemento da considerare nella rappresentazione della sintomatologia soggettiva. Peccato che lo studio non valuti i livelli di dipendenza che avrebbero potuto essere analizzati anche solo tramite un banale test di Fagestrom", ha spiegato. "E’ evidente che i danni da fumo combusto potrebbero in qualche modo sommarsi alla lesione dell’interstizio tipica dell’infezione da Covid. Ciò non può essere invece imputato alla sigaretta elettronica che riporta nella norma il monossido di carbonio (il principale parametro clinico della combustione tabagica)". In conclusione, sottolinea Beatrice, "l’unica vera e forte affermazione contenuta nel lavoro è che chi usa la sigaretta elettronica non corre maggiori rischi di contrarre il Covid-19 rispetto a chi non fuma e rispetto a chi fuma normali sigarette. Dunque dal momento che il fumo elettronico determina una drammatica riduzione dei prodotti della combustione rispetto alla normale sigaretta appare ancora più forte e coerente rispetto ai dati scientifici la posizione del Ministero della Salute della Gran Bretagna e della Nuova Zelanda che, proprio in piena epoca Covid, hanno considerato e rappresentato alla classe medica il forte interesse medicale della e-cig".
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