Fibrosi cistica, testati farmaci più efficaci per cure personalizzate

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Grazie ad uno studio congiunto, condotto da un team di ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) in collaborazione con quelli dell’Università la Sapienza di Roma, è stato possibile riprogrammare le cellule respiratorie dei pazienti affetti da fibrosi cistica, la malattia genetica rara più frequente in Italia, per testare farmaci più efficaci rispetto a quelli attualmente a disposizione

“Cure personalizzate e più efficaci per migliorare la qualità di vita dei pazienti” con fibrosi cistica e per “aumentarne l’aspettativa”. E’ questo l’obiettivo che si è posto uno studio congiunto, condotto da un team di ricercatori del dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) in collaborazione con quelli del dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza Università di Roma e del centro di riferimento regionale per la fibrosi cistica della Regione Lazio.

Cos’è la fibrosi cistica

La fibrosi cistica, spiega l’Iss, è “la malattia genetica rara più frequente in Italia”. La causa principale deriva dalle mutazioni del gene CFTR, cioè da alterazioni a livello del Dna del gene che scatena la patologia. Attualmente, su questo specifico gene, sono state individuate “migliaia di mutazioni di diverso tipo, che determinano altrettante varianti genetiche di malattia”, ovvero il “genotipo”, anche particolarmente rare. E, proprio per la loro rarità, la maggior parte di tali mutazioni non sono trattabile attraverso le terapie di precisione esistenti, oggi a disposizione solo per le mutazioni più comuni.

I dettagli dello studio

Lo studio, i cui esiti sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “European Respiratory Journal”, ha dunque evidenziato la “possibilità di espandere in coltura, con grande efficienza e in grande quantità, le cellule staminali respiratorie dall’epitelio nasale di ogni paziente con fibrosi cistica, utilizzando un nuovo approccio di riprogrammazione cellulare”, come riporta un comunicato diffuso sul portale dell’Iss. E, proprio a partire da queste cellule staminali respiratorie, “si possono ottenere modelli di malattia cosiddetti ex vivo, mediante speciali colture differenziative per cellule respiratorie e mediante la generazione di organoidi che riproducono in forma miniaturizzata e tridimensionale il tessuto respiratorio difettoso del paziente”. Lo ha sottolineato la dottoressa Adriana Eramo, coordinatrice del lavoro di ricerca insieme al professor Marco Lucarelli. “Utilizzando questi modelli è stato possibile approfondire gli accertamenti diagnostici e di caratterizzazione dei genotipi dei pazienti e delineare il rapporto tra genotipo, ovvero l’insieme delle varianti genetiche della malattia, e fenotipo, cioè l’insieme dei caratteri fisici determinati dalle mutazioni, valutando gli effetti delle specifiche mutazioni geniche sulle corrispondenti proteine difettose nelle cellule di ogni singolo paziente”, ha riferito quest’ultimo. Nello studio, poi, è stata analizzata anche l’efficacia di farmaci specifici nel correggere la proteina CFTR mutata, quella cioè responsabile della malattia, attraverso il ripristino della sua funzionalità. Nel dettaglio, è stata evidenziata l’efficacia di un farmaco recentemente approvato in Italia per alcune mutazioni più frequenti, testato su tre particolari varianti genetiche rare, ad oggi orfane di cura.  

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