Si tratta del tumore cerebrale maligno più diffuso in età pediatrica, con un'incidenza, in Italia, di circa 7 bambini colpiti ogni milione. Grazie ad uno studio dei ricercatori dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, insieme a quelli delle Università di Tor Vergata, La Sapienza e di Trento, è stato possibile scoprire il meccanismo che permette alla forma più aggressiva di questa neoplasia di scatenarsi
Grazie ad un lavoro di ricerca congiunto che ha visto protagonisti i ricercatori dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, in collaborazione con quelli delle Università di Tor Vergata, La Sapienza e di Trento, giungono nuove speranze per la cura del medulloblastoma, il tumore cerebrale maligno più diffuso in età pediatrica. Gli studiosi, infatti, sono riusciti ad individuare il meccanismo che permette alla forma più aggressiva di questa neoplasia di scatenarsi, indicando allo stesso tempo due farmaci potenzialmente in grado di bloccare la crescita del cancro e delle metastasi. Gli esiti dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale “Acta Neuropathologica”.
Cos’è il medulloblastoma
ll medulloblastoma, si legge in un comunicato diffuso sul sito del Bambin Gesù, “è un tumore cerebrale maligno con un'incidenza, in Italia, di circa 7 bambini colpiti ogni milione”. La sopravvivenza globale, legata al tumore, si attesta ad oggi ad un tasso dell'80% per i pazienti considerati “a rischio standard”, mentre il tasso scende al 30-60% per quelli considerati “ad alto rischio”. Il tumore, spiegano gli esperti, si forma nel cervelletto, zona del sistema nervoso presente nella base del cervello e adibita al controllo dell’equilibrio e della coordinazione dei movimenti. In base a ciò che prevedono le terapie contro il medulloblastoma, la prassi si basa sull’asportazione chirurgica del tumore, a cui seguono radioterapia e chemioterapia. Tra i principali problemi nelle cure, però, c’è la presenza di “cellule staminali cancerose che sono resistenti alla radio e alla chemioterapia e che hanno la capacità di infiltrarsi e diffondersi nel midollo spinale dei piccoli pazienti”. Da qui il lavoro di ricerca in questione, che potrà consentire di esplorare una nuova strada terapeutica per questo tumore pediatrico, nello specifico per la forma a più alto rischio di decesso (Gruppo 3), riscontrata in più del 40% dei casi entro 5 anni dalla diagnosi.
I risultati dello studio
Come detto, il lavoro degli studiosi ha permesso di identificare un nuovo meccanismo molecolare, “la cui alterazione è responsabile dell’aggressività del medulloblastoma”, dicono gli esperti. In particolare, è emerso come nella forma più aggressiva del tumore, si verifichi una super produzione della proteina AMBRA1 che, di conseguenza, contribuisce ad un funzionamento anomalo di tutti i processi da essa regolati. Quindi, proprio a causa della quantità eccessiva di AMBRA 1, “il meccanismo utilizzato dalle cellule per liberarsi delle componenti danneggiate si potenzia e le cellule tumorali sfruttano questa circostanza per sopravvivere e proliferare”. Grazie ai test effettuati in laboratorio, gli scienziati sono riusciti anche a sottolineare come la combinazione di due farmaci particolari permetta di bloccare non solo la crescita del tumore, ma anche la sua capacità di produrre metastasi. Come riferito da Francesco Cecconi, ricercatore del Bambino Gesù e professore ordinario presso l’Università di Tor Vergata, “per i pazienti con medulloblastoma di Gruppo 3, che hanno una prognosi spesso infausta, c'è un urgente bisogno di integrare nuove possibilità di trattamento e, ovviamente se confermati nell’applicazione clinica, i nostri risultati potrebbero portare ad una terapia personalizzata di questa forma aggressiva di tumore cerebrale”.