Il nostro Paese, a causa dei rallentamenti comunicati da Pfizer, riceverà il 29% in meno delle dosi, rispetto “alla pianificazione che aveva condiviso con gli uffici del Commissario e, suo tramite, con le Regioni italiane”. Sei Regioni, tra cui Abruzzo e Umbria, non avranno ripercussioni. Altre, come il Friuli-Venezia Giulia, vedranno le dosi dimezzate, mentre in Lombardia ed Emilia-Romagna arriveranno 25 mila dosi in meno
A partire da oggi e come annunciato nei giorni scorsi da Pfizer, le consegne ai Paesi dell'Ue delle dosi di vaccino anti-Covid, prodotto e sviluppato in collaborazione con BioNTech, subiranno dei rallentamenti, a causa di “alcune modifiche ai processi di produzione” riguardanti lo stabilimento di Puurs, in Belgio. I ritardi riguardano anche il nostro Paese. "Alle 15,38 di oggi la Pfizer ha comunicato unilateralmente che a partire da lunedì consegnerà al nostro Paese circa il 29% di fiale di vaccino in meno rispetto alla pianificazione che aveva condiviso con gli uffici del Commissario e, suo tramite, con le Regioni italiane”, aveva fatto sapere venerdì 15 gennaio la struttura Commissariale italiana per l'emergenza Covid, diretta da Domenico Arcuri. Ma cosa comporta per il nostro Paese questa situazione che, sempre secondo Pfizer, dovrebbe tornare alla normalità lunedì 25? La conseguenza sarà che alcune Regioni, tra cui ad esempio Abruzzo e Umbria, non subiranno perdite. Ma altre saranno in difficoltà, come il Friuli-Venezia Giulia dove le dosi di vaccino saranno dimezzate, oppure Lombardia ed Emilia-Romagna, dove ne arriveranno 25 mila in meno.
I dati che riguardano l’Italia
All'Italia, infatti, arrivano 397.800 dosi (calcolandone 6 per ogni fiala, anziché 5), 164.970 in meno di quelle pattuite (-29%). Lo conferma anche un articolo del “Corriere della Sera”, che riporta i dati, Regione per Regione, e che racconta con i numeri quali saranno le carenze in quanto a dosi di vaccino. Come detto, sei di queste non avranno ripercussioni: Abruzzo, Basilicata, Marche, Molise, Umbria e Valle d'Aosta. La situazione, invece, preoccupa maggiormente i governatori delle Regioni con i tagli più significativi. "E’ inaccettabile" il -53,8% del Friuli Venezia Giulia, secondo il suo presidente, Massimiliano Fedriga: "Penso serva un riequilibrio, che il taglio venga spartito in modo equanime nel Paese", ha detto. Dai dati, si evince come le Province di Trento e Bolzano ne avranno rispettivamente il 60% e il 57,1% in meno, il Veneto il 52,5%, la Sardegna la metà, la Puglia e la Calabria il 38,4% in meno, la Toscana il 36%, Lombardia il 26,8% e il Lazio il 25%.
La situazione attuale
In pratica, fino al prossimo rifornimento, l'Italia avrà a disposizione circa 700mila dosi. Le fiale in arrivo oggi, salvo imprevisti, dovrebbero permettere comunque di non dover cambiare vaccino per il richiamo ricorrendo a Moderna, l'altro tipo di profilassi ora disponibile. Una soluzione "davvero sconsigliabile" per Arcuri, secondo cui "è bene" anche rispettare "l'intervallo di tre settimane fra prima e seconda dose”. Sul tema, comunque, si è espresso anche Armando Genazzani, membro dell’Ema, intervenendo a Sky TG24. “Se stiamo parlando di un ritardo qualche giorno, una o due settimane, non c'è nessun problema. Converrebbe mantenere fisso l'intervallo, anche per un motivo organizzativo, ma se dovesse succedere che qualcuno deve ritardare, non avrà nessun problema, questo lo sappiamo dai dati”. Dalle Regioni italiane, però, sono arrivati segnali di timore. “Siamo un po' preoccupati. Questo rallentamento non aiuta perché eravamo pronti a fare il salto di qualità con 10mila vaccinazioni al giorno. Con queste dosi potremo farne la metà", ha detto l'assessore regionale alla Sanità del Lazio, Alessio D'Amato.