Coronavirus, Galli: “La chiusura di bar e ristoranti alle 23 sarebbe un segnale forte”

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L’infettivologo Massimo Galli lo sostiene in un'intervista al Corriere della Sera, dove ribadisce che ancora “non possiamo parlare di una seconda ondata”. E sulla movida: “I giovani siano protagonisti di una cultura della responsabilità”

L’infettivologo Massimo Galli, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano e professore all’Università statale, ha fatto il punto in un'intervista al Corriere della Sera riguardo il contagio da coronavirus in Italia e le misure che dovrebbero essere inserite all'interno del prossimo decreto del presidente del Consiglio (Dpcm). Se le mascherine torneranno obbligatorie all'aperto, nella sua ultima comunicazione il ministro della Salute Speranza non ha citato alcun "coprifuoco" che preveda orari ridotti per bar e ristoranti. Galli, invece, sarebbe stato d'accordo: “La chiusura alle 23 un segnale forte e utile” dice l’infettivologo.

Galli sulla chiusura anticipata di bar e ristoranti

Parlando proprio di una possibile chiusura di questi esercizi alle 23, il direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano spiega che “sarebbe un segnale forte (e utile) nella direzione di un controllo della movida”. “Non dimentichiamo che Paesi più tolleranti, come Francia, Spagna e Regno Unito, stanno pagando ora le conseguenze di comportamenti un po’ disinvolti” avverte Galli sulle colonne del Corriere della Sera. Per quanto concerne la regola della mascherina all'aperto, la giudica “ragionevole” a patto che venga utilizzato il buon senso. Un esempio? “Va sicuramente indossata in presenza di altre persone ma non serve, per dire, se passeggio con mia moglie al parco lontano da tutti” fa notare l'esperto.

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Regolare la movida

La discussione riguardo la chiusura anticipata di bar e ristoranti è inserita anche all'interno del dibattito sul controllo della movida, “un bel tema” pure secondo Massimo Galli. “L’estate è stata troppo vivace in tutta Europa e il contagio si è rianimato: i giovani contagiati hanno trasmesso il virus ai meno giovani” commenta al quotidiano di via Solferino. Adesso, però, i “giovani devono essere protagonisti di una cultura della responsabilità per uscire da questa palude”. Per il momento Galli preferisce evitare di chiamare “seconda ondata” il recente innalzamento dei numeri del contagio da coronavirus in Italia, dato che la situazione è ancora sotto controllo e gli ospedali non stanno subendo la pressione del marzo scorso.

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