Oms: “Il virus è ancora letale, record di casi giornalieri”

Salute e Benessere

Lo ha riferito il direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, nel consueto briefing sull’evoluzione del coronavirus nel mondo

"La pandemia di coronavirus sta accelerando, ieri sono stati riportati 150.000 nuovi casi, il numero più alto in un giorno finora. Il mondo è in una nuova e pericolosa fase”. Sono queste le parole del direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, nel consueto briefing sull’evoluzione del coronavirus nel mondo. “Molte persone sono comprensibilmente stufe di stare in casa. I Paesi sono, allo stesso modo, comprensibilmente ansiosi di far ripartire le loro economie.  Ma il virus si sta ancora diffondendo, è ancora mortale e la maggior parte delle persone sono suscettibili", ha poi aggiunto.

La provenienza dei nuovi casi

Dei nuovi casi di cui ha fatto riferimento Ghebreyesus, come si può leggere in uno dei tweet che vengono puntualmente inseriti sul profilo ufficiale di Twitter dell’Organizzazione, “quasi la metà sono stati segnalati dalle Americhe, con un gran numero proveniente anche dall'Asia meridionale e dal Medio Oriente”. La situazione sanitaria quindi, specie in quelle aree del mondo, non è da sottovalutare, per questo il numero uno dell’Oms ha voluto lanciare un appello. "Siamo più vulnerabili quando siamo divisi, ma con la solidarietà e la cooperazione, supereremo la pandemia di Covid-19 e saremo preparati sempre meglio ai momenti di difficoltà che ci aspettano”, ha aggiunto.

L’allarme legato ai rifugiati

Un altro aspetto toccato nel corso del briefing ha riguardato l’aspetto dei contagi in relazione ai rifugiati. "L'Oms è profondamente preoccupata per il pericolo, reale ed attuale, che il Covid-19 si possa diffondere in modo vasto nei campi per rifugiati", ha spiegato ancora Ghebreyesus, nel corso dell’incontro che ha visto tra gli ospiti anche l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi. "I rifugiati sono particolarmente a rischio perchè spesso hanno accesso limitato ad acqua, servizi sanitari, cibo", ha sottolineato l’esperto. "Abbiamo il dovere comune di fare tutto il possibile per prevenire, rilevare e rispondere alla trasmissione di Covid-19 tra le popolazioni di rifugiati" ha quindi concluso, soprattutto perché spesso e volentieri hanno a che fare con situazioni in cui “la sanità pubblica è debole".

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