A confermarlo, in un’intervista rilasciata all’Ansa, è Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità. La validazione dei test sierologici, che dovranno avere valenza nazionale, “avverrà sulla base di quattro criteri”
Risposte in tempi brevi ed in pochi giorni per avere l’ok alla validazione dei test sierologici da poter usare così su larga scala su campioni della popolazione. A dirlo, in un’intervista all'Ansa, è il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli. La validazione di questi test, effettuati attraverso un piccolo prelievo di sangue al dito utile per rilevare la presenza di anticorpi e stabilire se un individuo ha avuto l’infezione da coronavirus, “avverrà sulla base di 4 criteri e dovranno essere test con una valenza nazionale, in modo che non vi sia il rischio di difformità tra le varie Regioni", ha spiegato.
Le prime sperimentazioni in Italia
Sulla questione gli esperti stanno lavorando in attesa, appunto, che i tecnici del Comitato Scientifico ne valutino la validità già da qualche giorno. Intanto dal Piemonte alla Puglia, passando dal Veneto, sono state diverse le regioni che hanno iniziato la sperimentazione se pur in forme diverse, iniziando i test dal personale sanitario e dalle persone ricoverate nelle case di riposo. In altre regioni, come la Sicilia, il processo potrebbe iniziare a breve, mentre la Lombardia resta scettica e aspetta le evidenze scientifiche. "Stiamo lavorando alacremente e una risposta sulle validazioni ci sarà in tempi brevi, nell'arco di qualche giorno" ha confermato Locatelli.
Quattro criteri per la validazione
Saranno 4, come detto, i criteri presi in considerazione: "Innanzitutto si dovrà trattare di un test, o di più test, che dovranno avere una elevata sensibilità e specificità, per evitare che possano esserci dei risultati falsi positivi o falsi negativi. Il secondo criterio è che dovranno essere test realizzabili in tempi brevi, con un arco di tempo ridotto dal momento del prelievo al momento in cui si potrà disporre del risultato", ha spiegato il presidente del Css. Il terzo criterio, invece, riguarderà il fatto che questi test dovranno essere applicabili su larga scala sul territorio nazionale e non ristretti alle capacità di pochi laboratori, come specificato dall’esperto. In ultima istanza dovranno essere "di facile applicazione ed esecuzione da parte del personale sanitario". C’è poi ancora un ulteriore elemento molto importante, ha specificato Locatelli, cioè che i test sierologici che saranno validati "dovranno essere test con valenza nazionale, proprio per evitare che possano crearsi delle disparità o differenze interpretative tra le Regioni". Per definire, invece, i campioni di popolazione sui quali andranno effettuati i test sierologici con priorità, ha detto ancora Locatelli, "stiamo tenendo conto di vari criteri, tra i quali le fasce d'età, le aree territoriali anche sulla base della valenza epidemica, la differenza di genere uomo-donna, i profili lavorativi anche in relazione alle attività di maggiore valenza strategica".
Il funzionamento
Per quanto riguarda i test sierologici, il funzionamento prevede, come detto, il prelievo di alcune gocce di sangue da un dito le quali vengono poi applicate in un pozzetto con un reagente. In pochi minuti il test dovrebbe quindi mostrare il risultato in base al colore che assume. E se positivo si potrà eventualmente procedere al tampone. I test, in sostanza, dovranno rilevare quali soggetti hanno sviluppato anticorpi al nuovo coronavirus SarsCov2 e sono pertanto immuni, soprattutto in vista della cosiddetta "fase 2" che prevede una graduale riapertura del Paese partendo dai settori maggiormente strategici. Obiettivo è anche quello di arrivare al "passaporto di immunità" che potrebbe servire anche come criterio per il rientro alla vita lavorativa.