Caso Cucchi, al via la requisitoria. Il pm: "Morte causata da caduta per pestaggio"

Lazio
Foto di archivio

Nel suo discorso il magistrato ha ricordato le parole pronunciate dal detenuto Luigi Lainà che la notte tra il 16 e il 17 ottobre del 2009 incontrò Cucchi nel centro clinico di Regina Coeli: "Si sono divertiti a picchiarlo"

Nell'aula bunker di Rebibbia è iniziata la requisitoria del pm Giovanni Musarò nel processo bis sulla morte di Stefano Cucchi, avvenuta il 22 ottobre del 2009 all'ospedale Pertini di Roma (LA STORIA). Nel processo sono cinque i carabinieri imputati: Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro e Francesco Tedesco, tutti accusati di omicidio preterintenzionale e abuso di autorità, Roberto Mandolini di calunnia e falso, e Vincenzo Nicolardi di calunnia. Durante la requisitoria il pm ha affermato che "la caduta dopo il pestaggio è costata la vita a Stefano Cucchi".

Ilaria: "Sono commossa, lo Sato è con noi"

"Oggi comunque vada, mentre sto ascoltando il pm Musarò sto facendo pace con quest'aula - ha scritto su Facebook Ilaria Cucchi, sorella di Setfano -. Sono commossa. È presente anche il Procuratore di Roma facente funzioni, Prestipino. Il mio pensiero va al Procuratore Pignatone. Lo Stato è con noi". "Mi piacerebbe tanto che Stefano potesse aver sentito le parole del pm Musarò - ha detto poi la donna al termine dell'udienza -. Penso che oggi sarebbe felice. Oggi abbiamo fatto un grande passo avanti". 

La requisitoria

"È già stato celebrato un processo nell'ambito del quale sono state pronunciate sentenze definitive - ha affermato Musarò nella sua requisitoria - che hanno poi visto imputati diversi, come gli agenti della polizia penitenziaria, poi i medici e i paramedici. È stato un processo kafkiano per l'individuazione dei responsabili del pestaggio: non è nella fisiologia di un processo che gli imputati siedano sul banco dei testimoni ed i testimoni al posto degli imputati". "Non possiamo fare finta - ha aggiunto - che non sia successo niente, di non sapere e di non capire che quel processo kafkiano è stato frutto di un depistaggio", ha aggiunto.

"Cucchi indicato come senza fissa dimora: gli costò la vita"

"Nel verbale di arresto, Mandolini inserì per Cucchi la dicitura 'senza fissa dimora' - ha spiegato il pm -. Ma questo lo dice Mandolini. Per questo il giudice applica la misura in carcere. E se a Cucchi fossero stati dati i domiciliari, questo processo non lo avremmo mai fatto. Questo giochetto del 'senza fissa dimora' è costato la vita a Cucchi". Musarò ha anche ricordato che "invece sono state fatte perquisizioni domiciliari per Cucchi, si è parlato di ricerca della droga nella sua dimora. E si è detto che Cucchi conviveva con la madre". Durante la requisitoria, Musarò ha in precedenza anche definito il verbale di arresto di Stefano come "il primo atto scientifico di depistaggio". Il pm ha anche ricostruito le varie fasi dell'arresto e del fotosegnalamento, spiegando anche che nei giorni seguenti "era evidente che Cucchi fosse stato picchiato".

"Un testimone disse: 'Si sono divertiti a picchiarlo'"

Il pm ha anche ricordato le parole pronunciate dal detenuto Luigi Lainà, che la notte tra il 16 e il 17 ottobre del 2009 incontrò Cucchi nel centro clinico di Regina Coeli: "Si sono divertiti a picchiarlo". Nel corso del processo riferì che Cucchi gli aveva detto di "essere stato picchiato da due carabinieri", ma aggiunse che disse di riferire che le ferite erano "causa di una caduta".

"Cucchi lasciò una sorta di testamento a Lainà"

Musarò ha parlato di una sorta di 'testamento' lasciato da Cucchi a Lainà, "dicendogli che a picchiarlo sono stati due carabinieri in borghese della prima stazione da cui è passato. Sa di essere passato tra le mani di quasi 20 carabinieri e dà a lui un'indicazione precisa: a pestarlo sono stati due carabinieri della prima stazione dalla quale era passato. Stefano Cucchi ha parlato con la voce di Lainà", ha affermato il pm. "Lui dice di sapere cosa era successo a Stefano Cucchi. Dice che la sera in cui lo vide, la prima cosa che gli saltò agli occhi fu il suo aspetto fisico ("era tutto acciaccato di brutto") e gli chiese 'chi ti ha ridotto così?', ma lui non rispose". La mattina dopo, ha aggiunto il pm, "Lainà vide Cucchi seduto in maniera non corretta, stava in condizioni pietose, non riusciva a mangiare, a bere, a parlare. Era rimasto impressionato dai segni che aveva sulla schiena perchè gli aveva fatto alzare la maglietta. E per come stava non riusciva a parlare bene".

"Lesioni più gravi causate dalla caduta dopo il pestaggio"

"Le lesioni più gravi sono state prodotte dalla caduta di Cucchi, dopo un violentissimo pestaggio. Quella caduta - ha spiegato Musarò - è costata la vita a Stefano Cucchi, che si è fratturato due vertebre. Lui stesso, a chi gli chiese cosa fosse successo, disse: 'Sono caduto'". E ancora: "Non fu uno schiaffo, ma un pestaggio degno di teppisti da stadio contro una persona fragile e sottopeso. Di questo stiamo parlando, non di altro", ha aggiunto il pm.
"Ci furono due battibecchi con D'Alessandro. Dopo un calcio e uno spintone Cucchi cade e sbatte a terra il sedere e la nuca, prende un calcio violentissimo in faccia o alla nuca che gli provoca una frattura alla base del cranio", ha sottolineato Musarò descrivendo il presunto pestaggio.

Il ruolo di Francesco Tedesco

"In questo processo l'unico che ci ha messo la faccia è Francesco Tedesco e lo ha fatto nei confronti di tutti. Nessuno ha chiesto di fare dichiarazioni spontanee, nessuno ha chiesto un confronto con lui", sottolineato il pm riferendosi al carabiniere imputato che ha ammesso il pestaggio commesso dai due colleghi e al quale aveva assistito. "Quello che ha fatto Tedesco è grave: false dichiarazioni al pm, falso verbale e altro. Ma lui spiega il perché, dice che si è trovato di fronte un muro - ha proseguito il pm -. E' vero, ci si poteva opporre ma era difficile farlo, non possiamo nasconderci dietro a un dito. La dichiarazione è importante perché rappresenta la caduta del muro, ma le prove di quanto accaduto sono già tutte nel fascicolo". Per Musarò, "la versione di Tedesco, oltre a essere logica, dà anche riscontri, concorda con la versione di Lainà. Cucchi dice a Lainà: 'Quello in divisa è stato la mia salvezza'", ha concluso il magistrato.

Il caso Cucchi

La vicenda di Stefano Cucchi inizia nella serata del 15 ottobre 2009, quando viene arrestato perché trovato in possesso di droga. Stefano è un geometra 31enne di Roma e viene fermato dai carabinieri nel parco degli Acquedotti: viene trovato in possesso di 20 grammi di hashish, di cocaina e di alcune pastiglie per l'epilessia di cui soffriva. Viene portato in caserma e viene disposta per lui la custodia cautelare in carcere. Il giorno dopo il fermo, viene convalidato l’arresto e il 31enne viene processato per direttissima. Il giudice dispone che Cucchi rimanga in custodia cautelare nel carcere di Regina Coeli, in attesa di un’udienza che si sarebbe dovuta tenere il mese successivo, a novembre 2009.
Già alla fine dell’udienza per la convalida dell’arresto le condizioni di salute di Cucchi sono abbastanza preoccupanti e per questo viene fatto visitare dal medico del tribunale. Dopo l’ingresso in carcere viene visitato nell’infermeria di Regina Coeli che dispone un immediato trasferimento al pronto soccorso del Fatebenefratelli per degli accertamenti. Cucchi rifiuta però il ricovero e torna in carcere. Il giorno dopo, le sue condizioni di salute sono sempre più preoccupanti e viene sottoposto ad altre visite, fino al ricovero nel reparto detentivo dell’ospedale Sandro Pertini, dove Stefano muore il 22 ottobre. Al momento del decesso pesa 37 chili. In sei giorni la famiglia non riesce mai a vederlo.

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