Colpo di scena all'udienza del nuovo processo davanti alla Corte d'Assise: un militare ha chiamato in causa altri due imputati e ha aggiunto: "Anche il comandante sapeva". La sorella Ilaria: "Muro abbattuto". Salvini: "Parenti benvenuti al Viminale"
Svolta al nuovo processo per la morte di Stefano Cucchi. Uno dei carabinieri imputati tira in ballo altri due colleghi, anche loro a giudizio alla Corte d'Assise di Roma, e li accusa di pestaggio. Nel dibattimento in corso sono cinque i carabinieri imputati: Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro e Francesco Tedesco, tutti accusati di omicidio preterintenzionale e abuso di autorità, Roberto Mandolini di calunnia e falso, e Vincenzo Nicolardi di calunnia. A inizio udienza, il pm Giovanni Musarò ha reso nota un'attività integrativa di indagine dopo che uno dei carabinieri imputati, Francesco Tedesco, in una denuncia ha ricostruito i fatti di quella notte e ha "chiamato in causa” altri due militari a giudizio per il pestaggio.
Il pm: una nota di servizio è stata sottratta
Ecco la ricostruzione in aula del pm: "Il 20 giugno 2018, Tedesco ha presentato una denuncia contro ignoti in cui dice che quando ha saputo della morte di Cucchi ha redatto una notazione di servizio". Sulla base di questo atto, il rappresentante dell'accusa ha detto che è stato iscritto un procedimento contro ignoti nell'ambito del quale lo stesso Tedesco ha reso tre dichiarazioni. "In sintesi - ha aggiunto il pm - ha ricostruito i fatti di quella notte e chiamato in causa gli altri imputati: Mandolini (comandante, ndr), da lui informato; D'Alessandro e Di Bernardo, quali autori del pestaggio; Nicolardi quando si è recato in Corte d'Assise, già sapeva tutto". I successivi riscontri della procura hanno portato a verificare che "è stata redatta una notazione di servizio - ha detto il pm - che è stata sottratta e il comandante di stazione dell'epoca non ha saputo spiegare la mancanza".
Francesco Tedesco: "Il pestaggio fu un'azione combinata"
Nel verbale di interrogatorio di Francesco Tedesco del 9 luglio 2018 si legge che il carabiniere disse ai colleghi Di Bernardo e D'Alessandro “basta, che c... fate, non vi permettete”, mentre uno "colpiva Cucchi con uno schiaffo violento in volto" e l'altro "gli dava un forte calcio con la punta del piede". Il racconto del carabiniere, che nel verbale descrive le fasi del pestaggio di Cucchi, continua: "Fu un'azione combinata, Cucchi prima iniziò a perdere l'equilibrio per il calcio di D'Alessandro poi ci fu la violenta spinta di Di Bernardo che gli fece perdere l'equilibrio provocandone una violenta caduta sul bacino. Anche la successiva botta alla testa fu violenta, ricordo di avere sentito il rumore". "Spinsi Di Bernardo -aggiunge Tedesco - ma D'Alessandro colpì con un calcio in faccia Cucchi mentre questi era sdraiato a terra".
Ilaria Cucchi: muro abbattuto
Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, che sin dal primo momento, insieme ai familiari si è battuta per far luce sul caso ha scritto su Facebook: "Processo Cucchi. Udienza odierna ore 11.21. Il muro è stato abbattuto. Ora sappiamo e saranno in tanti a dover chiedere scusa a Stefano e alla famiglia Cucchi".
Salvini: "Sorella e parenti sono i benvenuti al Viminale"
Dopo le novità di oggi, il ministro dell'Interno Matteo Salvini scrive su Twitter: “Sorella e parenti sono i benvenuti al Viminale". "Eventuali reati o errori di pochissimi uomini in divisa devono essere puniti con la massima severità, ma questo non può mettere in discussione la professionalità e l'eroismo quotidiano di centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi delle forze dell'ordine", continua il vicepremier. Tra Matteo Salvini e Ilaria Cucchi i trascorsi sono pesanti: nel 2016 il leader della Lega pare avesse affermato: "La sorella di Cucchi mi fa schifo, si deve vergognare", dopo che Ilaria Cucchi aveva pubblicato su Facebook una foto di uno dei carabinieri indagati scrivendo "Ecco chi ha ucciso mio fratello". L'ufficio stampa di Salvini, però, oggi ha precisato: “Il ministro non ha mai affermato 'Ilaria Cucchi mi fa schifo'. Nel corso di un'intervista radiofonica aveva criticato il post”.
Legale carabiniere: mio assistito aveva denunciato tutto
"Oggi c'è stato uno snodo significativo per il processo, ma anche un riscatto per il mio assistito e per l'intera Arma dei carabinieri". Così l'avvocato Eugenio Pini, legale di Tedesco. "Gli atti dibattimentali e le ulteriori indagini - ha aggiunto Pini - individuano nel mio assistito il carabiniere che si è lanciato contro i colleghi per allontanarli da Stefano Cucchi, che lo ha soccorso e che lo ha poi difeso. Ma soprattutto è il carabiniere che ha denunciato la condotta al suo superiore ed anche alla Procura, scrivendo una annotazione di servizio che però non è mai giunta in Procura, e poi costretto al silenzio contro la sua volontà".
La ministra Trenta: "Chi ha commesso il reato, pagherà"
Anche la ministra della Difesa Elisabetta Trenta, con un post su Facebook, è intervenuta dopo i nuovi risvolti giudiziari: "Quanto accaduto a Stefano Cucchi era inaccettabile allora e lo ancor di più oggi, che sono emersi nuovi elementi scioccanti. Mi auguro che la giustizia faccia al più presto il suo corso e definisca le singole responsabilità. Chi si è macchiato di questo reato pagherà, ve lo assicuro. Lo voglio io, lo vuole questo governo e lo vuole tutta l’Arma dei Carabinieri che merita rispetto. Ho la massima fiducia verso il Comando Generale e sono vicina alla famiglia di Stefano, ai suoi amici e ai suoi cari. Abbraccio tutti con grande affetto in questo delicatissimo momento".
La vicenda
Cucchi viene arrestato il 15 ottobre 2009 dai carabinieri nel parco degli Acquedotti perché trovato con 20 grammi di hashish, di cocaina e di alcune pastiglie per l'epilessia di cui soffriva. Viene portato in caserma e viene disposta per lui la custodia cautelare in carcere. Sette giorni dopo muore all’ospedale Pertini. Il giorno dopo il fermo, viene convalidato l’arresto e il 31enne viene processato per direttissima. Il giudice dispone che Cucchi rimanga in carcere a Regina Coeli, in attesa di un’udienza che si sarebbe dovuta tenere il mese successivo, a novembre 2009. Le condizioni di salute di Cucchi però sono preoccupanti, il 31enne viene fatto visitare dal medico del tribunale. Dopo l’ingresso in carcere viene visitato nell’infermeria di Regina Coeli che dispone un immediato trasferimento al pronto soccorso del Fatebenefratelli per degli accertamenti. Cucchi rifiuta il ricovero e torna in carcere. Il giorno dopo, le sue condizioni di salute sono sempre più preoccupanti e viene sottoposto ad altre visite, fino al ricovero nel reparto detentivo dell’ospedale Sandro Pertini, dove Stefano muore il 22 ottobre. Al momento del decesso pesava 37 chili. In sei giorni la famiglia non riesce mai a vederlo.
L'iter giudiziario
La vicenda Cucchi ha avuto da allora un complicato iter giudiziario. Inizialmente sono stati rinviati a giudizio sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria. Ma la prima inchiesta e il primo processo si sono conclusi in Cassazione nel 2017 con l'assoluzione dei medici annullata dalla Corte Suprema. Adesso per i sanitari del Pertini, è ancora in corso di svolgimento (prossima udienza il 29 ottobre) il terzo processo d'appello. Gli agenti sono stati invece assolti in Cassazione.
L'attuale inchiesta
Alla fine del 2015, viene avviata invece la seconda inchiesta, quella per la quale attualmente i cinque carabinieri sono a giudizio. Nel gennaio 2017 la procura di Roma conclude le indagini e chiede il rinvio a giudizio nei confronti dei tre carabinieri che hanno arrestato Cucchi, per omicidio preterintenzionale, e di altri due militari, per calunnia e falso. Il falso si riferisce al verbale di arresto in cui "si attestava falsamente", secondo la Procura, che Cucchi era stato identificato attraverso le impronte digitali e il fotosegnalamento: circostanza non ritenuta vera ma che avrebbe rappresentato la ragione del pestaggio di Cucchi, ritenuto "non collaborativo all'operazione". Secondo le accuse, i tre carabinieri hanno colpito Cucchi “con schiaffi, pugni e calci, provocando una rovinosa caduta, che unitamente alla condotta omissiva dei medici che avevano in cura Cucchi presso la struttura protetta dell'ospedale Pertini, ne determinavano la morte”. Il 10 luglio 2017 i gup accolgono la richiesta della Procura e rinviano a giudizio i militari. Durante il dibattimento, già un altro carabiniere, l’appuntato scelto Riccardo Casamassima, non imputato, confermando le dichiarazioni rese ai pm nel corso delle indagini, aveva accusato in aula i colleghi.