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Riforma della Giustizia e separazione carriere, via libera definitivo del Senato

Politica
©Ansa

Introduzione

La riforma che introduce la separazione delle carriere della magistratura è stata approvata definitivamente a Palazzo Madama, tra le proteste delle opposizioni. Il disegno di legge costituzionale ha avuto 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astensioni. Quello di oggi, 30 ottobre 2025, era il quarto e ultimo passaggio parlamentare, come previsto dalla Costituzione. Tuttavia alla Camera non c’è stata la maggioranza dei due terzi che avrebbe precluso lo svolgersi del referendum costituzionale per il via libera definitivo: la consultazione popolare confermativa, dunque, con ogni probabilità si terrà (forse nella primavera del 2026) e la maggioranza ha già avviato le procedure per richiederlo.

 

Il ministro Nordio: "Ringrazio il Parlamento. La maggioranza è stata ottima. Sono trent'anni che scrivo sulla separazione delle carriere. Mi auguro ora che sul referendum ci siano termini pacati, che non sia politicizzato". Poi, a Sky TG24, ha detto di essere "assolutamente pronto a un confronto in diretta con i magistrati dell'Anm in tv. Sono ben lieto di confrontarmi con chiunque nell'ambito di un incontro 'uno ad uno'". Sky TG24 ha poi invitato ufficialmente il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) Cesare Parodi a un confronto televisivo nei suoi studi.

 

Ma quali sono i contenuti della riforma voluta dal governo Meloni e dal ministro della Giustizia?

Quello che devi sapere

Meloni sull'approvazione della riforma: "Traguardo storico"

Dopo che la riforma che introduce la separazione delle carriere della magistratura è stata approvata definitivamente dall'aula del Senato, è arrivato anche il commento della premier Meloni: "Un traguardo storico e un impegno concreto mantenuto a favore degli italiani. Governo e Parlamento hanno fatto la loro parte, lavorando con serietà e visione. Ora la parola passerà ai cittadini, che saranno chiamati ad esprimersi attraverso il referendum confermativo”.

 

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Soddisfatti i vicepremier Tajani e Salvini

Soddisfatti anche i due vicepremier. "Una giornata storica per l'Italia. Una dedica a Silvio Berlusconi e a tutte le vittime di errori giudiziari", ha scritto su X il ministro degli Esteri e segretario di Fi Antonio Tajani. “Finalmente è arrivato a conclusione il percorso legislativo per la riforma della giustizia. Una giustizia al servizio del cittadino, non contro i magistrati”, ha aggiunto Tajani in un video che accompagna il post. "È una giornata storica perché si realizza il sogno di Silvio Berlusconi di una giustizia giusta. Adesso aspettiamo il referendum e saremo impegnati per sostenere il sì", ha ribadito.


Su X, anche il segretario della Lega Matteo Salvini ha commentato: "Fuori la politica e le correnti dai tribunali, separazione delle carriere e una giustizia finalmente più veloce ed efficiente. Promessa mantenuta! Ora prepariamoci a vincere il referendum confermativo".


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Il botta e risposta Meloni-Anm

"Non sono d'accordo con l'Anm, ma a memoria non ricordo una volta in cui l'Anm sia stata favorevole a qualsiasi riforma della giustizia. La loro idea è che tutto va benissimo, ma non è l'idea che abbiamo noi della giustizia e credo nemmeno i cittadini", ha detto la premier Meloni al Tg1. "Penso che la riforma della giustizia rappresenti un'occasione storica di avere una giustizia più efficiente e più giusta, sono norme di buon senso: separazione delle carriere, che significa rafforzare la terzietà del giudice, quindi un processo più giusto; Alta corte disciplinare, che significa che quando un giudice domani dovesse sbagliare, se ne assumerà anche finalmente la responsabilità; sorteggio dei componenti del Csm, che vuol dire liberare la magistratura dalle correnti politicizzate e quindi valorizzare il merito", ha sottolineato la presidente del Consiglio. All'Ansa, il segretario generale dell'Anm Rocco Maruotti ha replicato a Meloni: "Questa riforma non ha nulla a che fare con l'efficienza della giustizia ed è fuorviante fare credere ai cittadini che serva a rendere i processi più veloci e le sentenze più giuste. L'Anm ha avanzato numerose proposte per migliorare l'efficienza della giustizia ma sono rimaste inascoltate da un governo che ha preferito puntare tutto su una revisione degli equilibri costituzionali che serve solo a controllare la magistratura e a renderla dipendente dal potere esecutivo".

 

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Schlein: “Serve a Meloni per avere le mani libere”

Di tono opposto le dichiarazioni delle opposizioni. "Meloni ha chiarito l'obiettivo di questa riforma: serve a lei e al suo governo per avere le mani libere e a non aver controlli", ha detto la segreteria del Pd Elly Schlein dopo l'approvazione della separazione delle carriere. "Questa non è una riforma della giustizia – ha aggiunto –, non tocca uno solo dei nodi cruciali della giustizia, come ha ammesso lo stesso Nordio. Non fa nulla sulla lunghezza dei processi, non fa nulla sulla carenza di personale, non fa nulla sul ricorso a misure alternative e nulla sul sovraffollamento delle carceri. Ci sono alcuni giudici di pace che stanno fissando le udienze al 2032. I cittadini che si attendono risposte su una giustizia che dia risposte in tempi dignitosi rimarranno delusi". "Non è neanche la separazione delle carriere - ha proseguito la segretaria Dem - perché c'è già", introdotta con la riforma Cartabia. "Ogni anno ci sono 20 magistrati su 9mila che fanno il passaggio da una funzione all'altra. Cambiamo la Costituzione per questi 20? L'obiettivo è un altro: indebolire l'indipendenza della magistratura e far si che la magistratura sia assoggettata al potere del governo".

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Conte: “Disegno di scardinamento della Costituzione”

È intervenuto anche il leader del M5s Giuseppe Conte. Non c'è solo la separazione delle carriere, "stanno riformando anche la Corte dei Conti", ha detto. C'è "un disegno di scardinamento della Costituzione" per "tagliare le unghie" alla magistratura e “depotenziarla", ha aggiunto. E ancora: "Vogliono pieni poteri e noi li contrasteremo in ogni modo". Riferendosi al referendum sulla giustizia, Conte ha aggiunto: "Non è uno scontro tra destra e sinistra ma tra chi vuole difendere i pilastri della Costituzione e chi vuole il governo sopra la legge".

I voti al Senato e le proteste

In base ai tabulati del Senato, il 30 ottobre 2025 in Aula hanno votato a favore della riforma sulla separazione delle carriere della magistratura i gruppi di maggioranza (Fratelli d'Italia, Forza Italia, Lega e il gruppo di Civici d'Italia-Udc) più Carlo Calenda, leader di Azione, e due senatori del gruppo delle Autonomie (Meihhard Durnwalder, Luigi Spagnolli). Contrarie tutte le forze del cosiddetto campo largo (Pd, M5s e Avs), mentre si sono astenuti 7 senatori di Italia viva (compreso Matteo Renzi, che aveva annunciato l'astensione in Aula), Marco Lombardo di Azione e Pietro Patton delle Autonomie.
 

I senatori del Pd, del M5s e di Avs hanno protestato contro l'approvazione della riforma della giustizia mostrando in Aula cartelli con la scritta "No ai pieni poteri". Nello schieramento opposto, dai banchi del centrodestra si sono sentiti applausi subito dopo il voto.

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Una sola magistratura, ma con due carriere

Ma quali sono le principali novità introdotte dalla riforma? Prima di tutto c'è la separazione delle carriere. Attualmente l'articolo 104 della Costituzione prevede che "la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere". A questa frase la riforma ne aggiunge un’altra, specificando che essa "è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente". Da qui, dunque, deriverebbe la separazione delle carriere.

 

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Due Consigli Superiori

Con la riforma costituzionale, all'attuale Consiglio superiore della magistratura (spesso abbreviato in Csm) ne subentrano due: uno "della magistratura giudicante", che sarà composta dai giudici, e uno "della magistratura requirente", dunque i pubblici ministeri. Entrambi gli organi "sono presieduti dal Presidente della Repubblica" e "ne fanno parte di diritto" rispettivamente "il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione".

 

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Componenti Csm estratti a sorte

I membri dei due Consigli non saranno elettivi: i Csm infatti saranno composti per un terzo da membri laici e per due terzi da togati. I primi saranno estratti a sorte da un elenco di giuristi predisposto dal Parlamento in seduta comune, mentre i secondi saranno sorteggiati tra tutti i magistrati, giudicanti e requirenti, che avranno i requisiti che stabilirà una legge ordinaria successiva. I componenti dei due Csm "durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva".

I poteri dei due Csm

I due Csm perderebbero i poteri disciplinari oggi affidati ad una Sezione speciale dell'attuale Consiglio Superiore della Magistratura. Essi avranno infatti competenze per quanto riguarda "le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati".

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La nuova Alta Corte Disciplinare

La giurisdizione disciplinare nei riguardi di tutti i magistrati dunque "è attribuita all'Alta Corte disciplinare". Essa sarà composta da 15 membri: 3 nominati dal Presidente della Repubblica; 3 estratti a sorte da un elenco di giuristi che il Parlamento in seduta comune "compila con elezione"; 6 estratti a sorte tra i magistrati giudicanti con 20 anni di attività e con esperienze in Cassazione; 3 sorteggiati tra i magistrati requirenti con vent'anni di attività e esperienza in Cassazione. I togati sono quindi la maggioranza, ma il presidente viene eletto tra i laici. Durano in carica 4 anni, e l'incarico non è rinnovabile.

Le sentenze non impugnabili

Infine, tra le novità previste dalla riforma, le sentenze sono ricorribili solo davanti alla stessa Corte che giudicherà in secondo grado in una composizione diversa rispetto al primo. Le sentenze non sono impugnabili in Cassazione come prevede l'articolo 111 della Costituzione. Una legge ordinaria disciplinerà gli illeciti disciplinari, le sanzioni, la composizione dei collegi, il procedimento e il funzionamento dell'Alta Corte. 

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I tempi per le leggi attuative

L'ultimo articolo della riforma stabilisce che "entro un anno" dall'entrata in vigore (quindi dopo il referendum) devono essere varate le leggi attuative. Nel frattempo continuano ad osservarsi le leggi vigenti.

Le tempistiche per l'approvazione definitiva

Dopo il via libera di oggi, il referendum sulla separazione delle carriere potrà essere richiesto entro tre mesi dalla pubblicazione della norma. A disciplinare le modifiche della Costituzione è l'articolo 138 della Carta che prevede che se non viene raggiunto il quorum dei due terzi in entrambe le Camere in seconda lettura (come nel caso della separazione delle carriere) si aprono le porte alla consultazione popolare. A richiedere il referendum potrà essere un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. In questo tipo di referendum, a differenza di quelli abrogativi, non è previsto il quorum.

 

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Le opposizioni all’attacco

La consultazione popolare presumibilmente avverrà quindi nella primavera del 2026, ma le opposizioni già affilano le armi: "Chi ha scritto la Costituzione ha previsto" questo iter rafforzato "per ascoltare, riflettere e favorire il dialogo tra maggioranza e opposizione, mentre ci troviamo oggi a discutere da soli - aveva detto la segretaria del Pd Elly Schlein dopo la terza lettura alla Camera, puntando il dito, nell'emiciclo di Montecitorio, contro i banchi vuoti della maggioranza - Continueremo a batterci perché al referendum prevalgano i no alla vostra arroganza e ad una giustizia dei potenti". "Dovrete andare al referendum confermativo costituzionale e lì troverete noi nelle piazze, con la gente, nelle università, nei convegni, per spiegare le ragioni del no alla separazione delle carriere", le ha fatto eco dal M5s Alfonso Colucci. "Siamo convinti che saranno i cittadini a difendere la Costituzione, che voi non avete mai accettato fino in fondo", ha affermato anche la deputata di Avs Elisabetta Piccolotti.

 

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Lo scontro tra Marina Berlusconi e l’Anm

Sulla riforma della giustizia nei giorni precedenti alla quarta lettura in Senato si è consumato anche uno scontro tra Marina Berlusconi e l’Anm. La figlia dell’ex premier, a lungo in contrasto con la magistratura, ha definito la giustizia come "la grande e vera emergenza" sottolineando che la riforma "sarà comunque un passo avanti significativo verso una giustizia veramente giusta" anche se non servirà "a restituire a mio padre trent'anni di vita avvelenati e devastati dalle calunnie e dalle false accuse”. Parole che hanno scatenato l'immediata reazione dell'Associazione nazionale magistrati. Per il presidente del sindacato delle toghe, Cesare Parodi, chi "fa queste affermazioni ha avuto una risposta in termini di giustizia" e "allora perché lamentarsi di una giustizia che comunque arriva ad un risultato che viene condiviso?".


Dopo il via libera del Senato, Marina Berlusconi ha dichiarato: "Ci sono vittorie che arrivano tardi, forse troppo tardi, ma che restano grandi e decisive. Quella di oggi è la vittoria di mio padre, Silvio Berlusconi. Sono la sua forza, il suo coraggio, la sua determinazione e, purtroppo, anche la sua sofferenza, ad aver reso possibile una giornata che segna un passo avanti importante per la democrazia e per la verità in questo Paese".

 

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La maggioranza verso il referendum

Intanto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha affermato che se il risultato del referendum "fosse in una certa direzione" la "politica si troverebbe ipotecata dalla magistratura come è stato a lungo dopo Tangentopoli". Mentre Antonio Tajani, ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, si è sempre detto pronto "ad organizzare comitati per il referendum e a difendere questa riforma" che “FI ha voluto fortemente". Per i vertici del partito "la responsabilità civile dei magistrati e una radicale riforma della giustizia non solo sono necessarie ma urgenti". Mentre per il deputato Jacopo Morrone, segretario della commissione Giustizia alla Camera e delegato del Dipartimento Giustizia della Lega, “sono quattro i sì per ridare fiducia agli italiani nel sistema giustizia: sì alla separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici, sì a due CSM come conseguenza della separazione delle carriere, sì al sorteggio perché l'indipendenza e l'efficienza della magistratura si assicurano anche con il contenimento dello strapotere delle correnti dentro un unico CSM, sì all'istituzione dell'Alta Corte di Giustizia che garantisca decisioni imparziali sugli illeciti disciplinari a carico di magistrati". 

Il fronte del "no" alla riforma

Sul fronte del "no" sono, come detto, schierate le opposizioni. Per il leader degli M5s, Giuseppe Conte, il governo con il progetto della separazione delle carriere vuole una "giustizia completamente piegata alla politica". Le toghe si dicono, comunque, pronte alla sfida e lanciano un invito all'unità, alla "compattezza" nel vincere la sfida referendaria. "Noi non facciamo una battaglia politica”, ha sostenuto Parodi dell’Anm, “siamo a difesa di valori costituzionali nei quali crediamo e che questa riforma altera". I magistrati puntano a coinvolgere i cittadini le cui decisioni nell'urna dovranno "avvenire sulla base di una conoscenza effettiva dei problemi e non di pregiudizi ideologici”. Per il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, c'è "l'idea strisciante e neanche molto nascosta di controllare il pubblico ministero, di normalizzare la magistratura, di far diventare i magistrati dei perfetti burocrati".


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