
L’Ue è vicina a un accordo sulla direttiva per il provvedimento, che in Italia è fermo in Senato. Ci sono visioni contrastanti all’interno della maggioranza: il ministro del Lavoro Orlando parla di "aperture positive”, mentre secondo il collega della Pubblica amministrazione Brunetta la misura non va “bene per legge perché è contro la nostra storia culturale di relazioni industriali”. Favorevoli Pd e M5S, contraria Forza Italia. Il governatore di Bankitalia Visco: “Se è ben studiato è una buona cosa”

Continua il dibattito sul salario minimo. La politica si divide, Confindustria ritiene che ci sia già e le parti sociali sono favorevoli purché rientri nella contrattazione. Intanto l'Ue è a un passo dall'accordo politico sulla direttiva per il provvedimento: il round decisivo di negoziati tra le istituzioni europee (Commissione, Parlamento e Consiglio Ue) prenderà il via lunedì sera alle 19 a Strasburgo, a margine della plenaria del Parlamento europeo
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Le probabilità di arrivare a un accordo nella notte tra lunedì e martedì, a quanto si apprende, sono molto alte. La direttiva, proposta dalla Commissione europea nel 2020, punta a istituire un quadro per fissare salari minimi adeguati ed equi rispettando le diverse impostazioni nazionali dei 27 Paesi e a rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva
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In Italia, invece, il provvedimento è fermo al Senato con un vero e proprio braccio di ferro tra le forze politiche. Sul fronte governativo il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, vede "aperture positive da tutte le parti, c'è chi la vuole cotta e chi la vuole cruda. Vediamo qual è il punto di contatto che consenta di intervenire subito in attesa poi di una legge di carattere più organico"
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Ma nella maggioranza di Governo ci sono visioni contrastanti. Il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta ritiene che il provvedimento sul salario minimo non vada “bene per legge perché è contro la nostra storia culturale di relazioni industriali. Il salario non può essere moderato ma deve corrispondere alla produttività"
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"Il salario minimo forse non è nella cultura di alcuni politici - replica il leader del M5S, Giuseppe Conte - Se per alcuni politici è normale che si prendano paghe da fame, di 3-4 euro lordi l'ora, allora diciamo che la politica del Movimento 5 Stelle non è questa. Non accetteremo mai fino a quando non approveremo il salario minimo. Queste sono paghe da fame"
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Su Twitter arriva anche la replica della vicepresidente del M5S, Paola Taverna: "Renato Brunetta, anche nel 1760 e nel 1870 c'erano le 'relazioni industriali', poi arrivarono le due rivoluzioni e lo status dei lavoratori migliorò notevolmente. Che dici, vogliamo evolverci un pochino e dare dignità ai lavoratori italiani?"

Poi replica anche Francesco Boccia, deputato Pd e responsabile Regioni e Enti locali della Segreteria nazionale: "Per Brunetta il salario minimo non rappresenta la storia della destra italiana? Per fortuna direi, rappresenta la nostra storia e la realizzeremo, è una battaglia che porteremo a termine insieme all'abbattimento del cuneo fiscale”

“Per noi la questione salariale è fondamentale, accanto a questo c'è ovviamente l'impegno ad arrivare al salario minimo, come fanno in Germania e come fanno in Australia, Paesi che sono simili al nostro e che hanno fatto una scelta che anche noi dovremmo fare”, ha ribadito anche il segretario del Pd Enrico Letta

A favore del provvedimento si schiera il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, che lo ritiene un modo per dare "un salario dignitoso a tanti lavoratori. È un tema su cui si stanno confrontando anche in altri Paesi europei"

La viceministra dell'Economia Laura Castelli (M5S) vede un "percorso obbligato per chi decide di stare in un'Europa che si dà paletti sociali ed etici. È indispensabile e non può aspettare"

"Copiare il modello tedesco del salario minimo non è la strada idonea per l'Italia - dichiara Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia - Per un liberale l'imposizione di un salario minimo per legge sarebbe una violazione della libertà contrattuale e rischierebbe di indurre le piccole imprese a recedere dai contratti nazionali applicando un salario più basso di quello fissato dagli accordi. Il problema è diminuire il costo del lavoro per le aziende e assicurare una busta paga più pesante per i lavoratori”

Secondo il ministro per lo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti (Lega), il tema dei salari è “un problema che va affrontato. Non si può mettere in carico un altro costo su aziende che ne hanno già molti. Il salario minimo non deve essere un tabù, ma bisogna capire cosa si fa, la priorità è il recupero del potere di acquisto. In Italia i salari sono bassi e questo è un dato oggettivo”

Sul tema del salario minimo interviene anche il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, secondo il quale se il provvedimento è "ben studiato è una buona cosa”. “Ha vari effetti positivi - ha spiegato Visco - il rischio sta nel livello, perché se è eccessivo può portare a non occupare persone che potrebbero invece voler lavorare al di sotto di quel livello. Quello che è importante è non legare al salario minimo automatismi"

Posizioni con sfumature diverse sul fronte delle parti sociali. "Non avremmo nulla in contrario - ha detto il vicepresidente di Confindustria, Maurizio Stirpe - a tre condizioni: che il salario minimo venga fissato come percentuale compresa tra il 40 e il 60% del salario mediano e che non venga confuso con la retribuzione proporzionale e sufficiente dell'articolo 36 della Costituzione. Terza condizione è che il salario minimo deve operare per tutti i contratti, non solo per le aree in cui non c'è la contrattazione collettiva”

A favore del provvedimento si esprime la Uil purché "non sostituisca i contratti", spiega il segretario Pierpaolo Bombardieri. "Siamo d'accordo con il salario minimo a condizione che coincida con i minimi contrattuali"

Il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, ritiene invece che il salario minimo vada "esteso e rafforzato attraverso la contrattazione". Il sindacalista vede un forte peso fiscale su lavoro e sulle imprese e chiede al Governo di aprire un "confronto sui contenuti della delega fiscale"