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Regeni, Di Maio: vendita fregate a Egitto non conclusa. Richiesta verità su morte Giulio

Politica

In un question time alla Camera, il titolare del Ministero degli Esteri ha precisato che l’Italia chiede “progressi significativi e reale cooperazione” al Cairo sulla vicenda del ricercatore italiano ucciso nel 2016. Il numero uno della Farnesina ha poi ribadito che la vendita delle due fregate Fremm all’Egitto è ancora da autorizzare

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"Resta ferma la nostra incessante richiesta di progressi significativi nelle indagini sul caso del barbaro omicidio di Giulio Regeni”. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, oggi alla Camera per un question time, è tornato a parlare della vicenda del ricercatore italiano sequestrato e ucciso in Egitto nel 2016. “Il governo e le istituzioni italiane continuano ad esigere la verità dalle autorità egiziane attraverso una reale, fattiva ed efficace cooperazione”, ha detto il titolare della Farnesina.

Di Maio: “Verità per Giulio è un’aspettativa fortemente radicata”

Durante l’interrogazione in Parlamento, Di Maio ha detto che “la verità per Giulio è un’aspettativa fortemente radicata nella nostra pubblica opinione e che il nostro governo reitera con determinazione a ogni occasione di contatto con le istituzioni egiziane a tutti i livelli”. Il capo della Farnesina ha spiegato di averlo ribadito “anche nella mia più recente conversazione telefonica con il ministro degli Esteri Shoukry.

 

Civati e Brignone chiedono che verità prevalga su ragione di Stato

Beatrice Brignone e Giuseppe Civati, rispettivamente segretaria e fondatore di Possibile, hanno invece ribadito: “Da anni chiediamo che la richiesta di verità e libertà prevalgano sulla ragion di Stato. Ma tutti i governi hanno disatteso questa semplice richiesta, che portiamo avanti per Giulio Regeni, per la sua famiglia, per il rispetto dei diritti umani, delle vite e della sicurezza dei tanti Giulio e Giulie d'Egitto. Da quattro lunghi mesi chiediamo, poi, che Patrick Zaki possa tornare libero. Il governo Conte ha tanti strumenti per esercitare pressione. Potrebbe, prima di tutto, usare la diplomazia internazionale non per tenersi buono per interesse un alleato come al Sisi, ma per pretendere, quella verità e libertà che aspettiamo da troppo tempo".

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Di Maio: vendita fregate a Egitto ancora da autorizzare

Il ministro Di Maio è intervenuto anche sulla procedura di autorizzazione alla conclusione delle trattative per la fornitura delle fregate Fremm (Fincantieri) all’Egitto: "È tutt'ora in corso”, ha precisato. Per le forniture nel settore della difesa all'Egitto, Di Maio ha detto che "il rilascio delle autorizzazioni è subordinato all'applicazione rigorosa" dei criteri di legge e che il governo esamina "caso per caso" le richieste, "oltre al vaglio di natura tecnico-giuridica il governo ha ovviamente ritenuto di svolgere una valutazione politica”. Di Maio ha anche sottolineato a riguardo che "l'Egitto resta uno degli interlocutori fondamentali nel quadrante Mediterraneo, nell'ambito di importanti dossier, come il conflitto in Libia, la lotta al terrorismo e ai traffici illeciti, nonché la gestione dei flussi migratori e la cooperazione in campo energetico".

 

Le reazioni

Per il presidente della commissione Erasmo Palazzotto (di Sinistra Italiana) non ha senso proseguire i lavori di inchiesta se prima Conte non fa chiarezza sulla linea di Palazzo Chigi: l'audizione, scrive infatti, "è preliminare, sotto il profilo politico e istituzionale, al proseguimento di ogni altra attività di indagine" specie dopo "la sua recente interlocuzione diretta con il presidente della Repubblica Araba d'Egitto". Conte e Al-Sisi si sono sentiti al telefono nella giornata di domenica. L'Egitto è al momento uno dei più importanti acquirenti di materiale bellico per l'Italia; le due fregate Fremm - un affare da 1,2 miliardi di euro - erano state realizzate in Italia da Fincantieri che attendeva appunto il via libera da parte di Palazzo Chigi per l'esportazione. Ma se il premier italiano nella nota che dava conto della telefonata citava "la collaborazione giudiziaria con particolare riferimento al caso Regeni", nel parallelo comunicato del Cairo il nome di Giulio non appariva affatto. Da qui la rabbia della famiglia del giovane: "Siamo offesi e indignati", hanno detto ancora Claudio e Paola Regeni.

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