Jobs act, Poletti: "Non vale per i dipendenti pubblici"

Politica

Il ministro del Lavoro precisa che se si vuol discutere degli statali "c'è una legge delega sulla Pubblica Amministrazione". Renzi: "Critici si arrenderanno davanti a realtà". Ma continuano le polemiche. E lo scontro si accende su licenziamenti collettivi

Il Jobs Act non vale anche per i lavoratori del pubblico impiego, "perché tutta la discussione sulla legge delega è stata fatta sul lavoro privato e quindi non è applicabile al pubblico impiego". Lo afferma al quotidiano online Affaritaliani.it il ministro del Welfare Giuliano Poletti, chiarendo così il nodo sollevato da Pietro Ichino (Sc). "Se si vuol discutere del lavoro pubblico in Parlamento c'è una legge delega sulla Pubblica Amministrazione", aggiunge il
ministro.
"Trovo francamente sconcertante questo affannarsi di alcuni ministri nel negare l'applicabilità del Jobs act al pubblico impiego" dice il sottosegretario al Ministero dell'Economia e deputato di Scelta Civica Enrico Zanetti, sottolineando che il dualismo con i privati "non sta in piedi". E continua: "A parte che il nostro senatore Ichino ha già spiegato anche dal punto di vista tecnico perché questo dualismo non sta in piedi, come si fa a non capire che certi distinguo non rappresentano giuste rassicurazioni per il pubblico impiego, bensì ingiuste discriminazioni per i dipendenti del settore privato?".

Le polemiche sugli statali si accendono mentre continuano a tener banco anche quelle sui licenziamenti collettivi. Attacchi che il presidente del Consiglio Matteo Renzi prova a smorzare via Twitter.

Renzi: "#lavoltabuona, #nonsimolla" - Il 24 dicembre "svolta su Taranto, lavoro, delega fiscale, Inps mentre si chiudevano vertenze Termini Imerese e Meridiana. #lavoltabuona, #nonsimolla" torna a twittare sui provvedimenti messi in campo dal governo alla vigilia col Cdm Renzi, assicurando che "andremo avanti a testa alta" e che i critici "si arrenderanno all'improvviso, quando non potranno più negare la realtà".

Sull'Ilva, che torna sotto il controllo dello Stato, Renzi spiega che "il progetto è serio ed è un progetto per Taranto (cultura, porto, bonifiche, ospedale)" poi, a proposito di legge elettorale, assicura che "Arriva, arriva. A gennaio siamo in seconda lettura al Senato, ormai ci siamo anche lì". Nessun Cdm in vista invece per il 31 dicembre: "Abbiamo già dato alla vigilia di Natale".

Critiche al governo - Renzi cerca dunque di smorzare le polemiche e di rispondere agli attacchi di sindacati e minoranza Pd. "Siamo pronti a nuovi scioperi e a ricorrere in Europa" afferma la Cgil.  "Questo contratto a tutele crescenti è un grande bluff. Si tratta solo di una monetizzazione crescente: ti licenzio anche ingiustamente, ti pago pure in modo crescente, quindi adesso taci, sembra voler dire. Di fatto, è l'abolizione dei contratti a tempo indeterminato" sono le parole di Susanna Camusso. Per il Pd all'attacco va anche Stefano Fassina, "è un cambiamento regressivo", e Pippo Civati, che ribattezza il decreto in "contratto a tutele ridotte". Per i Cinque Stelle Luigi di Maio parla di "fregatura" e Fi ironizza con Giovanni Toti: "Tra i tanti pacchi giunti agli italiani in questi giorni è arrivato anche questo". Amaro il giudizio di Sacconi: "avverto molta delusione" perché "la montagna ha partorito il topolino".

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