Berlusconi: "Le tasse? Non è Tremonti che decide"

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Così il premier a proposito di una possibile riforma del fisco. Poi rettifica: con il ministro tutto ok. E sulla batosta alle elezioni amministrative spiega: “Sono sereno, i risultati erano previsti”. Ma per mercoledì 1 giugno annuncia novità nel Pdl

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È nuovamente gelo tra Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti sull'economia e sulla necessità di aprire i cordoni della borsa. Nel contempo il Cavaliere non riesce a convincere fino in fondo Umberto Bossi sulla linea da seguire.
I dubbi dei leghisti sarebbero stati espressi proprio al responsabile del Tesoro nel corso di un vertice a margine del Consiglio dei ministri, senza il presidente del Consiglio perché impegnato nella visita ufficiale in Romania.
Intanto il premier tira dritto e ironizza per sdrammatizzare la situazione: "Volevo fissare la data del mio funerale, ma nei prossimi giorni ho troppi impegni, quindi rimandiamo". Una battuta che però non riesce a mascherare il clima da "grande psicodramma" (copyright del Giornale) che regna nel centrodestra. In attesa di capire se la "sberla" delle amministrative abbia indebolito la maggioranza in Parlamento, Berlusconi si scagiona da ogni eventuale responsabilità ("non ho colpa di nulla") e cerca di risollevare le sorti dell'esecutivo, annunciando novità nel Pdl per mercoledì 1 giugno.

La carta su cui punta è la riforma del fisco. Questa volta il premier non vuole sentire ragioni: e senza tanti giri di parole fa capire a Tremonti che la musica è cambiata: "A Tremonti faremo aprire i cordoni della borsa. Non è lui che decide, lui propone", dice Berlusconi, insolitamente ruvido con il ministro dell'Economia di cui sono note le posizioni in difesa dei conti pubblici. Una posizione poi smentita dallo stesso premier, che in una nota ribadisce piena fiducia al ministro: "Continueremo a lavorare bene insieme come abbiamo fatto sino ad adesso".
L'atteggiamento per qualcuno si spiega con l'idea che la sconfitta elettorale sia figlia del rigore del ministro, anche se sullo sfondo fa ancora una volta capolino l'ipotesi di un governo tecnico, che vedrebbe il titolare di via XX settembre, secondo voci circolate in ambienti parlamentari, tra i possibili leader. Un governo sui cui punterebbe una parte dell'opposizione. E la freddezza dei lumbard verso le iniziative del Cavaliere per il rilancio del governo avrebbe aumentato la tensione nella maggioranza tra sospetti e incertezze.

Basta ascoltare Bossi: il governo "per ora va avanti", ma non con la tranquillità di prima. O Salvini: "La Lega non è nata a destra e non morirà a destra, figuriamoci se morirà per Berlusconi". Non che i leghisti siano già decisi a staccare la spina al governo, divisioni ci sono anche nel Carroccio, ma l'aria che tira non è favorevole al premier.
Riassume Maroni: "Il segnale c'è stato ed è stato forte, ora si tratta di capire se questa maggioranza ha la capacità di reagire o resta inerte, che sarebbe la cosa peggiore".
Nel merito della riforma fiscale su cui punta Berlusconi forzando la mano a Tremonti, non si può dire che la Lega si spelli le mani: "Dipende da quale riforma è ", si limita a osservare Bossi, attento a non rompere con Tremonti.

È questo il clima con il quale la maggioranza si sta avvicinando alla verifica parlamentare chiesta da Napolitano dopo la nomina dei sottosegretari.
I capigruppo di Montecitorio l'hanno fissata per l'ultima settimana di giugno: davanti ci sono dunque una ventina di giorni che potranno servire alla maggioranza per ricompattarsi o che potranno trasformarsi in una via crucis costellata di veleni e sospetti. Le premesse perché il cammino verso la verifica non sia dei più tranquilli ci sono tutte: a parte l'affondo di Berlusconi contro Tremonti, ci sono le fibrillazioni dentro il Pdl, con i vari colonnelli alla Alemanno che progettano nuove aggregazioni e potenziali leader post-Berlusconi alla Formigoni che si fanno avanti chiedendo le primarie. Nelle contraddizioni del centrodestra prova a inserirsi l'opposizione, che sente il vento nelle vele e spera di bissare il successo delle amministrative nei referendum di metà giugno. Così Bersani chiede che Berlusconi si presenti dimissionario alla verifica, "perché è venuta meno la maggioranza nel paese". Pd e Udc , poi, strizzano l'occhio alla Lega, prospettando un'alleanza per cambiare la legge elettorale. Un ritorno alla proporzionale, si ritiene nell'opposizione, servirebbe alla Lega a svincolarsi dalla maggioranza di centrodestra e a riposizionarsi sulla scena politica.

Berlusconi, in visita al Quirinale per la festa della Repubblica, entra anche nel dettaglio delle elezioni amministrative, rivelando di avere un solo rimpianto: "Non abbiamo avuto il cuore di consegnare Mara Carfagna alla camorra". “Sono sereno, i risultati erano tutti previsti. Solo una scelta avremmo dovuto fare diversamente”, dice riferendosi alla mancata candidatura del ministro delle Pari opportunità a Napoli.
Spazio poi per il referendum sul nucleare. "Non me ne sono mai occupato, vedremo ciò che il popolo vuole – dice –. Io sono convinto che il futuro sia nel nucleare, ma se la popolazione non vuole non vuole. Non è facile decidere, se la gente diffida non possiamo obbligarla. Anche in Germania si è diffusa la psicosi del rischio dopo il Giappone e chi è al governo con dispiacere si è dovuto adeguare".

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