Bucha e Irpin, Mariupol e Odessa. Putin e Zelensky, l'Alleanza Atlantica, i mercenari Wagner. Sono solo alcuni dei termini con cui si sono raccontati i primi 365 giorni di conflitto russo-ucraino: ecco il dizionario simbolo
A cura di Giacomo Cadeddu
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Mariupol e l’acciaieria Azovstal, Bucha e Irpin, il Ponte di Kerch e la Crimea. Putin e Zelensky, Lavrov, la Nato, i mercenari Wagner. Ma anche frasi come “Slava Ukraïni!” e locuzioni come “deterrenza nucleare”. Sono alcune delle parole con cui si sono raccontati i primi 365 giorni di guerra in Ucraina: luoghi simbolo dell’offensiva russa e della resistenza ucraina, leader politici e altre figure chiave, istituzioni coinvolte. Alcune le conoscevamo già bene. Altre, nell’Europa occidentale, erano sconosciute o quasi. Dalla A alla Z, ecco il glossario delle parole simbolo del conflitto russo-ucraino (GUERRA IN UCRAINA, LO SPECIALE DI SKY TG24 - IL VOCABOLARIO DI GUERRA - I REPORTAGE DAL PAESE CHE RESISTE).
A di AZOV e AZOVSTAL
Del Battaglione Azov si parlava già da tempo, da quando nacque nel 2014 per difendere i territori del Donbass dall’invasione russa. Gruppo militare ultranazionalista, di stampo neonazista, fu poi inquadrato ufficialmente nella Guardia nazionale ucraina, venendo così riconosciuto dallo Stato. I suoi combattenti sono tra quelli che hanno difeso più strenuamente l’acciaieria Azovstal di Mariupol durante l’assedio della primavera 2022.
B di BUCHA
Non molti, prima dello scoppio della guerra, avevano invece mai sentito parlare di Bucha. Piccola cittadina dell’Ucraina settentrionale, con poco meno di 40mila abitanti, si trova nell’oblast di Kiev. È stata occupata in fretta dalle forze armate russe, che – hanno subito denunciato sia le autorità ucraine che diverse organizzazioni umanitarie – hanno seviziato e torturato la sua popolazione, gettando i cadaveri in improvvisate fosse comuni.
C di CRIMEA
Affacciata sul Mar Nero, la penisola di Crimea è uno dei motivi alla base dei dissapori tra Mosca e Kiev. La sua importanza non è solo economica - gli occhi sono puntati sul porto di Sebastopoli - ma anche storica e identitaria. Fu Kruscev, nel 1954, a donarla all’Ucraina, ai tempi parte dell’Urss. Nel 2014 è stata riannessa alla Russia che, dopo averla invasa, ha appoggiato il referendum con cui è stato decretato il suo ritorno a Mosca. L’Ucraina e tutta la comunità internazionale non ne hanno mai riconosciuto l’esito.
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D di DONBASS
Come la Crimea, anche il Donbass è uno dei motivi che hanno spinto Putin a invadere l’Ucraina. Storicamente, è sempre stata una delle zone ucraine più vicine a Mosca, popolata da molti abitanti di etnia russa o comunque filorussi. Dal punto di vista economico è poi uno dei terreni più ricchi di cave e miniere. Qui ci sono le regioni separatiste di Donetsk e Lugansk. E il conflitto non si è mai fermato dal 2014. Anzi: il 21 febbraio 2022, appena tre giorni prima l’invasione dell’Ucraina, Putin aveva riconosciuto l’indipendenza delle due regioni filorusse. La “speciale operazione militare” per “denazificare” l’Ucraina è stata ufficialmente motivata anche con il tentativo di “salvare” i popoli russi in queste zone.
D di DETERRENZA NUCLEARE
C’è poi il capitolo della deterrenza nucleare. Dal primo giorno di guerra, lo spettro delle armi atomiche ha continuato ad aleggiare sul racconto del conflitto. L’annessione unilaterale di quattro regioni ucraine alla Russia - Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia - ha fatto temere che la situazione potesse peggiorare. Mosca, secondo quella che viene appunto chiamata “dottrina di deterrenza nucleare”, si riserva la possibilità di adoperare armi atomiche in alcuni specifici casi. Tra questi, quelli di minacce all’ “esistenza” della Russia e alla “sovranità e integrità territoriale dello Stato”. In linea teorica, questo potrebbe significare che se Kiev riprendesse con la forza i territori annessi da Mosca, la risposta potrebbe coinvolgere armi nucleari. Di fatto, al momento, non si è verificato.
E di ENHERODAR
Il 4 marzo 2022, la centrale nucleare più grande di tutta l’Europa è stata occupata dai soldati russi. Si trova a Enerhodar, nell’oblast di Zaporizhzhia. Colpita negli scorsi mesi da alcuni bombardamenti, è al centro di negoziati tra Russia, Ucraina e l’Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) per creare una zona di sicurezza nei suoi dintorni.
F di FINLANDIZZAZIONE e FOREIGN FIGHTER
Prima che la Russia iniziasse l’invasione dell’Ucraina, si era parlato della "finlandizzazione" come di un'ipotesi per allentare la tensione tra Mosca, Kiev e più in generale l'Occidente. Il termine fa riferimento alla posizione che la Finlandia aveva preso alla fine della Seconda Guerra Mondiale nello scenario internazionale. Helsinki non aveva aderito alla Nato, pur senza far capo all’Urss, così da rimanere neutrale e non creare tensioni: il suo territorio confina infatti con quello della Federazione Russa. Insieme alla Svezia, nel 2022, proprio in risposta all’aggressione di Mosca contro Kiev, Helsinki ha però fatto domanda di adesione per entrare nell’Alleanza. Sempre con la lettera "F", si è molto parlato dei foreign fighters, i combattenti stranieri che sposano una causa che non coinvolge il loro Stato di origine e vanno a combatterla in guerra. Ce ne sono in ogni conflitto. Così anche in Ucraina, anche italiani.
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G di GAS
Una delle parole che hanno fatto più paura nei primi mesi di guerra è stata “gas”. L’Europa ha temuto un freddissimo inverno, con Mosca che – da principale rifornitore del Vecchio Continente – ha usato fin da subito l’arma dell’energia per rispondere alle sanzioni economiche messe in piedi per colpirla. I prezzi sono schizzati alle stelle e hanno imposto ai Paesi europei di guardare all'Africa e al Golfo per trovare altri rifornitori, pronti a prendere il posto un tempo riservato a Mosca.
H di HOSTOMEL
Uno dei primi attacchi russi del 24 febbraio 2022 fu quello all’aeroporto di Hostomel, a pochi chilometri da Kiev. Nei piani del Cremlino, conquistare la base aerea della Capitale sarebbe servito per entrare più facilmente in città. Tutta l’area di Kiev è stata poi liberata e Hostomel è diventata “Città eroina dell’Ucraina”.
I di IRPIN
Anche la città di Irpin è uno dei luoghi simbolo della guerra. Nell’oblast di Kiev e dentro il distretto di Bucha, le truppe russe l'hanno subito considerata una postazione fondamentale su cui avere il controllo, per la vicinanza con la capitale ucraina. Una delle prime foto a fare il giro del mondo, quella con centinaia di civili ucraini nascosti sotto un ponte crollato, è stata scattata proprio qui.
J di JAVELIN
Il lessico comune in questi 12 mesi si è arricchito di termini un tempo conosciuti soltanto da chi lavora in campo militare. Abbiamo scoperto ad esempio cosa sono i Javelin (letteralmente, “giavellotto”), missili anticarro a guida automatica e a sistema a infrarossi subito spediti a Kiev da Stati Uniti e Regno Unito.
K di KERCH
Nel 2018 Putin inaugurò il Ponte di Kerch, che collega il territorio della Federazione russa con quello della Crimea, passando sopra lo Stretto di Kerch. Nell’ottobre 2022 è stato bersaglio di alcuni bombardamenti che lo hanno parzialmente distrutto. Mosca ha puntato il dito contro Kiev, che non ha mai confermato chiaramente se fosse vero. Il capo dell’intelligence di Kiev, Kyrylo Budanov, ha però detto che il ponte smetterà di esistere “quando la Crimea tornerà all’Ucraina”, definendolo “uno dei simboli del mondo russo”. Il servizio postale ucraino ha poi emesso un francobollo dedicato proprio all'attacco al ponte.
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L di LENIN
“L’Ucraina contemporanea è stata creata dalla Russia comunista e bolscevica”, diceva Putin all’alba del conflitto. Se nei secoli al suo interno si è sviluppata l’idea di poter essere indipendente da Mosca, continuava Putin, è colpa di Lenin “e dei suoi associati”. Al di là delle imprecisioni storiche, il capo del Cremlino si riferisce al discorso con cui Lenin, nel 1917, riconosceva “il movimento nazionale in Ucraina” e “la libertà del popolo ucraino”. Ma se è vero che Lenin pronunciò queste parole, è anche vero che lui stesso tentò di silenziare le pulsioni nazionaliste ucraine. Putin ha accusato anche i leader della rivoluzione bolscevica di aver incluso nel testo della Dichiarazione sulla creazione dell'Urss del 1924 il diritto delle repubbliche di separarsi liberamente dall'Unione Sovietica.
M di MARIUPOL
Città fortezza sul Mar d’Azov, importantissima per i russi: avere Mariupol significa unire i territori di Donetsk e Lugansk con la Crimea. Per questo Mosca l’ha voluta tanto quanto gli ucraini l’hanno difesa, senza però riuscirci. Della città che era un tempo, è rimasto ben poco. Mariupol è uno dei centri urbani che più sono stati bombardati nel primo anno di guerra. La furia russa non è caduta soltanto sopra l’acciaieria Azovstal, ma su tutto il centro urbano e le sue case. Allo scoccare del dodicesimo mese di conflitto, è ancora sotto il controllo russo.
N di NATO e di NEGOZIATI
Oltre alla ricerca del controllo su Crimea e Donbass, una delle ragioni che hanno convinto Mosca ad attaccare Kiev è stata la volontà ucraina di entrare nella Nato. Un affronto troppo grande per il Cremlino, già indispettito dalle numerose esercitazioni militari dell’Alleanza vicine ai suoi confini. Con la “N” inizia anche negoziati, parola che abbiamo sentito insistentemente nelle prime settimane di guerra, quando sembrava che in qualche modo la questione ucraina potesse essere risolta in breve tempo. Oggi, si specula invece di quelle che potrebbero essere le offensive e le controffensive a cui stanno già lavorando entrambe le Nazioni in guerra.
O di ODESSA
C'è anche Odessa tra le città che Mosca vorrebbe avere con sé. La Perla del Mar Nero che – un po’ per posizione geografica, un po’ per spirito - è sempre stata considerata la più aperta verso il mondo di tutta l’Ucraina. Portale dell’Est Europa verso Mediterraneo e Oriente, da qui passa e parte la maggior parte del grano e degli altri cereali esportati dall’Ucraina.
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P di PEACEKEEPING
Tutto è iniziato con il decreto di Putin che dava ordine al suo Ministero della Difesa di dispiegare le forze russe nel Donetsk e nel Lugansk per una missione che nel diritto internazionale si definisce di “peacekeeping”, “mantenimento della pace”. Il resto è storia.
Q di QUATTRO REFERENDUM
Putin ha cercato di dare legittimazione popolare al suo progetto di guerra, per dimostrare che anche buona parte dei cittadini ucraini vuole tornare a dire di essere russi. Almeno quelli degli oblast di Kherson, Donetsk, Lugansk e Zaporizhzhia, dove si sono tenuti i quattro referendum sul loro status. L'esito è stato quasi plebiscitario, a favore di Mosca. La comunità internazionale non ne ha riconosciuto la validità.
R di RUSSIA e RUS' DI KIEV
Già prima che iniziasse la guerra, la gestione della Russia di Putin era guardata spesso con sospetto. Delle pesanti limitazioni alla libertà di stampa e in generale di manifestazione del pensiero si sapeva già prima. La scelta di dare il via a un conflitto armato sul territorio di un altro Stato ha fatto emergere ancor di più la diffidenza dell’Occidente verso Putin, accusato di essere tutto tranne che un leader democratico. Meno conosciuta è invece la cosiddetta “Rus’ di Kiev”. Secondo Putin, Russia, Ucraina e Bielorussia formerebbero un unico territorio, perché tutte discendono da un insieme di tribù slave, baltiche e finniche che nel nono secolo crearono un’entità monarchica che comprendeva parte degli attuali territori dei tre Stati, la “Rus’ di Kiev”. Per Putin, è lì che si formò l’identità russa, in un territorio che oggi, geograficamente, è ucraino.
S di SLAVA UKRAINI e di SERGHEI LAVROV
Non è una parola, ma “Slava Ukraïni” – “Gloria all’Ucraina” – è la frase che meglio racchiude tutto l’orgoglio con cui il popolo ucraino sta portando avanti la resistenza contro l’invasore. C'è poi Serghei Lavrov, il ministro degli Esteri di Mosca, uno dei volti russi più presenti sui media dallo scoppio della guerra. È lui che ha messo la faccia nei contesti internazionali da cui Putin si è tenuto alla larga, come il G7 in Indonesia del novembre 2022.
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T di "TRE GIORNI"
Dal 24 febbraio 2022 al 24 febbraio 2023: 365 giorni di conflitto. Molti di più di quelli che si aspettava Putin. Più volte si è detto che il numero uno del Cremlino credeva in una capitolazione lampo, da portare a termine in non più di tre giorni.
T di TRANSNISTRIA
“Il regime di Kiev sta preparando una provocazione armata contro la Repubblica Moldava transnistriana che sarà condotta dalle Forze Armate ucraine, anche con il coinvolgimento della formazione Azov". Soltanto un giorno prima dell’anniversario della guerra, il 23 febbraio 2023, il Ministero della Difesa russo ha parlato dei piani ucraini di attaccare la Transnistria, regione indipendentista e filorussa della Moldavia. Sarebbe già tutto deciso nei dettagli, secondo Mosca, che si spinge a rivelare come “i sabotatori indosseranno uniformi militari russe" e insceneranno una falsa invasione dell'Ucraina a partire proprio dal territorio della Transnistria, così da avere un pretesto per il loro attacco. Il governo centrale moldavo di Chişinău (contrapposto a quello dei separatisti di Tirapol) ha smentito le indiscrezioni, ma la tensione è alta. Anche perché, solo pochi giorni fa, era stata invece la presidente moldava Maia Sandu ad accusare la Russia di tramare un colpo di Stato in Moldavia e di trascinare la Transnistria nella sua guerra. Putin ha intanto revocato un decreto del 2012 che in parte sosteneva la sovranità della Moldavia nell'ambito delle politiche sul futuro della regione separatista. Un po’ come è successo con Crimea e Donbass in Ucraina, la paura è che il Cremlino abbia mire anche in Moldavia.
U di UCRAINA
Non solo un Paese in guerra, l’Ucraina è il territorio su cui Putin ha deciso di combattere per il suo desiderio di affermazione sullo scenario geopolitico. Il suo sogno europeo ha assunto valore simbolico, la forza nel non capitolare al nemico anche.
V di VOLODYMYR ZELENSKY e di VLADIMIR PUTIN
Senza Vladimir Putin, la guerra non ci sarebbe. Convinto della volontà di Stati Uniti e Nato di metterlo in un angolo, ha deciso di difendere i suoi interessi per via militare. Da tempo circolano voci su una sua presunta malattia. L’altra faccia della guerra, oltre a quella di Putin, è quella di Volodymyr Zelensky. Un tempo comico, da quando è arrivato alla guida del Paese ha sempre messo in chiaro i suoi obiettivi: entrare nella Nato e nell’Unione europea, a ricordare che l’Ucraina non è un’appendice della Russia. Sfumato al momento il sogno dell’Alleanza, resta in piedi quello dell’Europa.
W di MERCENARI WAGNER
Insieme alle forze armate russe combattono anche i mercenari del gruppo Wagner. Ultranazionalisti - per loro si parla di "neopaganesimo russo" - in testa hanno gli stessi elmetti indossati dalle truppe tedesche naziste, quelli della Wehrmacht, dal 2015 sono attivi soprattutto nel Donbass. Sono considerati tra i mercenari attivi più pericolosi e più spietati. Il fondatore è Dmitry Valeryevich Utkin, ammiratore di Hitler e di Heinrich Himmler, che diede vita alle SS.
X di XI JINPING
Il 22 febbraio 2023, Wang Yi, capo della diplomazia cinese inviato del presidente Xi Jinping a Mosca, ha parlato della volontà di Pechino di rafforzare la collaborazione con la Russia, promuovere il multilateralismo e opporsi “a ogni forma di comportamento unilaterale e prepotente”. Il ruolo di Xi è uno dei più strategici per il futuro della guerra. Vicino a Putin, sicuramente lontano da Washington, ufficialmente ha sempre condannato la guerra e si è offerto di portare avanti “un piano di pace per l’Ucraina”. Da mesi circolano però voci, sempre negate, su rifornimenti di armi cinesi alla Russia.
Y di YANUKOVICH
Agli albori del conflitto, si è detto che tra i piani di Putin c’era quello di destituire Zelensky e rimpiazzarlo con qualcuno di filorusso. Il nome che è stato fatto è quello di Yanukovuch, tre volte primo ministro e presidente ucraino dal 2010 al 2014. Quell’anno dovette abbandonare il potere e, si dice, scappò in Russia sull’onda delle proteste contro la corruzione politica e a favore di uno Stato più europeo, le manifestazioni di Euromaidan.
LA "Z"
Non una parola e nemmeno una frase, ma soltanto una lettera. La “Z” è il contraltare russo allo “Slava Ukraini”. L’abbiamo vista sui carri armati delle truppe di Mosca, sulle bandiere di chi la sostiene e anche su alcuni manifesti e comunicati governativi. È diventata il simbolo della fedeltà alla patria e dell’appoggio alla scelta di attaccare l’Ucraina. Il suo significato non è però del tutto chiaro.