Ad unire due teatri di guerra apparentemente lontani (l'Africa e l'Ucraina) c’è la milizia fondata da Yevgeny Prigozhin, che di recente ha smentito su Telegram l’accusa lanciata dal New York Times di aver offerto al generale Hemedti missili terra-aria per vincere la sua battaglia personale contro l’attuale presidente Abdel Fattah al-Burhan. Eppure, i rapporti tra Mosca e Khartoum sono ormai consolidati, così come quelli del gruppo paramilitare con altri Paesi africani
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C’è un legame tra il conflitto in Ucraina, che vede contrapposti i soldati russi a quelli di Kiev, e quello in Sudan, dove è attualmente in corso una lotta per il potere. A unire questi due teatri di guerra è il gruppo Wagner, milizia vicina al presidente Vladimir Putin, che in passato ha svolto diverse attività a Khartoum, sebbene in questo momento “non un solo nostro combattente sia lì presente”, come ha dichiarato il fondatore della milizia Yevgeny Prighozin. Una dichiarazione in parte contraddittoria, visto che il New York Times sostiene che il gruppo Wagner abbia offerto armi di alto livello, fra cui missili terra-aria, alle Rapid Support Forces (RSF), gruppo paramilitare attualmente in lotta e guidato dal generale Hemedti. Sta di fatto che il legame tra la milizia e le forze politiche e militari del Paese resta indiscutibile (LEGGI LE NEWS DI OGGI SULLA GUERRA IN SUDAN).
I legami passati
Tutto nasce nel 2017, quando l'allora presidente del Sudan, Omar al-Bashir, firmò una serie di accordi con il governo russo durante una visita a Mosca. Nelle carte c’era il consenso per Mosca a costruire una base navale a Port Sudan sul Mar Rosso, nonché "accordi di concessione sull'estrazione dell'oro tra la società russa M Invest e il Ministero dei minerali sudanese". Secondo il Tesoro degli Stati Uniti M Invest, così come il suo gruppo sussidiario, Meroe Gold, sono le coperture per le attività del gruppo Wagner in Sudan, il terzo più grande produttore di oro dell'Africa. “Yevgeniy Prigozhin e la sua rete stanno sfruttando le risorse naturali del Sudan per guadagno personale e diffondendo un'influenza maligna in tutto il mondo”, aveva dichiarato l'allora segretario al Tesoro Steven Munchin nel 2020. Il legame tra il gruppo Wagner e i Paesi africani sarebbe in alcuni casi politico e militare, in altri soltanto commerciale: il Sudan rientra difatti in entrambe le categorie. Nel 2017, fonti russe e internazionali hanno pubblicato immagini che sembrano localizzare mercenari russi all'interno del Sudan intenti ad addestrare soldati sudanesi o in aiuto alle forze di sicurezza nel reprimere le proteste. Le rivolte del 2019 contro il presidente Bashir hanno visto i russi sostenere attivamente il regime al potere: come ha dichiarato il professor Samuel Ramani, autore di un libro sulle attività della Russia in Africa, in un articolo della Bbc, "Prigozhin chiedeva che i manifestanti fossero accusati di essere filoisraeliani e antislamici”.
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Con al-Burhan e con Hemedti
Caduto Bashir, la milizia si è mossa in modo sorprendente: mentre il ministero degli Esteri di Mosca condannava il colpo di Stato, Prigozhin cominciò a tessere relazioni con il nuovo uomo forte del Paese, il generale Abdel Fattah al-Burhan, ad oggi presidente. Nel frattempo il gruppo Wagner ha iniziato a stringere relazioni anche con le milizie della RSF, guidate dal generale Dagalo, noto anche come Hemedti, al fine di poter allungare le mani sulle miniere d’oro controllate dal gruppo paramilitare. Non è un caso che Hemedti abbia più volte visitato Mosca “sostenendo di voler rafforzare i legami tra Sudan e Russia” e che le compagnie russe, anche quelle sanzionate dagli Stati Uniti, si siano viste garantire la propria sicurezza dalla RSF. Da qui nasce l’indiscrezione del New York Times, che avrebbe un suo senso visto che per il momento l’esercito regolare mantiene un predominio dei cieli pressoché incontrastato. Tuttavia, Prigozhin, attraverso il suo canale Telegram, ha voluto far sapere come “Wagner non operi più da anni sul territorio”.
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Come agisce il gruppo Wagner
Il gruppo Wagner ha legami non soltanto in Sudan ma anche in altri 13 Paesi: la lista sarebbe composta da Stati come Libia, Eritrea, Sudan, Sud Sudan, Algeria, Mali, Burkina Faso, Camerun, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana, Madagascar, Mozambico e Zimbabwe. Gli emissari della Wagner, come lo stesso Prigozhin, che in questi anni ha viaggiato molto nelle capitali del continente, spesso offrono addestramento militare, vendita di armi e repressione delle opposizioni, siano esse tribali, jihadiste o politiche. Inoltre garantiscono alle élite politiche o militari mezzi per esportare capitali all’estero e la possibilità di condizionare l’opinione pubblica locale attraverso campagne di disinformazione. In cambio di tutte queste operazioni e del sostegno a regimi dittatoriali chiedono l’accesso allo sfruttamento delle risorse naturali, come nel caso di oro, diamanti, terre rare, petrolio, uranio e litio, e la creazione di rapporti politici duraturi. Un esempio è dato dalla votazione dello scorso 24 febbraio alle Nazioni Unite, dove si chiedeva l'immediato ritiro delle truppe russe dall'Ucraina: hanno votato contro Eritrea e Mali mentre ben 15 delle 32 astensioni totali sono arrivate dal continente africano. Di recente ha fatto molto discutere anche in Italia il rapporto che i russi hanno con la Libia, e in particolare con il generale Haftar: infatti il governo di Roma ha accusato proprio il gruppo Wagner di essere il manovratore dei flussi migratori in arrivo nel nostro Paese, con l’intento nemmeno tanto nascosto di destabilizzare l’Europa.