Alta tensione fra Usa e Venezuela, cosa sta succedendo e quali sono i possibili scenari

Mondo
Ansa e Getty

Introduzione

Raid contro presunte imbarcazioni di narcos e operazioni segrete della Cia via terra. Il presidente americano Donald Trump sta mostrando i muscoli al Venezuela, in quello che sembra un déjà vu del ventesimo secolo, quando gli Stati Uniti contribuivano in larga parte a plasmare il destino dei Paesi dell’America latina. E dopo le dichiarazioni “di fuoco” dell’inquilino della Casa Bianca, alcuni politici del Sudamerica paventano addirittura una possibile invasione americana del Venezuela. Ieri una nave lanciamissili statunitense è arrivata a Trinidad e Tobago, il piccolo arcipelago situato a circa dieci chilometri dalle coste del Venezuela: la Uss Gravely, insieme a un'unità di marines, è in zona ufficialmente per esercitazioni con l'esercito di Trinidad, ma nel contesto delle crescenti tensioni tra Usa e Venezuela, con Caracas che accusa di Washington, impegnata in una campagna militare contro i narcos, di "preparare una guerra". Vediamo cosa sta succedendo.

Quello che devi sapere

Le accuse degli Usa al Venezuela

La prima, e più importante, accusa mossa da Washington a Caracas è quella di essere un narco-Stato, ossia una nazione dove le organizzazioni criminali dedite al traffico di droga sono così potenti da influenzare, se non direttamente gestire, le istituzioni statali (governo, forze di polizia, sistema giudiziario). Non solo: gli Stati Uniti accusano lo stesso leader venezuelano Nicolás Maduro di essere impegnato in prima persona nella guida dei traffici del presunto cartello dei Soles, e per questo è stato colpito da una taglia da 50 milioni di dollari. Un’altra accusa è quella di aver “svuotato le prigioni”, incoraggiando i criminali (soprattutto i membri del Tren de Aragua) a emigrare e “invadere” gli Stati Uniti. 

 

Per approfondire: Venezuela, nave da guerra Usa arrivata a Trinidad e Tobago

Lo stato di emergenza in Venezuela

Nel mese di agosto 2025 Washington ha schierato otto navi da guerra e un sottomarino nucleare al largo delle coste venezuelane, conducendo almeno cinque attacchi in mare contro imbarcazioni provenienti dal Venezuela. Il motivo ufficiale è la lotta al narcotraffico. Stessa cosa tra l’1 e il 19 settembre 2025, con altri quattro attacchi aerei in acque internazionali contro barche venezuelane. Il governo di Caracas ha quindi disposto dichiarando lo stato di emergenza nazionale per una possibile aggressione militare americana. Per Maduro, quelli degli Usa sono solo i primi passi per tentare di “rovesciare il governo e impossessarsi del petrolio”, di cui il Venezuela è molto ricco. Lo stato di emergenza conferisce al leader bolivariano “poteri speciali” per agire in materia di difesa e sicurezza di fronte a presunte minacce esterne.

 

Per approfondire: Usa, Trump conferma l'ok a operazioni segrete della Cia in Venezuela

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Il reclamo all’Onu

Dopo gli attacchi nel mar dei Caraibi a settembre, con un bilancio di una trentina di morti e sei imbarcazioni affondate, i canali ufficiali del Paese sudamericano sono entrati in fibrillazione. Caracas si è anche mossa con un reclamo formale al Consiglio di sicurezza dell'Onu e al segretario generale António Guterres, in cui si chiedono “misure urgenti per prevenire un’escalation militare”. La comunità internazionale, si legge nel comunicato, “deve comprendere che l'impunità per questi atti avrà pericolose conseguenze politiche che devono essere fermate immediatamente”. Nel testo vengono inoltre respinte le “dichiarazioni bellicose e stravaganti” di Trump, il cui scopo - viene ribadito - è quello di “legittimare un'operazione di regime change con l'obiettivo finale di appropriarsi delle risorse petrolifere venezuelane”. Le operazioni americane nel mar dei Caraibi sono state in seguito condannate da tre relatori speciali dell’Onu. 

Verso le azioni di terra in Venezuela

Le operazioni contro le navi provenienti dal Venezuela non sono occasionali. Washington, infatti, mantiene da tempo un ampio dispiegamento navale nel mar dei Caraibi, vicino alle acque territoriali venezuelane, per “combattere il traffico di droga”. E se le acque sono presidiate, discorso diverso è per la terraferma. Come anticipato sulle colonne del New York Times e poi confermato dallo stesso Trump, gli Usa sono pronti a un passo in più. “Senza dubbio stiamo considerando la terraferma perché ora il mare è sotto controllo”, aveva detto il tycoon dallo Studio Ovale, affermando di aver dato luce verde alla Cia “per azioni segrete” entro i confini venezuelani. Ora l’ennesima conferma, con il leader americano che ha dichiarato senza mezzi termini: “Presto vedremo azioni di terra in Venezuela”. E anche secondo Lyndsey Graham, senatore repubblicano alleato di Trump citata da Axios, Trump è arrivato alla conclusione che è il momento che il leader venezuelano Nicolas Maduro “se ne vada”. Dopo quelli in mare, ha aggiunto Graham, gli attacchi a terra sono una “possibilità reale”.

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I sorvoli

Trump non si sta fermando alle operazioni della Cia in Venezuela. Per il New York Times, il presidente americano ha già mostrato concretamente a Caracas la propria forza militare. Il 15 ottobre almeno due bombardieri B-52 della Louisiana avrebbero sorvolato per diverse ore la costa venezuelana nello spazio aereo internazionale, in quella che un alto funzionario americano - citato dalla testata - ha definito "una dimostrazione di forza". I B-52 fanno paura a Caracas perché possono trasportare decine di bombe a guida di precisione. Non solo: un'unità aerea d'élite delle Operazioni Speciali dell'esercito Usa ha effettuato voli sul mar dei Caraibi meridionale, vicino alla costa venezuelana. Gli elicotteri, appartenenti al 160/mo Reggimento di aviazione per Operazioni speciali, hanno svolto missioni di puro addestramento, non prove generali per una possibile azione militare in Venezuela. Questa, scrive ancora il New York Times, è la versione di un funzionario americano, che tuttavia ha ammesso come la presenza del reggimento servisse a offrire a Trump diverse opzioni. In ultimo, il passaggio nelle ore scorse di un bombardiere B-1B che ha sorvolato il mar dei Caraibi al largo delle coste del Venezuela, secondo i dati di tracciamento del volo riportati da Afp.

“Un attacco armato Usa contro il Venezuela potrebbe esserci presto"

Le mosse a stelle e strisce non sono ovviamente sfuggite a Caracas. L'ambasciatore venezuelano all'Onu, Samuel Moncada, ha avvertito che le azioni americane delle ultime settimane, tra cui il dispiegamento di cacciatorpediniere missilistici, aerei da combattimento, truppe d'élite e di un sottomarino nucleare vicino alla costa venezuelana, mettono in serio pericolo “la pace, la stabilità e la sicurezza” dell’America Latina e dei Caraibi. E il possibile attacco americano al Venezuela non è più un tabù, tant’è che lo stesso ministero degli Esteri venezuelano lo ha scritto nero su bianco in una lettera all’Onu: “Sulla base di informazioni comprovate, ragionevoli e oggettive, si conferma che un attacco armato degli Stati Uniti contro il Venezuela potrebbe verificarsi molto presto”. Di fronte alla presunta minaccia, Maduro ha avvertito che il Paese è “sempre più preparato” e che “se gli Usa attaccano, risponderemo”. Il leader venezuelano ha poi ricordato di disporre 5 mila missili antiaerei portatili di fabbricazione russa: “Qualsiasi forza militare al mondo conosce la potenza degli Igla-S, e il Venezuela ne possiede non meno di 5.000”, ha detto.

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Timori in America Latina

Anche la Colombia ha pubblicamente affermato che una guerra in America Latina potrebbe essere vicina. “La politica antidroga che gli Stati Uniti vorrebbero imporre alla Colombia ha la conseguenza immediata di una possibile invasione del Venezuela”, ha detto il presidente colombiano Gustavo Petro. Il Messico, nelle parole della presidente Claudia Sheinbaum, ha ammonito Trump a “non interferire in Venezuela”. Si tratta, ha aggiunto, “non solo di una convinzione personale”, ma anche nazionale, visto che la Costituzione messicana prevede “il rispetto per l'autodeterminazione dei popoli e proibisce interferenze e invasioni”.

Qual è l’obiettivo di Trump?

Secondo gli analisti internazionali, le operazioni della Cia in territorio venezuelano servirebbero a Trump per procedere con una soluzione più aggressiva della strada diplomatica ma più discreta dell'alternativa militare, che porterebbe a una condanna della comunità internazionale. Ma a quale scopo? Sempre secondo gli analisti, il fine supremo del tycoon sarebbe quello di estromettere Maduro, riconfermato a un terzo mandato dopo un voto assai contestato e protagonista di una feroce repressione degli esponenti politici di opposizione fatti sparire nelle celle dell'Elicoide, torturati, abusati o uccisi. All'intervento Usa - auspicando una “liberazione” - ha plaudito la leader dell'opposizione venezuelana, il Nobel per la Pace Maria Corina Machado, che vive in semi-clandestinità dalle elezioni del 28 luglio 2024.

 

Su Insider: Raid Usa nel Mar dei Caraibi: lotta al narcotraffico o pressione sul Venezuela?

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