Elezioni in Myanmar, ecco cosa può succedere nel Paese governato da una giunta militare
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La giunta militare che governa il Myanmar dal colpo di Stato del 2021 ha convocato le elezioni generali nel Paese, che si terranno in due fase distinte: la prima avrà luogo domani, 28 dicembre, mentre la seconda fase - durante la quale si voterà anche nella città di Yangon, la più importante e popolosa - si terrà l’11 gennaio. La giunta guidata da Min Aung Hlaing, che ha deposto il governo democraticamente eletto sostenuto dal partito di Aung San Suu Kyi, ha comunque dovuto ammettere che il voto - bollato come “farsa” dagli osservatori internazionali - non potrà tenersi in tutto il Myanmar: il Paese infatti è attanagliato da ormai 4 anni da una feroce guerra civile, con i ribelli in controllo di una parte del territorio.
Quello che devi sapere
Il colpo di Stato in Myanmar nel 2021
Il Myanmar è governato da una giunta militare dal 2021, quando un colpo di Stato guidato dall’esercito ha deposto il partito alla guida del Paese, la National League for Democracy. Oltre al presidente Win Myint, fu arrestata anche la consigliera di Stato e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Il colpo di Stato fu seguito prima da grandi manifestazioni e proteste di piazza, degenerate poco dopo in una aperta guerra civile.
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La guerra civile
La guerra civile tra le forze dell’esercito del Paese e la resistenza contro la giunta militare - composta da diverse formazioni - è ancora in corso. Dopo una prima fase di scontri, nel 2023 i ribelli hanno lanciato un’ampia offensiva che ha portato sotto il loro controllo una parte considerevole del Myanmar, in particolare buona parte dei confini terrestri del Paese. Nelle ultime settimane, però, l’inerzia della guerra sembra essere passata dalla parte della giunta: come riporta Reuters, infatti, una combinazione di nuove tattiche militari tramite droni e “maree umane” di soldati lanciati all’attacco stanno permettendo al governo di recuperare parte del terreno perduto negli ultimi anni.
Il “voto farsa” del 28 dicembre
È in questo contesto che il 28 dicembre è in programma la prima fase delle elezioni presidenziali. Si tratta, riporta ancora Reuters, di “un voto bollato come farsa dai Paesi occidentali, dalle Nazioni Unite e dai gruppi in difesa dei diritti umani”. Secondo quanto comunicato in ottobre dalla rappresentante speciale per i diritti umani dell’Unione europea, Kajsa Ollongren, l’Ue non ha inviato osservatori per le elezioni in Myanmar perché è improbabile che forniscano un risultato credibile: "Le definirei elezioni sponsorizzate dal regime. E se sono sponsorizzate dal regime, possono portare a un solo risultato", aveva detto.
La posizione delle Nazioni Unite
Più di recente Jeremy Laurence, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha descritto il voto del 28 dicembre come un’elezione controllata dai militari e condotta in un ambiente “pieno di minacce e violenza”, dove è attivamente repressa la partecipazione politica. Infatti nel Paese, riporta ancora l’Onu, i più importanti partiti politici sono stati esclusi dalla vita pubblica e più di 30mila oppositori del regime - tra cui membri del governo eletto nel 2020 - sono stati arrestati dal colpo di Stato avvenuto nel 2021. "Lungi dall'essere un processo che potrebbe guidare una transizione politica dalla crisi alla stabilità e il ripristino di un governo democratico e civile, questo voto sembra quasi certamente destinato a radicare ulteriormente insicurezza, paura e polarizzazione in tutto il Paese", ha affermato Laurence. "La massima priorità deve essere porre fine alla violenza e garantire il flusso di aiuti umanitari".
L’allarme per la situazione umanitaria
James Rodehaver, a capo del team dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani in Myanmar, ha detto che ci sono preoccupazioni legate all’uso del sistema di voto solamente elettronico: questo infatti è stato introdotto insieme a un’espansione della sorveglianza, realizzato con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e del tracciamento biometrico. Inoltre anche l’accesso agli aiuti umanitari sta diminuendo, poiché i civili vengono costretti a tornare nei loro villaggi per votare anche se questi si trovano in zone coinvolte dalla guerra civile. E ancora, rimangono in carcere circa 23mila persone “che non avrebbero dovuto essere arrestate”, ha aggiunto Rodehaver.
Le parole del segretario generale Guterres
Le Nazioni Unite hanno denunciato come il governo stia presentando queste elezioni come un segno che la crisi si sta risolvendo, nonostante il segretario generale dell’Onu Guterres abbia chiarito ad ottobre che tenere elezioni in queste circostanza “rischia di aumentare l’instabilità” del Paese. “Penso che nessuno creda che quelle elezioni siano libere e democratiche”, ha detto ancora Guterres a fine ottobre, a margine dell’ASEAN summit.
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