Come difendere i diritti delle bambine: l'intervista ad Action Aid Italia

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Matrimoni forzati, mutilazioni genitali, gravidanze precoci, sono solo alcune delle violenze che milioni di bambine oggi continuano a subire. L’organizzazione, che opera in più di 70 paesi, è impegnata a contrastare questi e altri fenomeni intervenendo sulle cause più che sulle conseguenze e promuovendo i diritti fondamentali delle persone

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A cura di Mirea D'Alessandro

 

Oggi, sabato 11 ottobre, è la “Giornata internazionale delle bambine”. Istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 19 dicembre del 2011 per concentrare l’attenzione sui diritti delle più piccole e sulla necessità di promuoverne l’emancipazione, questa giornata ci ricorda che la strada da percorrere affinché si possa parlare di uguaglianza di genere, è ancora molto lunga. È innegabile che negli ultimi 15 anni siano stati fatti importanti progressi in relazione alla tutela dei diritti fondamentali delle bambine, ma, i casi di violenza fisica e psicologica registrati nei loro confronti restano ancora molto alti. Matrimoni forzati, mutilazioni genitali, gravidanze precoci, sono solo alcuni dei soprusi che milioni di minorenni continuano a subire. Oggi però, organizzazioni come Action Aid lavorano per garantire loro un futuro migliore, operando sul campo e intervenendo sulle cause più che sulle conseguenze. 

Mutilazioni genitali, matrimoni forzati, gravidanze precoci: i dati

I tre fenomeni - mutilazioni genitali femminili, matrimoni forzati e gravidanze precoci - sono interconnessi tra loro e, nonostante l’idea comune in merito, sono diffusi a livello globale. “Ci sono però delle aree del mondo in cui i numeri sono più alti rispetto al resto. Com’è il caso dell’Africa subsahariana e dell’Asia meridionale. Paesi come il Bangladesh e l’India hanno tassi molto alti anche in termini assoluti, parlando invece quando si parla di Africa subsahariana, impossibile non citare Nigeria, Etiopia ed Egitto”, evidenza Paola Maceroni, responsabile sostenitori di Action Aid. “In totale nel mondo sono circa 640 milioni le donne e le ragazze che nella loro vita hanno subito un matrimonio precoce e quindi sono state costrette a sposarsi quando erano ancora bambine”. Più di mezzo miliardo di persone. In questo scenario è importante, tuttavia, sottolineare che negli ultimi decenni i numeri sono migliorati: “Mentre adesso una bambina su cinque è costretta a sposarsi, dieci anni fa questa percentuale era di una su quattro”. I processi di sviluppo però, sono stati disomogenei e su questi hanno impattato anche le crisi degli ultimi anni: quella economica, quella climatica, ma anche quella sanitaria che, con il COVID ha attraversato tutto il globo terraqueo. “Il quadro internazionale dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sottoscritta da 193 paesi nel 2015, ha tra gli obiettivi quello di raggiungere l'uguaglianza di genere e l’empowerment femminile ma è chiaro che questo sarà disatteso perché i numeri sono ancora troppo alti”, spiega Maceroni. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale per la sanità, nei Paesi a medio e medio-basso reddito, ogni anno sono circa 21 milioni le giovani donne di età compresa tra i 15 e i 19 anni che rimangono incinte, inoltre, la stessa organizzazione ha evidenziato che il rischio di morte materna per una minore è cinque volte maggiore rispetto alle donne adulte. In merito alla mutilazione genitale femminile, l’OMS attraverso la comparazione di oltre 75 studi condotti in circa 30 Paesi ha evidenziato che questa pratica colpisce circa 230 milioni di donne e ragazze.

 

Come contrastare i fenomeni partendo dalle cause

Oltre alla discriminazione di genere, un’altra causa che è alla base dei tre fenomeni è l'estrema povertà delle famiglie che vivono nei paesi in via di sviluppo più colpite. “Quando entriamo in contatto con i genitori delle bambine che vengono date in sposa anche a 12 anni, per alcuni di loro il matrimonio è visto come un meccanismo di sopravvivenza. Capita spesso che le famiglie siano molto numerose e i genitori non riescono a mantenere tutti i figli”, sottolinea Maceroni. “In molti casi il matrimonio è visto come una forma di salvezza per le figlie perché il marito viene scelto anche e soprattutto per la sua influenza o le sue ricchezze in modo che possa garantire un sostentamento concreto”. Affinché sia raggiunta l’emancipazione, è necessario che l’intervento delle organizzazioni preveda delle strategie di lungo periodo che siano concrete e sostenibili e che intervengano sulle cause più che sulle conseguenze. Un punto che tiene a sottolineare Maceroni è che “per i genitori la scelta di dare in sposa la propria figlia è straziante. Ci tengo sempre a sottolinearlo perché una madre e un padre che si trovano a dover decidere di far sposare una bambina non lo fanno a cuor leggero ma a volte è l’unica possibilità che vedono per il suo futuro”. In questi scenari, “la chiave è costruire delle fondamenta affinché i genitori possano mantenere tutti i figli, investendo anche nell’istruzione delle figlie femmine per garantire loro indipendenza economica”. Solo così può innescarsi un ciclo virtuoso che permetta ai figli di avere accesso al mercato del lavoro e di guadagnare un reddito da portare in famiglia. “Per poter cogliere i problemi da affrontare serve continuità temporale. Rispetto a come identificare le aree di intervento, invece, non c’è un metodo specifico. Action Aid Italia che fa capo ad Action Aid collabora con le altre sezioni locali che identificano i casi in cui ci sono stati aumenti di matrimoni precoci o mutilazioni genitali e pian piano, collaboriamo per poter formulare interventi adeguati”.

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Le leggi e le norme consuetudinarie

“A livello legislativo, quasi tutti i paesi hanno delle norme specifiche oppure degli articoli sanciti dalla Costituzione che vietano il matrimonio dei minori. Il problema, però, è nella loro applicazione perché molto spesso prevalgono le tradizioni e le leggi consuetudinarie che in alcuni casi sono religiose”, dice ancora Maceroni. A livello internazionale invece, oltre all'Agenda 2030 delle Nazioni Unite è stata anche firmata e ratificata la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell’adolescenza che riconosce a tutti i minorenni dei diritti fondamentali, civili, sociali, politici, culturali ed economici. La Convenzione è il trattato in materia di diritti umani con il più alto numero di ratifiche: oggi sono 196 gli Stati che si sono vincolati giuridicamente al rispetto dei diritti in essa riconosciuti. Considerati i contesti asiatici e africani come quelli dove i tre fenomeni - in termini generali - sono più diffusi, è importante sottolineare che è “nelle comunità rurali che è più difficile contrastarli perché lì, molto spesso, la legge non è conosciuta”. Le famiglie che vivono fuori dai centri urbani, infatti, soprattutto nei contesti in via di sviluppo, non conoscono le leggi che tutelano i diritti delle bambine e che garantiscono la punizione di chi promuove questo tipo di tradizioni. Sia a livello nazionale che internazionale. “Il nostro è un lavoro che coinvolge la sfera normativa e per questo promuoviamo diverse campagne di sensibilizzazione durante i nostri progetti proprio per far conoscere le leggi e per fare in modo che vengano applicate. Spesso accade infatti che le debolezze dei sistemi normativi, disincentivi le donne a segnalare le violenze subite”. 

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I progetti di Action Aid

Action Aid promuove progetti in 71 paesi e collabora a livello locale, nazionale e internazionale con le autorità statali, le organizzazioni e la società civile per far crescere lequità, sostenendo così chi vive in situazioni di povertà e marginalità. “Non ci sono regole universali per tutti i progetti perché ogni contesto ha le sue specificità. Tutti però hanno una durata minima di 7 anni perché l’obiettivo è intervenire su pratiche radicate nelle comunità e nelle società in cui operiamo”. Per poter modificare delle consuetudini che costituiscono evidenti violazioni dei diritti umani e che si tramandano da generazione in generazione, è importante fare anche un lavoro di sensibilizzazione che duri nel tempo e che coinvolga tutti gli attori: dalla famiglia alla scuola. “In questi processi le insegnanti donne, per esempio, hanno un ruolo fondamentale perché possono rappresentare un modello a cui le studentesse possono aspirare e perché possono incentivarle a conoscersi, confrontarsi e sostenersi a vicenda”. Da qui può innescarsi un meccanismo di protezione che va oltre una singola classe e che arriva poi a tutta la comunità. In questo senso le scuole rappresentano un luogo chiave. “Operare per lunghi periodi di tempo ci permette di creare un rapporto di fiducia con le comunità, con le famiglie e con tutti le persone coinvolte a vario titolo, ma anche con i centri sanitari di quella comunità, con i centri antiviolenza e le istituzioni che sono sempre presenti”. 

 

Storie dal campo

  • In Nigeria “nel 2023 i colleghi che operano sul campo hanno iniziato a segnalare un numero sempre crescente di spose bambine che durante il matrimonio - avendo subito rapporti sessuali con uomini molto più grandi di loro e avendo dovuto sostenere gravidanze precoci - hanno sviluppato una patologia causata da una lacerazione nel canale uterino: la fistula ostetrica”. In alcuni di questi casi, però, anche per il fatto che molti medici locali si sono rifiutati di curarle, le patologie si sono cronicizzate e le donne - che soffrivano anche di incontinenza - sono rimaste invalide per tutta la vita. “Le ragazze venivano spesso isolate dalla famiglia e dalla società e sono stati registrati anche casi di suicidio causati proprio dello stigma sociale”. Così, dopo mesi di confronto, è nato un progetto che ha reso possibile la realizzazione di un reparto nell'ospedale di Abuja in Nigeria che è adibito proprio alla cura di ragazze con fistula ostetrica.
  • In Ghana, colleghi della sezione locale hanno iniziato a denunciare che molte ragazze venivano rapite durante il loro tragitto verso la scuola e date in moglie. Questo accadeva soprattutto durante la stagione delle piogge perché l’erba era più alta ed era più semplice rapirle. “In alcuni contesti è molto più comune di quanto si pensi: una bambina viene prescelta da un uomo e poi rapita per essere data in moglie. In questo caso, ad esempio, abbiamo realizzato un progetto che prevedeva la fornitura di biciclette per le ragazze che sarebbero così potute andare a scuola molto più serenamente in molto meno tempo. Il progetto ha generato effetti positivi sia sulla frequenza scolastica che sulla riduzione dell’incidenza dei rapimenti. 

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ActionAid Italia

ActionAid Italia si occupa di proteggere e promuovere i diritti fondamentali delle persone. Attraverso i suoi progetti, l'organizzazione mira ad agire sulle cause di povertà e disuguaglianza e di tutto ciò che rappresenta una barriera al godimento dei diritti umani. L'ente madre è nato nel 1972 in Gran Bretagna e ha iniziato facendo sostegno a distanza. Nel tempo, grazie al sostegno dei suoi finanziatori e al successo dei primi progetti, si è evoluto diventando una vera e propria federazione. In Italia Action Aid è nata nel 1989 con l’obiettivo di mettere sempre al centro le persone, promuovendo spazi di partecipazione democratica e formando le persone in modo che nel lungo periodo possano portare avanti i progetti di cui necessitano. I contesti in cui l’organizzazione opera sono molto complessi e quindi "deve essere complessa anche la risposta in termini programmatici”.

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