India-Pakistan, tregua regge nonostante accuse violazioni. Papa: “Ci sia accordo durevole”

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Dopo che New Delhi e Islamabad si sono accusate a vicenda di violazioni della tregua, nelle ultime ore il cessate il fuoco tra i due Paesi sembra tenere, con notizie di cauta normalizzazione arrivate da più fronti. Il Pakistan ha espresso apprezzamento per il ruolo svolto dagli Usa e da altri "Stati amici" nel facilitare l’intesa. Il Congresso indiano, invece, avrebbe respinto la mediazione offerta da Trump. “Attraverso i prossimi negoziati si possa presto giungere a un accordo durevole", ha detto Leone XIV

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Sembra reggere la tregua tra India e Pakistan. Dopo che New Delhi e Islamabad si sono accusate a vicenda di violazioni della tregua, nelle ultime ore il cessate il fuoco tra i due Paesi - storici rivali - sembra tenere, con notizie di normalizzazione arrivate da più fronti. La tregua è stata accolta “con soddisfazione” anche dal nuovo Papa. "Ho accolto con soddisfazione l'annuncio del cessate il fuoco tra India e Pakistan e auspico che attraverso i prossimi negoziati si possa presto giungere a un accordo durevole", ha detto Leone XIV al Regina Caeli. Intanto, i due Paesi hanno reagito in modo diverso alla mediazione degli Usa.

La situazione

Il quotidiano Times of India ha riferito che la "situazione è normale a Srinagar, Akhnoor, Rajouri e Poonch, oltre che nella città di Jammum, il giorno dopo intensi bombardamenti dal Pakistan". Secondo la stessa fonte, nella notte tra il 10 e l'11 maggio non sono stati segnalati droni, spari e bombardamenti. L'Autorità aeroportuale pakistana (Paa) ha invece annunciato che lo spazio aereo del Paese è ora aperto a tutti i tipi di voli, secondo quanto riportato dal quotidiano Dawn. Un portavoce della Paa ha dichiarato che "tutti gli aeroporti del Paese sono disponibili per le normali operazioni di volo". Tuttavia, Dawn ha aggiunto che potrebbe essere necessario del tempo prima che le operazioni di volo tornino alla normalità, poiché alcuni aerei passeggeri e altre attrezzature erano stati trasferiti in luoghi sicuri come misura precauzionale durante le precedenti ostilità. Anche il sito di tracciamento Flightradar24 ha confermato in un post su X che lo spazio aereo in Pakistan è stato nuovamente riaperto.

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Gente cauta a Srinagar

A Srinagar, la città principale del Kashmir amministrato dall'India, è tornata la calma nelle strade. I negozi hanno iniziato a riaprire e la gente sta riprendendo le proprie abitudini, ma molti predicano prudenza. "Siamo cauti. Nessuno sa quanto durerà questo cessate il fuoco. Abbiamo avuto troppo caos negli ultimi giorni per fidarci facilmente", ha detto Muhammad Anas, un commerciante di alimentari a Hyderpora. I residenti erano stati per lo più confinati nelle loro case a causa dei raid aerei e dell'escalation delle tensioni negli ultimi giorni, con oltre quattro giorni consecutivi di bombardamenti. Dalle prime ore del giorno, la gente si è messa in fila fuori dai panifici e dai negozi, riprendendo le proprie abitudini.

Le accuse di violazioni

Nonostante questi piccoli passi avanti, non sono del tutto cessate le accuse di violazione del "cessate il fuoco immediato e totale", raggiunto grazie alla mediazione Usa. Dal Kashmir occupato dal Pakistan, due funzionari hanno riferito all'Afp di "scambi di fuoco intermittenti tra forze pakistane e indiane in tre punti lungo la Linea di Controllo (Loc)", il confine di fatto nella regione contesa. Islamabad "mantiene il suo impegno a implementare fedelmente" il cessate il fuoco e le sue forze armate stanno "gestendo la situazione con responsabilità e moderazione", ha risposto la diplomazia pakistana, accusando New Delhi di aver violato la tregua.

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La posizione del Pakistan

Il conflitto in Kashmir è da tempo un punto critico tra i due Paesi vicini, entrambi dotati di armi nucleari, con molteplici guerre e ripetute schermaglie lungo la Linea di Controllo dal 1947. Islamabad ha costantemente chiesto la mediazione internazionale, mentre Nuova Delhi sostiene che la controversia sia una questione bilaterale. In una dichiarazione ufficiale, Islamabad anche questa volta ha espresso apprezzamento per il ruolo svolto dagli Stati Uniti e da altri "Stati amici" nel facilitare l’intesa per il cessate il fuoco tra Pakistan e India. L'iniziativa, ha affermato il ministero, ha segnato un passo avanti verso "la de-escalation e la stabilità regionale". "Apprezziamo la disponibilità espressa dal presidente Trump a sostenere gli sforzi volti a risolvere la disputa sul Jammu e Kashmir", ha ribadito oggi il ministero degli Esteri pachistano, aggiungendo che qualsiasi accordo deve essere conforme alle pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e "garantire la realizzazione dei diritti fondamentali del popolo del Kashmir, incluso il suo inalienabile diritto all'autodeterminazione". La dichiarazione è arrivata in risposta a un messaggio pubblicato da Trump su X, in cui elogiava la leadership di Pakistan e India per "la forza, la saggezza e la fermezza" dimostrate nel fermare quella che ha descritto come "l'aggressione che avrebbe potuto portare alla morte e alla distruzione di così tante persone". "Lavorerò con entrambi i Paesi – ha scritto ancora Trump – per vedere se, dopo "mille anni", si possa giungere a una soluzione per il Kashmir".

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India respinge la mediazione di Trump

Dall’altra parte il Congresso indiano, secondo quanto riferito dal Times of India, avrebbe respinto la mediazione offerta da Donald Trump, dopo che nelle scorse ore il presidente Usa si è detto "molto orgoglioso" che l'India e il Pakistan abbiano accettato di cessare le ostilità, annunciando che gli Stati Uniti incrementeranno gli scambi commerciali con i due Paesi. In un post su X, il deputato del Congresso Manish Tewari ha scritto che "qualcuno nell'establishment degli Stati Uniti deve educare seriamente il proprio presidente che il Kashmir non è un conflitto biblico vecchio di 1000 anni. Tutto è iniziato il 22 ottobre 1947, 78 anni fa, quando il Pakistan ha invaso lo Stato Indipendente di Jammu e Kashmir, che successivamente è stato ceduto all'India in pieno dal Maharaja Hari Singh il 26 ottobre 1947, che comprende aree occupate illegalmente dal Pakistan fino a ora. Quanto è difficile afferrare questo semplice fatto?". Un altro deputato del Congresso Rajya Sabha, Jairam Ramesh, ha reagito alla proposta di Trump chiedendo di convocare una riunione di tutti i partiti sotto la presidenza del premier Narendra Modi. "Il Congresso Nazionale Indiano chiede ancora una volta che venga convocata una riunione di tutti i partiti sotto la presidenza del primo ministro e che si tenga una sessione speciale del Parlamento sulla questione di Pahalgam, l'Operazione Sindoor e la cessazione delle ostilità, annunciata prima a Washington Dc e successivamente dai governi di India e Pakistan, in modo che tutte queste questioni possano essere discusse in modo completo", ha detto Jairam. "Il Congresso Nazionale Indiano ritiene che la menzione di un ‘forum neutrale’ per il dialogo tra India e Pakistan da parte del Segretario di Stato americano Marco Rubio sollevi diverse domande: abbiamo abbandonato l'Accordo di Shimla? Abbiamo aperto la porta alla mediazione di terze parti? Il Congresso Nazionale Indiano vorrebbe chiedere se i canali diplomatici tra India e Pakistan sono stati riaperti. Quali impegni abbiamo chiesto al Pakistan e quali abbiamo ricevuto?", si è chiesto ancora il deputato.

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Intanto, secondo autorità indiane, il Pakistan la notte tra l'8 e il 9 maggio avrebbe sferrato un attacco su 36 obiettivi militari e civili in territorio indiano utilizzando circa 400 droni turchi. Le prime accuse sono arrivate dal colonnello dell'esercito indiano Sofya Qureshi, ma la conferma è giunta per voce di Vikram Misri, Segretario agli Esteri del governo di New Delhi. L'operazione lanciata dal Pakistan, oltre che una risposta alle azioni indiane, è sembrata un cavallo di Troia per testare le difese indiane e mapparne la distribuzione. A entrare in azione non sono stati infatti i droni turchi TB2 Bayraktar ma i Sonar prodotti dalla turca Asisguard. Droni non certo di ultima generazione, anzi addirittura 'sacrificabili'.

Le caratteristiche dei droni

Entrato nell'inventario dell'esercito turco nel 2020, questo velivolo senza pilota ha visto il proprio utilizzo sempre più ridotto, rimpiazzato da droni più moderni e performanti. Il Songar ha un'apertura alare di 1,4 metri, può pesare al massimo 45 kg (in base ad armamenti in dotazione) e ha un'autonomia di 35 minuti. Operativi in un raggio di pochi chilometri, possono però volare fino a tremila metri. Normalmente utilizzati con compiti di ricognizione, possono anche essere utilizzati per attacchi coordinati. In questo caso vengono dotati di artiglieria e un massimo di due bombe che possono colpire a una distanza massima di 450 metri. Caratteristiche descritte dalla stessa casa produttrice Asisguard, che specifica che con una diversa dotazione lo stesso Sonar può arrivare a lanciare fino a 8 granate ed essere utilizzato anche come drone kamikaze. L'utilizzo di droni di seconda classe nell'attacco lanciato dal Pakistan nell'area tra Leh e Sir Creek confermerebbe che l'operazione sia stata sferrata per colpire, ma anche testare le difese indiane.

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