
Introduzione
Continua la guerra commerciale tra Usa e Cina. Alle ore 12 locali (le 6 in Italia) sono entrate in vigore le tariffe ritorsive dell'84% imposte da Pechino, che non ha corretto al rialzo le sue aliquote in modo speculare a quanto fatto dal presidente Usa Donald Trump (QUI LA DIRETTA). Il tycoon infatti, nella giornata di mercoledì 9 aprile, aveva congelato le tariffe reciproche per 90 giorni su decine di Paesi mantenendo invece la pressione sul Dragone, con i dazi portati dal 104% al 145% , come chiarito da fonti della Casa Bianca a Cnbc.
Quello che devi sapere
La reazione cinese
- "Siamo cinesi. Non abbiamo paura delle provocazioni. Non cederemo", ha scritto su X la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Mao Ning, che pubblica un video datato febbraio 1953 con un estratto di un discorso Mao Zedong che, all'epoca della guerra di Corea, diceva che "non importa quanto durerà questa guerra ma non ci arrenderemo mai". E aggiungeva: "Combatteremo fino al trionfo completo".
- "Il dialogo ha principi e la consultazione ha un risultato finale. Non accetteremo mai pressioni estreme e bullismo da parte degli Stati Uniti", ha dichiarato la portavoce del ministero del Commercio cinese He Yongqian sugli ultimi sviluppi della guerra commerciale con gli Usa mettendo in guardia dalle conseguenze su scala globale della postura americana e invitando Washington a "incontrarsi a metà strada". Tuttavia, "se gli Stati Uniti insistono nel seguire la propria strada, la Cina li seguirà fino alla fine. Non c'è vincitore in una guerra commerciale e il protezionismo è una strada a senso unico", ha concluso.
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Anche la Cina interessata a un negoziato
- Al di là del durissimo botta e risposta tariffario, anche la Cina sembra puntare sul negoziato: a dispetto della contromossa di Pechino, "è importante sottolineare che le ritorsioni non sono l'obiettivo, ma lo strumento per spingere gli Stati Uniti a negoziare", ha osservato Henry Gao, tra i massimi esperti di commercio mondiale e di Wto della Singapore Management University, e per dire a tutti che Pechino "non ha paura degli Stati Uniti"
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L’importanza del mercato americano per Pechino
- I numeri dell'interscambio bilaterale segnalano infatti come Pechino non possa fare a meno del mercato a stelle e strisce. Secondo l'Ufficio del Rappresentante per il Commercio americano, gli Stati Uniti hanno esportato merci in Cina per 143,5 miliardi di dollari nel 2024, importandone invece per un valore di 438,9 miliardi
Le parti si siederanno per trattare?
- Quindi, la vera domanda è quando Trump e Xi andranno al tavolo negoziale. "Ci vorranno ancora diverse settimane", ha osservato una fonte diplomatica basata a Pechino coinvolta nelle questioni commerciali interpellata dall'ANSA, secondo cui "l'attuale difficoltà è riuscire a raffreddare le tensioni"
Relazioni peggiorate
- Da considerare però il peggioramento delle relazioni tra i due Paesi. La Cina ha rinfacciato ad esempio agli Usa gli "attacchi malevoli" sul Canale di Panama del capo del Pentagono Pete Hegseth, per il quale i cinesi mettono a rischio le operazioni della strategica via d'acqua che collega il Pacifico e l'Atlantico. Inoltre Amazon ha cancellato alcuni ordini di prodotti made in China provenienti da altri Paesi asiatici, mentre diverse società mandarine hanno sospeso gli ordini dagli Usa. Il Dragone ha poi emesso l'allerta per i turisti cinesi (e per gli studenti basati negli Usa), invitando a valutare i rischi dei viaggi negli Stati Uniti a causa "del deterioramento dei rapporti economici e commerciali e della situazione della sicurezza interna" in America
Lo scenario economico cinese
- Intanto, la leadership cinese serra i ranghi con un incontro di alto livello per definire le misure di rilancio dell'economia e di stabilizzazione dei mercati dei capitali, oltre che di ulteriore risposta a Trump. Gli economisti temono lo scenario da incubo per Xi: una minor crescita del Dragone nel 2025 pari all'1-2% del Pil a causa dei dazi
La stima di Goldman Sachs
- Una previsione non molto diversa da quella fatta da Goldman Sachs, che ha rivisto al ribasso le stime del Pil della Cina e le taglia dello 0,5% sia per il 2025 sia per il 2026, portandole, rispettivamente, al 4% e al 3,5%, nel mezzo dell'inasprimento della guerra commerciale con gli Stati Uniti. La banca d'affari americana, in report recenti, aveva avvertito di vedere pressioni verso il basso a causa dell'escalation tariffaria in corso con Washington. Ma oggi, riferisce Bloomberg, Goldman Sachs ha rimarcato che anche con "significative misure di allentamento" ipotizzabili nei prossimi mesi "è improbabile" che Pechino possa "compensare del tutto" l'impatto dei dazi americani saliti al 145%
La svalutazione dello yuan
- La Cina sta inoltre agevolando la svalutazione dello yuan, che scivola ai minimi dal 2007 sul dollaro mentre l'inasprirsi della guerra commerciale con gli Usa rischia di fiaccare la crescita del gigante asiatico. Lo yuan onshore ha toccato un minimo di 7,3518 sul biglietto verde prima di recuperare terreno sulle indiscrezioni che i leader di Pechino si riuniranno per discutere ulteriori misure di stimolo in risposta ai dazi di Donald Trump, riferisce Bloomberg. La Banca centrale cinese (Pboc) ha abbassato per sei giorni consecutivi, seppure moderatamente, il suo tasso di riferimento, a dimostrazione del fatto che la Cina punta su una graduale svalutazione della sua moneta per sostenere l'export
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