C'è attesa per il voto sulla mozione, che sarà discussa dall'Assemblée Nationale e raccoglierà anche i voti della gauche, ostile come l'estrema destra alla manovra finanziaria 2025. Con l'eventuale caduta del premier a rischio anche il futuro presidente Macron, che però replica: "Mie dimissioni? Fantapolitica". Il premier Barnier spera ancora in una marcia indietro dei partiti
Dopo appena due mesi al potere, il governo di Michel Barnier, 73 anni, sembra già giunto al capolinea, con un ultimo disperato appello del premier: "Non votate la mozione di sfiducia". Tutto è nelle mani di Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, che ha deciso di porre fine all’esperienza del premier votando insieme alla sinistra una mozione di sfiducia dopo la scadenza del suo ultimatum. Sarà discussa mercoledì dall’Assemblée Nationale. Anche la gauche è contraria alla manovra finanziaria per il 2025. Le critiche di entrambe le fazioni, estrema destra e sinistra, rendono quindi sempre più incerto il futuro dell'esecutivo. Nato a settembre dopo estenuanti trattative, l'esecutivo guidato dal Républicain aveva il compito di ridurre il debito colossale della Francia dinanzi al rischio di una crisi finanziaria sulla seconda economia della zona euro. Dal canto suo, il presidente Macron ha già detto che il suo mandato non è legato all'eventuale fine dell'esperienza di Barnier: "Mie dimissioni? Fantapolitica", ha commentato.
Il ricorso all'articolo 49.3 del premier
In risposta alla crescente pressione politica, Barnier ha fatto ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione francese, approvando la manovra senza passare per il voto parlamentare. "I francesi non ci perdonerebbero di mettere gli interessi particolari davanti all'avvenire della Nazione", ha dichiarato il premier, cercando di giustificare l'adozione forzata della legge per contrastare il deficit pubblico. "Siamo giunti a un momento di verità che pone ognuno dinanzi alle proprie responsabilità", ha aggiunto. Ma nonostante i tentativi di mediazione e i compromessi sulla linea del rigore economico, il destino del governo sembra segnato.
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Estrema destra ed estrema sinistra contro Barnier
Come da copione, in un clima più che mai incandescente nell'emiciclo del Palais Bourbon, la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon ha lasciato i banchi del parlamento annunciando la cosiddetta 'motion de censure' sostenuta dall'estrema destra. La vera cattiva notizia, per Barnier, è infatti che anche il Rassemblement National si unirà alle sinistre nello sgambetto al governo. "Non c’è via d'uscita per un governo che ricuce il filo con il macronismo, che rifiuta di prendere in considerazione l'emergenza sociale della fine del mese e che ignora la necessità di rilanciare la crescita. Il Rassemblement National voterà per la censura", ha scritto su X il presidente, Jordan Bardella, mentre la leader storica del partito, Marine Le Pen, ha annunciato che il Rn presenterà una propria mozione di sfiducia e voterà a favore di quelle presentate da altre forze politiche. A nulla sono servite le concessioni di Barnier, dallo stop all'aumento delle tasse sull'elettricità, al taglio agli aiuti medici di Stato agli stranieri: il Rn non ha voluto fare sconti sulle sue 'linee rosse'. All'ultima richiesta di Le Pen, l'indicizzazione di tutte le pensioni, Barnier non ha potuto cedere. ''Voteremo per le mozioni di censura e in primo luogo per la nostra'', ha tagliato corto Le Pen, precisando che quella del Rn è distinta da quella del Nuovo Fronte Popolare della gauche.
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I numeri della crisi
Il destino del governo, stando così le cose, sembra quindi molto vicino alla fine: i lepenisti dispongono di 124 deputati, a cui aggiungere i 16 repubblicani dell’ala di Eric Ciotti; la coalizione del Nfp, includendo Lfi, socialisti, ecologisti e comunisti, arriva a 192. Il totale è 332 voti, di gran lunga superiore ai 289 voti richiesti per la maggioranza semplice. Quella nei confronti di Barnier sarebbe la prima mozione di censura di un governo a essere approvata dai tempi di Georges Pompidou, nel 1962; e se Barnier dovesse interrompere anzitempo il mandato nei prossimi giorni, diventerebbe il primo ministro con il mandato più breve della Quinta repubblica (a oggi, 2 mesi e 27 giorni), prendendo il posto che ora è di Bernard Cazeneuve (che tra 2016 e 2017 fu premier per 5 mesi e 9 giorni).
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Incerto anche il futuro di Macron
Qualche ora in più di tempo per salvare, in extremis, una situazione che si preannuncia disperata. Barnier è atteso, tra l'altro, per una visita ufficiale a Palazzo Chigi proprio giovedì pomeriggio per incontrare la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. A questo punto la visita potrebbe saltare. Gli sviluppi di questa inedita situazione impongono di prendere in considerazione anche le dimissioni di Emmanuel Macron, qualcosa di ignoto nella Quinta repubblica ma un desiderio per il 52% dei francesi. Anche se questa ipotesi, come detto, è stata respinta dallo stesso presidente che l'ha bollata come "fantapolitica".
Mai come in questo periodo, il presidente in crisi si è tenuto distante dalla politica interna. Mentre la Francia annaspa, il capo dell'Eliseo è volato in visita di Stato in Arabia Saudita, per 3 giorni. Al suo ritorno, il governo Barnier potrebbe essere già un ricordo.