In Francia il Governo traballa, nuova crisi a Natale?

Altro che clima natalizio. “Ho ascoltato tutti, nella mia maggioranza e all’opposizione, e ho deciso di non aumentare le tasse sull’elettricità”. Nel pronunciare queste parole il primo ministro francese Michel Barnier ha l’aria di chi non è a proprio agio. Si leva e rimette gli occhiali, gesto che lo contraddistingue ma che sembra tradire un’incertezza. “Questo permetterà concretamente l’abbassamento del prezzo dell’elettricità del 14% dal 1 febbraio invece che del 9% come era stato previsto”, aggiunge. Ma perché l’annuncio sembra così sofferto? Il contesto è quello di una dolorosa battaglia sui conti francesi: settimane di work in progress per la definizione di una legge di bilancio 2025 che il nuovo Governo ha dovuto affrontare appena entrato a Palazzo Matignon. Governo che, ricordiamo, è frutto di lunghe consultazioni estive dopo le elezioni legislative anticipate indette dal Presidente Macron dopo la vittoria del Rassemblement National elle europee di giugno. Consultazioni che non avevano condotto ad alcuna maggioranza assoluta, ma soltanto a una maggioranza relativa costruita grazie all’accordo delle forze moderate interne al Parlamento e al “benestare” della destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella , senza il sostegno della quale la maggioranza - anche relativa - sarebbe venuta a mancare. Ed è proprio quello che potrebbe succedere entro Natale: nelle giornate in cui il Parlamento dovrà votare la legge di bilancio, ponendo la fiducia per questione di tempistiche, la sinistra minaccia di depositare una mozione di sfiducia. E il Rassemblement National di votarla. A meno che… A meno che il Governo non accetti di rivedere alcune misure andando in direzione delle richieste del partito. Come quella sull’elettricità: la richiesta era di non aumentare le tasse per i cittadini francesi. “Una linea rossa”, l’aveva definita il RN. Che Barnier ha deciso di rispettare, insieme alla promessa di rivedere al ribasso i benefici sanitari concessi ai cittadini stranieri irregolari in Francia per allontanare l’ipotesi di una sfiducia che porterebbe alle dimissioni del Governo per la seconda volta nel corso del 2024. E aprirebbe una nuova fase di pesante incertezza per la Francia. La concessione di Barnier non è stata, come prevedibile, apprezzata dalla sinistra parlamentare, che l’ha accusato di “essere pronto al disonore per evitare la sfiducia”. Ma il rischio non è scampato, per il Governo. Le richieste del partito di Le Pen sono altre ma soprattutto è il metodo che lascia presagire una grande incertezza. Di fatto, in più momenti nel corso delle prossime settimane il Governo si espone alla possibilità di “cadere” e dipende in questo dalla volontà di un partito che punta a vincere le prossime elezioni presidenziali, dopo essersi confermato in testa alle elezioni europee. L’occasione di una nuova crisi di Governo, così vicina alla precedente, potrebbe essere perfetta per un terremoto che - se da un lato rischia di spaventare i mercati e far “piombare la Francia in uno scenario catastrofico”, secondo le parole di Barnier - potrebbe avvantaggiare i partiti dell’opposizione, a cominciare dal Rassemblement National. E costringerebbe de facto, è il parere di alcuni analisti politici, Macron a mettersi in discussione fino alle dimissioni, fino ad ora sempre rinnegate. Sembrano ipotesi distanti dalla Francia “stabile” a cui ci siamo abituati in Europa, ma questa immagine è già ingrigita di fronte agli sviluppi dell’ultimo anno e all’enorme debito pubblico che il Paese sta cercando di smaltire. In fondo un ulteriore sviluppo politico “jamais vu” prima della fine dell’anno non è da escludersi.