Iran, il confronto Pezeshkian-Jalili in vista del ballottaggio

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Dopo la bassa affluenza che ha caratterizzato il primo turno elettorale, il candidato riformista e quello ultraconservatore si sfideranno il 5 luglio per capire chi sarà il successore di Raisi

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Sarà un ballottaggio a determinare, venerdì 5 luglio chi sarà il nuovo presidente dell'Iran. Succederà dopo che i due candidati più votati, il parlamentare riformista Masoud Pezeshkian e l'ex capo negoziatore sul nucleare, il conservatore Saeed Jalili, non hanno ottenuto la maggioranza utile a varcare la soglia del 50% dei consensi dopo la prima tornata elettorale, a seguito della quale Pezeshkian è risultato primo per numero di preferenze ma non ha ottenuto la maggioranza assoluta. L’esito del ballottaggio eleggerà così il successore dell’ultraconservatore Ebrahim Raisi, il presidente morto in un incidente aereo lo scorso 19 maggio.

Chi sono i due candidati alla presidenza

Dopo il primo turno, il dato più saliente emerso dalla prima tornata elettorale è stata la bassa affluenza alle urne: ha votato solo il 40% dei 61,452 milioni aventi diritto al voto, facendo segnare un record negativo dell'astensione che non si registrava dalla nascita della stessa Repubblica islamica nel 1979, otto punti sotto al precedente minimo storico del 48% delle presidenziali del 2021.  Il presidente della Commissione elettorale, Mohsen Eslami, nell'annunciare il record negativo dell'affluenza, aveva segnalato che Pezeshkian ha ottenuto in totale 10.415.991 voti mentre il secondo classificato, l'ultraconservatore Jalili, ne ha avuti 9.473.298,. Al secondo turno, ha reso noto il governo di Teheran, sarà il candidato presidenziale che otterrà almeno la metà più uno dei voti a prendere il posto di Raisi. Massoud Pezeshkian, 69 anni, chirurgo di professione, è membro del parlamento di Tabriz, la grande città dell'Iran nordoccidentale. E’ stato ministro della Sanità dal 2001 al 2005 nel governo riformista di Mohammad Khatami. In passato non ha esitato a criticare il governo durante il movimento di protesta radunatosi nelle piazze a seguito della morte di Mahsa Amini, la curdo iraniana, uccisa mentre era in custodia della polizia morale per non avere indossato correttamente l'hijab. Jalili, 58 anni, è considerato, come detto, un ultraconservatore ostile al riavvicinamento ai Paesi occidentali. E' uno dei due rappresentanti della guida suprema al Consiglio supremo di sicurezza nazionale. Veterano della guerra Iran-Iraq durante la quale gli fu amputato un piede, ha condotto i negoziati sul nucleare iraniano dal 2007 al 2013.

Il dibattito ed il ruolo del presidente

Niente censura sul web e no all'applicazione rigorosa delle norme sul velo. Questi i temi su cui si cementa la campagna elettorale di Pezeshkian. "Il governo non dovrebbe intervenire nella questione dell'hijab", ha riferito in un messaggio pubblicato sul web in cui parla di una "questione culturale e razionale". Aggiungendo che "se diciamo alla polizia e alla magistratura di rivolvere il problema, creiamo ancor più problemi". Intanto sia Pezeshkian sia Jalili si sono confrontati e si confronteranno ancora, prima del verdetto finale, in un dibattito televisivo per argomentare le proprie idee politiche e convincere gli iraniani a farsi votare. Sebbene il presidente della Repubblica dell'Iran abbia poteri limitati, è capo del governo, ed è responsabile dell'applicazione delle principali linee politiche fissate invece dalla guida suprema l'ayatollah Ali Khamenei, la scelta di designarlo ha una portata politica significativa. Questo perché l'Iran riveste da anni ormai un ruolo da protagonista nel contesto mediorientale, al centro di diverse crisi geopolitiche, partendo dalla guerra di Gaza e arrivando alla questione nucleare, e le decise divisioni interne, tra moderati, riformisti e conservatori, hanno un peso sostanziale negli equilibri dell'area.

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