Elezioni in Iran, i candidati e lo scenario politico dopo la morte di Raisi

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Le elezioni presidenziali si terranno venerdì 28 giugno in un contesto di crescente malcontento interno, apatia degli elettori e turbolenze regionali dovute alla guerra tra Israele e Hamas. Ecco chi sono i sei candidati, cinque conservatori e un riformista, che si contendono la presidenza

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Iran verso il voto. Le elezioni presidenziali si terranno venerdì 28 giugno, un anno prima del previsto, a causa della morte del presidente ultraconservatore Ebrahim Raisi in un incidente aereo lo scorso 19 maggio. Questo evento imprevisto ha catapultato il Paese in una fase elettorale cruciale in un contesto di crescente malcontento interno, apatia degli elettori e turbolenze regionali dovute alla guerra tra Israele e Hamas.

La selezione dei candidati

Il Consiglio dei Guardiani, organismo dominato dagli ultraconservatori che seleziona gli idonei alla corsa elettorale, ha approvato solo 6 degli 80 candidati registrati: quasi tutti conservatori con forti posizioni anti-occidentali. Il campo riformista è rappresentato da un solo candidato, il parlamentare Masoud Pezeshkian.  Fra gli scartati c'è nuovamente l'ex presidente conservatore Mahmud Ahmadinejad, già escluso dalle presidenziali del 2017 e 2021, oltre all'ex presidente del Parlamento Ali Larijani, considerato un moderato.

Il contesto politico e sociale

Le elezioni si svolgono in un momento di forte sentimento antigovernativo e tensioni internazionali con Stati Uniti e Israele. L'economia iraniana è in crisi, con un diffuso malcontento popolare e una feroce repressione del dissenso. Almeno nove giovani sono stati giustiziati per aver partecipato alle proteste del movimento “Donna, vita, libertà” nel 2022. Gli elettori sono disillusi da un sistema percepito come sempre meno inclusivo, truccato e incapace di migliorare le loro vite. Nelle ultime elezioni presidenziali del 2021, l'affluenza era stata del 48,8%, la più bassa dalla Rivoluzione islamica del 1979. La Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, ha sollecitato una forte partecipazione al voto, mentre figure come la Nobel per la pace 2023 e attivista in carcere Narges Mohammadi, hanno invitato al boicottaggio, definendo le elezioni "illegali".

I dibattiti

In vista delle elezioni i sei candidati hanno tenuto diversi dibattiti televisivi, durante i quali hanno tutti promesso di affrontare le sfide economiche che affliggono il Paese. Alcuni di loro hanno anche espresso critiche inedite verso il governo, anche se molti osservatori le considerano tentativi di dare un'apparenza di libertà alla consultazione e di incentivare la partecipazione elettorale. Pezeshkian (riformista) è stato l'unico a toccare il tema della polizia morale, che tra le altre cose impone l'obbligo del velo per le donne, dichiarandosi "contrario". Tuttavia, sebbene i candidati abbiano potuto criticare il sistema, i media sono stati soggetti a una stretta sorveglianza. In questo mese sono stati arrestati due giornalisti noti, Yashar Soltani e Saba Azarpeik, a causa delle loro inchieste su casi di corruzione che coinvolgono funzionari governativi, in particolare il candidato conservatore Qalibaf.

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Vehicles move past a billboard displaying the faces of the six candidates running in the upcoming Iranian presidential election in the Iranian capital Tehran on June 16, 2024. (Photo by ATTA KENARE / AFP) (Photo by ATTA KENARE/AFP via Getty Images)
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I tre candidati ultraconservatori

Sei candidati, cinque conservatori e un riformista, si contendono la presidenza. Il campo ultraconservatore è rappresentato da Said Jalili, Alireza Zakani e Amir-Hossein Qazizadeh Hashemi. Jalili, 58 anni, soprannominato il "martire vivente”,  è noto per la sua opposizione ai negoziati sul nucleare e per aver perso una gamba durante la guerra Iran-Iraq. Membro del Consiglio per il discernimento, è considerato uno dei politici più oltranzisti del Paese ed è uno dei due favoriti alla presidenza: dopo aver fallito le corse alla presidenza del 2013 e del 2021, quest’anno potrebbe contare sull'appoggio di alcuni dei più stretti collaboratori di Raisi. Zakani, classe 1966, ex sindaco di Teheran, è conosciuto come il "carro armato rivoluzionario" per la sua retorica aggressiva e la repressione dell'hijab. È soggetto a sanzioni da parte del Regno Unito per aver commesso gravi violazioni dei diritti umani ed è tra i principali critici dei negoziati con le potenze occidentali sul programma nucleare iraniano. Hashemi, 53 anni, medico, ex parlamentare ed ex primo vicepresidente, ha guidato la Fondazione per gli affari dei martiri e dei veterani (su nomina di Raisi), soggetta a sanzioni per aver indirizzato risorse finanziarie verso organizzazioni come Hezbollah.

Gli altri 3 candidati

Mohammad-Bagher Qalibaf e Mostafa Pourmohammadi rientrano nell’ala dei conservatori ritenuti pragmatici o moderati, come riporta il sito Amwaj. Il primo, classe 1961, è alla sua quarta candidatura presidenziale ed è il grande favorito di queste elezioni. Ex sindaco di Teheran, ex comandante dei pasdaran durante la guerra Iran-Iraq e capo della polizia, è coinvolto in scandali di corruzione, ma gode di ampio supporto: è appoggiato dai pasdaran, ha rapporti con la cerchia ristretta della Guida Suprema, Ali Khamenei, e gode di sostegno anche tra i centristi. Pourmohammadi, 64 anni, è l'unico religioso ammesso. Ex ministro della Giustizia, è stato membro (insieme a Raisi) del “Comitato della morte" che ha approvato l'esecuzione di migliaia di prigionieri politici alla fine degli Anni '80. Non ha molte chance di vittoria ed è stato squalificato quest'anno dalle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea degli Esperti, l'organo che sceglierà il successore della Guida Suprema. L’unico esponente riformista ammesso alla corsa è Masoud Pezeshkian. 70enne, parlamentare da due decenni, la sua candidatura si rivolge, oltre ai moderati e ai riformisti, anche alla più grande minoranza del Paese, i circa 18 milioni di azeri. Critico verso il governo, anche sulla questione dell'hijab obbligatorio, sostiene il Jcpoa (l'accordo sul programma nucleare iraniano) e ha nominato Javad Zarif come consigliere per la politica estera. Medico ed ex ministro della Sanità ha promesso di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti, accusando i suoi rivali conservatori di aver rovinato l'economia, non facendo abbastanza per rilanciare il Jcpoa.

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