Ucraina, tensioni per le parole del Papa sulla "bandiera bianca": cos’è successo

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In un’intervista alla Radiotelevisione svizzera il Pontefice ha lanciato un appello a Kiev perché abbia "il coraggio della bandiera bianca" e negozi la pace con la Russia per far cessare la guerra. Parole che non sono piaciute al presidente Zelensky, così come agli Stati Uniti e al cancelliere tedesco Olaf Scholz. Secondo Mosca invece il Santo Padre parlava all'Occidente che usa l'Ucraina come "uno strumento" per le sue "ambizioni"

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Continua a far discutere l'appello lanciato da Papa Francesco all’Ucraina perché abbia "il coraggio della bandiera bianca" e negozi la pace con la Russia, accettando un compromesso per la fine delle ostilità. Parole che il Pontefice ha detto alla tv svizzera e che sembrano aver allargato ancora di più il divario fra il governo di Volodymyr Zelensky e la Santa Sede. Sin dall'inizio della guerra non è mancato lo scontro dell’esecutivo di Kiev e la chiesa locale con il Vaticano in merito agli appelli a scegliere la via del dialogo, e lo stesso Zelensky ha sempre derubricato il ruolo della Santa Sede solo a questioni di carattere umanitario. Nei mesi scorsi il cardinale Zuppi ha provato a muoversi fra Ucraina e Russia alla ricerca di uno spiraglio di dialogo, ma senza successo.

Cos’ha detto Papa Francesco

"È più forte chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca", e "quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare. Hai vergogna, ma con quante morti finirà?", ha detto il Papa in un'intervista con la Radiotelevisione svizzera che andrà in onda il 20 marzo, di cui l'Ansa ha diffuso le anticipazioni il 9 marzo. Il Pontefice ha poi invitato a "guardare la storia: le guerre che abbiamo vissuto, tutte finiscono con l'accordo. Oggi si può negoziare con l'aiuto delle potenze internazionali. La parola negoziare è coraggiosa". Poi ha aggiunto che serve "negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore. Nella guerra in Ucraina ce ne sono tanti, la Turchia si è offerta, e altri. Non abbiate vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggiore. Il negoziato non è mai una resa. È il coraggio per non portare il Paese al suicidio. Gli ucraini, con la storia che hanno, poveretti, gli ucraini al tempo di Stalin quanto hanno sofferto".

La precisazione del Vaticano

Un primo chiarimento della sala stampa vaticana è arrivato il giorno stesso, con il direttore Matteo Bruni che ha voluto porre l'accento e precisare: "Il Papa usa il termine bandiera bianca, riprendendo l'immagine proposta dall'intervistatore, per indicare la cessazione delle ostilità, la tregua raggiunta con il coraggio del negoziato", ha spiegato, sottolineando che "riferendosi a ogni situazione di guerra, il Papa ha affermato chiaramente: 'il negoziato non è mai una resa'".

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La reazione di Zelensky

Il giorno successivo  a rispondere al Papa è stato il presidente Zelensky: "Ringrazio ogni cappellano ucraino che è nell'esercito, nelle Forze di Difesa. Sono in prima linea, proteggendo la vita e l'umanità, sostenendo con la preghiera, il dialogo e le azioni. Questo è ciò che è la Chiesa: sta insieme alle persone, non da qualche parte, a duemilacinquecento chilometri di distanza, mediando virtualmente tra qualcuno che vuole vivere e qualcuno che vuole distruggerti". "Gli assassini e i torturatori russi non si spostano verso l'Europa solo perché sono trattenuti dagli ucraini con le armi e sotto la bandiera blu e gialla", ha aggiunto il presidente ucraino.

Le repliche dall’Ucraina

"La nostra bandiera è gialla e blu. Questa è la bandiera con la quale viviamo, moriamo e vinciamo. Non alzeremo mai altre bandiere", ha scritto su X anche il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. Poi ha aggiunto: "Ringraziamo Sua Santità Papa Francesco per le sue costanti preghiere per la pace, e continuiamo a sperare che dopo due anni di guerra devastante nel cuore dell'Europa, il Pontefice trovi l'opportunità di compiere una visita apostolica in Ucraina per sostenere oltre un milione di ucraini cattolici, oltre cinque milioni di greco-cattolici, tutti cristiani e tutti ucraini". Mentre l'ambasciata ucraina presso la Santa Sede ha scritto sui social: "È molto importante essere coerenti! Quando si parla della terza guerra mondiale, che abbiamo ora, è necessario imparare le lezioni dalla seconda guerra: qualcuno allora ha parlato seriamente dei negoziati di pace con Hitler e di bandiera bianca per soddisfarlo? Quindi la lezione è solo una: se vogliamo finire la guerra, dobbiamo fare di tutto per uccidere il Dragone!". Ieri Kiev ha poi convocato il nunzio apostolico Visvaldas Kulbokas al ministero degli Esteri per esprimergli "delusione".

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Mosca: "Il Papa parla all'Occidente, non a Kiev"

Non sono mancate le reazioni dalla Russia. Se per il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov l’appello del Papa "è abbastanza comprensibile", secondo la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, il Pontefice si è rivolto non a Kiev ma all'Occidente, che usa l'Ucraina come "uno strumento" per le sue "ambizioni". "Noi non abbiamo mai bloccato i negoziati - ha affermato Zakharova - Ogni esperto, ogni politico, ogni diplomatico oggi capisce" che la situazione in Ucraina "è in un vicolo cieco" e per questo "molti diplomatici e Paesi stanno chiedendo negoziati". Secondo Zakharova, "il progetto Ucraina" degli Usa, della Gran Bretagna e dei Paesi della Nato in generale, "è fallito". Un progetto avviato nel 2014 "sotto la bandiera della democrazia" ma che in realtà è stato "un colpo di Stato, un cambiamento di regime anticostituzionale" a Kiev. La portavoce ha ricordato i negoziati tra Russia e Ucraina nella primavera del 2022 a Istanbul, che poi furono bloccati. Solo nel 2023, ha aggiunto, in seguito a interviste di esponenti ucraini (in particolare l'allora capo negoziatore di Kiev, David Arakhamia, ndr) è stato chiarito che tali negoziati furono bloccati "sotto la pressione di Boris Johnson", allora primo ministro britannico. Poi, sotto la "pressione degli Usa", Zelensky firmò un decreto, ancora in vigore, che proibisce trattative con Mosca. Tutto questo perché, ha detto la portavoce della diplomazia russa, "nella mente dell'Occidente c'era una sola soluzione, la guerra". Così, ha aggiunto, "l'Ucraina è stata sacrificata come uno strumento". "Sfortunatamente - ha detto ancora Zakharova - hanno sacrificato il popolo ucraino, lo Stato ucraino e la pace del mondo solo per le loro ambizioni. Ecco perché oggi il Papa chiede a loro: 'mettete da parte le vostre ambizioni e ammettete che vi siete sbagliati'". Il Pontefice, secondo Zakharova, parla all'Occidente "perché tutti nel mondo capiscono che l'Ucraina non è indipendente, che il regime di Kiev è sotto la pressione dell'Occidente".

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Gli Stati Uniti schierati con Kiev

Un commento è arrivato anche dagli Stati Uniti, con un portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale che all’Ansa ha spiegato: "Il presidente Biden ha grande rispetto per Papa Francesco e si unisce a lui nelle preghiere per la pace in Ucraina che potrebbe essere raggiunta se la Russia decidesse di mettere fine a questa guerra ingiusta e non provocata e ritirasse le sue truppe dal territorio sovrano dell'Ucraina". "Sfortunatamente continuiamo a non vedere alcun segno che Mosca voglia mettere fine a questa guerra e per questo siamo impegnati a sostenere Kiev nella sua difesa contro l'aggressione russa", ha sottolineato il funzionario.

Scholz: "Non sono d'accordo con il Papa sull'Ucraina"

Poi il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha affermato di non essere d'accordo con le affermazioni del Papa. "Per quanto riguarda la guerra di aggressione russa contro l'Ucraina, la posizione della Germania è molto chiara", Kiev "ha il diritto di difendersi e può contare sul nostro sostegno in tal senso, con molte opzioni", ha detto Scholz parlando a Berlino e rispondendo in una conferenza stampa alla domanda su "come reagisce alle affermazioni del Papa". "Siamo in prima linea per quanto riguarda la portata e la qualità delle forniture di armi che diamo - ha aggiunto - Questo è anche giusto ed è per questo che, naturalmente, non sono d'accordo con la posizione citata".

Il chiarimento del segretario di Stato vaticano Parolin

L’ultimo intervento sul tema è un’intervista a Il Corriere della Sera nella quale il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, ha spiegato che "l'appello del Pontefice è che si creino le condizioni per una soluzione diplomatica alla ricerca di una pace giusta e duratura. In tal senso è ovvio che la creazione di tali condizioni non spetta solo a una delle parti, bensì ad entrambe, e la prima condizione mi pare sia proprio quella di mettere fine all'aggressione". "La Santa Sede - ha aggiunto - continua a chiedere il 'cessate il fuoco', e a cessare il fuoco dovrebbero essere innanzitutto gli aggressori, e quindi l'apertura di trattative. Il Santo Padre spiega che negoziare non è debolezza, ma è forza. Non è resa, ma è coraggio".

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