Topi e cimici, cibo "immangiabile" e anche secchiate d'acqua o la punizione della "fugda". È il drammatico racconto di Carmen Giorgio, intervistata da Massimo Gramellini, che ha condiviso la cella con Ilaria Salis in Ungheria. La donna ha parlato di una situazione che "niente ha a che fare con l'Unione Europea". "Fiducioso che ci possano essere passi avanti”, ha detto Roberto Salis in vista dell'incontro con i ministri
Condizione igieniche "disumane", topi e cimici, cibo "immangiabile" e anche punizioni come le secchiate d'acqua o la "fugda", che consiste nello stare rinchiusi in una gabbia montata in cella a guardare il soffitto tutto il giorno. È il drammatico racconto di Carmen Giorgio, la compagna di cella di Ilaria Salis in Ungheria, intervistata da Massimo Gramellini, nel programma 'In altre parole' su La7, che ha parlato di una situazione che "niente ha a che fare con l'Unione Europea".
Roberto Salis, il padre di Ilaria, domani sarà a Roma con i suoi legali per incontrare i ministri Antonio Tajani e Carlo Nordio e si dice "fiducioso che ci possano essere passi avanti”. Proprio domani il caso di Ilaria Salis sarà discusso anche al Parlamento europeo in seduta plenaria.
Il racconto
Carmen Giorgio, che si trovava a Budapest per una vacanza-lavoro, il 24 giugno del 2023 è stata accusata di traffico di esseri umani perché in macchina "avevo persone con passaporto non europeo. In Ungheria è un reato". In carcere ha condiviso la cella con Ilaria e altre 6 donne: "Siamo diventate amiche. Lei pensava di uscire presto perché è una cosa che non sta né in cielo né in terra". Descrivendo la vita in prigione, oltre a ricordare che a Ilaria è arrivato il pacco spedito da casa "dopo cinque mesi", ha raccontato che "passavamo in cella 23 ore su 24. C'era l'ora d'aria ma ci chiedevano di scegliere tra l'aria e la doccia". "Ilaria stava preparando il concorso per passare di ruolo e studiava ungherese, pensava che si sarebbero convinti al più presto di questo errore" che l'ha portata in un carcere dove le condizioni igieniche "erano disumane". La donna inoltre ha raccontato la punizione a cui è stata sottoposta con Ilaria e le altre compagne di cella a causa del comportamento di una di loro: "Secchiate d'acqua in cella dove poi ci facevano rientrare per pulire". "Psicologicamente eravamo a terra - ha concluso - Le dicevo: 'Ilaria difenditi, metti in mezzo i media' . E lei, 'no, non voglio rovinare i rapporti tra Italia e Ungheria. L'ultima volta l'ho vista a gennaio, qualche giorno prima di uscire, le ho detto 'Ilaria io ti aiuto ad uscire di lì, se devi pagare vieni in Italia".
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Nordio: “Dolore per Ilaria, si rispettino le norme europee”
"Profondo dolore e sorpresa", è quanto dice di aver provato, vedendo Ilaria Salis ammanettata in un'aula di tribunale, il ministro della Giustizia Carlo Nordio. "Le misure di contenzione non sono state abolite, ma sono un'eccezione - spiega poi Nordio in un'intervista alla Stampa - Sul punto la normativa europea, e quella italiana, sono chiarissime: l'imputato appare libero davanti al giudice, salvo che quest'ultimo non disponga misure coercitive, come appunto le manette o le tristissime gabbie, per sventare pericoli di fuga o di violenze". E sottolinea: "Nel caso di Ilaria Salis non mi pare proprio che esistessero questi pericoli". Il guardasigilli poi spiega: "Finché dura il processo, la giurisdizione ungherese è sovrana. Né il governo ungherese né quello italiano possono intervenire". "Si può tuttavia operare sul fronte del trattamento penitenziario, affinché si rispettino le norme europee".
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“Agire con prudenza”
Secondo Nordio, "se si vuole realmente ottenere un risultato concreto, l'esperienza suggerisce di agire con prudenza, senza sollevare polemiche che potrebbero irritare la controparte, e sortire l'effetto contrario. È quello che sta facendo il collega Tajani e il nostro governo. Al padre di Ilaria ho personalmente spiegato tutto nell'incontro dello scorso 23 gennaio. A lui ho comunque assicurato il nostro supporto e tornerò domani a fargli il punto della situazione". Quanto alla situazione delle carceri italiane, il ministro della Giustizia afferma: "Il sovraffollamento dipende dalla sproporzione tra il numero dei detenuti e le carceri disponibili. Si può e talvolta si deve ricorrere alle misure alternative". Secondo Nordio, "occorre infine incidere sulla carcerazione preventiva, che per molti imputati, poi assolti, si è rivelata ingiustificata".