Elezioni Taiwan, cosa potrebbe succedere dopo il voto e il ruolo di Cina e Stati Uniti
Il 13 gennaio l’isola va alle urne per le presidenziali e il rinnovo del Parlamento. Secondo i sondaggi, i due principali sfidanti sono William Lai Ching-te - sostenitore di un allontanamento dalla Cina - e Hou Yu-ih, più favorevole a un dialogo con Pechino. Secondo gli esperti una vittoria del candidato progressista non sarebbe comunque abbastanza per scatenare un conflitto, ma potrebbe spingere Xi Jinping a una dimostrazione di forza sul lato economico
- Si svolgono domani, 13 gennaio, le elezioni presidenziali e per il rinnovo del Parlamento a Taiwan. I due grandi rivali sono William Lai Ching-te - candidato del Partito democratico progressista, attuale vicepresidente, favorito nei sondaggi e sostenitore di un allontanamento dalla Cina - e Hou Yu-ih, candidato del Partito nazionalista (Kmt), favorevole invece al dialogo con Pechino. Corre anche Ko Wen-je, ex sindaco di Taipei, come indipendente
- Secondo alcuni esperti, il voto di Taiwan potrebbe arrivare a intaccare il delicato equilibrio che c’è fra l’isola e la Cina. Lai ha accusato Pechino di usare "tutti i mezzi" per influenzare le elezioni ma ha assicurato: "Anche se siamo in prima linea nella difesa dei nostri valori contro l'autoritarismo, siamo determinati a tutelare la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan. La pace non ha prezzo e la guerra non ha vincitori"
- Per gli analisti una vittoria alle elezioni di William Lai Ching-te non sarebbe comunque abbastanza per spingere l’Esercito popolare cinese a invadere Taiwan. Tuttavia, quel che potrebbe accadere è che il presidente Xi Jinping decida di ribadire la sua forza ad esempio con dei blocchi navali a intermittenza, per mostrare la sua risolutezza all’uomo che Pechino ha definito un "piantagrane"
- Ma uno scenario incerto è anche quello che vede la vittoria di Hou Yu-ih. Pur essendo più aperto al confronto con Pechino, il partito a cui appartiene, il Kuomintang, ha storicamente un rapporto ambiguo con il Partito comunista cinese che è passato da alleato nel conflitto contro gli occupanti giapponesi a nemico nella guerra civile di Mao Zedong
- Tuttavia, nella convinzione che gli scambi intra-stretto possano dare dividendi economici e politici, l'impegno con la Cina è sempre stata la linea del Kmt: questo spiega perché Hou, per il quale "la pace è la nostra direzione e la democrazia la nostra bussola", ha proposto di rilanciare l'accordo commerciale sui servizi tra le due sponde dello Stretto, la cui opposizione popolare culminò nelle massicce proteste del "Movimento dei Girasoli" del 2014
- Ko Wen-je, fondatore del Taiwan People's Party, è il terzo incomodo che - pur sfavorito nei sondaggi - scompagina i campi "pan-Verde" (Dpp) e "pan-Blu" (Kmt): è un medico diventato politico, un outsider anti-establishment dai discorsi schietti ben accolti dai giovani. La sua politica con Pechino è seguire i principi di "deterrenza e comunicazione". Anche se la minaccia cinese ha il suo peso, le questioni relative a salari, carenza di alloggi a prezzi accessibili e scarse prospettive di carriera sono temi sensibili, soprattutto nell'elettorato giovanile
- Nel mezzo si trovano gli Stati Uniti, che con l’amministrazione di Joe Biden hanno più volte sostenuto l’indipendenza di Taiwan dalla Cina. Washington ha fatto sapere che invierà una "delegazione non ufficiale" sull’isola dopo le elezioni
- Una decisione accolta negativamente dalla Cina: Washington deve "astenersi dall'intervenire in qualsiasi forma nelle elezioni nella regione di Taiwan, per evitare di causare gravi danni alle relazioni sino-americane", ha detto la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning, ribadendo che Pechino "si oppone sempre con decisione a ogni forma di scambio ufficiale Usa-Taiwan"
- La Cina "esprime una ferma opposizione alle sfacciate chiacchiere degli americani sulle elezioni nella regione di Taiwan", ha tuonato ancora la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning, avvertendo e ricordando che Taipei "è la linea rossa numero uno che non deve essere oltrepassata nelle relazioni tra Cina e Usa"
- Il presidente Xi Jinping ha ripetuto nel messaggio alla nazione di fine anno che la "riunificazione è un processo inevitabile", spinto dalla durezza dei dati, stravolti in pochi anni: secondo i sondaggi diffusi dai media dell'isola, il 62% dei taiwanesi si dichiara "solo taiwanese", il 30% sia taiwanese sia cinese e soltanto un residuale 3% cinese. Mentre quasi il 90% vuole mantenere lo status quo, l'indipendenza di fatto