Israele, Corte Suprema annulla elemento chiave della riforma della giustizia di Netanyahu

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I giudici si sono espressi contro l’emendamento che di fatto annullava la “Clausola di ragionevolezza”. Esponenti del governo hanno reagito con foga contro la sentenza, trovando anche fuori luogo che sia uscita mentre il Paese è in guerra. Grande soddisfazione, invece, nel movimento popolare di protesta che per mesi era sceso in massa nelle strade per contrastare quello che riteneva un colpo di mano del Likud contro il regime democratico di Israele

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Severa battuta d'arresto per la riforma della giustizia lanciata un anno fa dal governo di Benjamin Netanyahu: la Corte Suprema israeliana ha deciso di annullare un elemento chiave, l'emendamento sulla cosiddetta “Clausola di ragionevolezza”, che il governo aveva qualificato come una “legge fondamentale”. I giudici si sono espressi contro l’emendamento, che di fatto annullava la Clausola. Esponenti del governo hanno reagito con foga contro la sentenza dei giudici, trovando in particolare fuori luogo che abbiano deciso di esprimere il loro parere mentre il Paese è in guerra (GLI AGGIORNAMENTI LIVE - LO SPECIALE). Grande soddisfazione, invece, nel movimento popolare di protesta che per mesi era sceso in massa nelle strade per contrastare quello che riteneva un colpo di mano del Likud contro il regime democratico di Israele.

La decisione dei giudici

Otto dei 15 giudici che hanno esaminato la questione si sono espressi contro quell'emendamento: secondo loro, deve essere annullato "in quanto esclude in maniera generale ogni critica giudiziaria della ragionevolezza di decisioni del governo, del primo ministro o di ministri”. Inoltre, a loro parere, rappresenta “un colpo duro e senza precedenti inferto alle caratteristiche essenziali dello stato d'Israele quale Stato democratico". Dodici dei 15 giudici, poi, hanno stabilito che la Corte Suprema ha la prerogativa di annullare una legge fondamentale: è lecito "in casi eccezionali ed estremi nei quali la Knesset abbia varcato i limiti della sua autorità prestabilita".

La riforma

La riforma della giustizia era stata lanciata un anno fa dal governo di Benyamin Netanyahu: secondo alcuni, rappresentava un tentativo di erodere le prerogative del potere giudiziario di fronte all'esecutivo e al potere legislativo, all'interno dei quali il Likud detiene un forte controllo. A luglio con quell'emendamento contro la “Clausola di ragionevolezza”- un testo di cinque righe - la Knesset aveva stabilito che la Corte Suprema non avrebbe potuto più sottoporre al criterio di "ragionevolezza" decisioni assunte dal governo, dal premier e dai ministri dell'esecutivo. Un anno fa proprio quel principio aveva determinato l'esclusione dal governo del leader del partito Shas Arieh Deri, dopo che i giudici avevano stabilito che sarebbe stato “irragionevole” affidargli la carica di ministro degli interni - come fortemente voluto da Netanyahu - in quanto condannato più volte per reati fiscali.

epaselect epa10945791 Israel's Prime Minister Benjamin Netanyahu addresses a press conference in The Kirya military base in Tel Aviv, Israel, 28 October 2023.  EPA/ABIR SULTAN / POOL

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Le reazioni

Dura la prima reazione del ministro della Giustizia Yariv Levin (Likud), l'ideologo della riforma giudiziaria del governo Netanyahu: "I giudici - ha detto - si sono arrogati tutte le prerogative, che in un regime democratico sono spartite in maniera equilibrata fra i tre poteri dello Stato". "Una situazione in cui non è possibile votare alla Knesset una legge fondamentale se non con il consenso della Corte Suprema - secondo Levin - priva i cittadini di Israele del diritto di partecipare alle decisioni del Paese". La presidente uscente della Corte Suprema Ester Hayut, invece, ha ribadito che l'organismo rappresenta in Israele l'unico baluardo contro il potere concentrato nel governo. L'annullamento della Clausola di ragionevolezza avrebbe rappresentato, ha aggiunto, "un duro colpo alla separazione dei poteri e allo stato di diritto: due delle caratteristiche più evidenti di Israele quale stato democratico". A parlare è stato anche Amir Ohana (Likud), presidente della Knesset e forte sostenitore della riforma giudiziaria voluta da Netanyahu: “È più che ovvio che la Corte Suprema non ha alcuna autorità di annullare una Legge fondamentale. È altrettanto ovvio che non potremo occuparci di questa faccenda fintanto che la guerra è in corso", ha detto. Analoga la posizione dell'ideologo del Likud, il ministro della Giustizia Yariv Levin, che da anni si batte contro "lo strapotere dei giudici" in Israele. "I giudici - ha dichiarato - si sono arrogati tutte le prerogative, che in un regime democratico sono spartite in maniera equilibrata fra i tre poteri dello Stato". La pubblicazione della sentenza in giorni di guerra, ha sottolineato, "è proprio l'opposto dello spirito di concordia che sarebbe opportuno in questo periodo". Levin ha assicurato che non abbandonerà la lotta che ha ingaggiato contro la magistratura: "Continueremo a operare con pacatezza e responsabilità". Governo e Corte Suprema, quindi, restano ai ferri corti, ma per ora il confronto è congelato.

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