Oslo, consegna del Premio Nobel per la Pace a Mohammadi per i diritti delle donne in Iran

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L'attivista iraniana si trova in carcere in Iran e alla cerimonia è stata rappresentata dai suoi figli Ali e Kiana Rahmani e dal marito Taghi Rahmani, sul palco è stata lasciata una sedia vuota. Il prestigioso riconoscimento le è stato conferito per la sua lotta contro l'oppressione delle donne in Iran, per i diritti umani e la libertà

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Il Premio Nobel per la pace 2023 è stato conferito a Narges Mohammadi. L'attivista iraniana per i diritti umani è detenuta nella prigione di Evin, a Teheran, per questo è stata rappresentata alla cerimonia a Oslo dai suoi figli Ali e Kiana Rahmani e dal marito Taghi Rahmani e sul palco è stata lasciata una sedia vuota. Il premio le è stato conferito per il suo impegno contro l'oppressione delle donne in Iran, per la difesa dei diritti umani e della libertà per tutti. Mohammadi in un messaggio ha condannato il "regime religioso tirannico e misogino" dell'Iran.

La consegna del premio Nobel ad Ali e Kiana Rahmani, figli di Narges Mohammadi
La consegna del premio Nobel ad Ali e Kiana Rahmani, figli di Narges Mohammadi - ©Ansa

Il messaggio di Mohammadi

"Il vostro supporto è significativo e potente e profondamente apprezzato", è l'inizio del discorso, scritto in francese, di Mohammadi, la cui prima parte è stata letta dalla figlia 17enne Kiana Rahmani. "Scrivo questo messaggio da dietro le alte, fredde mura di una prigione. Sono una donna mediorientale da una regione che, nonostante la sua ricca civilizzazione è intrappolata in guerra, dal fuoco del terrorismo e degli estremismi", afferma la Nobel per la Pace. La seconda parte è stata letta dal figlio Ali Rahmani: "Il movimento donna, vita, libertà ha accelerato il processo di transizione verso il raggiungimento di democrazia, libertà e pari diritti in Iran dando chiarezza e significato alla richiesta storica del popolo iraniano". Mohammadi ha rivolto inoltre in un passaggio apprezzamento per le proteste dei giovani: "Hanno trasformato le strade e gli spazi pubblici in un arena per la diffusione di resistenza civile. La resistenza è viva e la lotta persiste. La resistenza continua e non violenta, è la nostra strategia migliore". Nella parte finale dell'intervento Mohammadi tende una mano a tutte le forze per la pace e per i diritti dell'uomo: "Sono fiduciosa che la luce della libertà e della giustizia risplenderà luminosamente sulla terra d'Iran. In quel momento, festeggeremo la vittoria della democrazia e dei diritti umani sulla tirannia e il totalitarismo e l'inno del trionfo del popolo sulle strade d'Iran risuonerà in tutto il mondo" conclude il discorso. I due figli assieme sul podio davanti al re Harald V e alla regina hanno scandito lo slogan delle proteste che hanno scosso l'Iran in farsi e in inglese: "Zan. Zendegi. Azadi", "Donna. Vita. Libertà" tra una standing ovation e l'emozione di tutti i presenti.

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L'impegno di Mohammadi

Mohammadi, detenuta in Iran, che si batte in particolare contro l'obbligo dell'hijab e la pena di morte in Iran, ha iniziato uno sciopero della fame "in solidarietà con la minoranza religiosa bahai", hanno annunciato nei giorni scorsi suo fratello e suo marito durante una conferenza stampa nella capitale norvegese alla vigilia della cerimonia del Nobel. Mohammadi ha già fatto uno sciopero della fame per diversi giorni all'inizio di novembre per ottenere il diritto di essere trasferita in ospedale senza coprire il capo con il velo. Ha ricevuto il premio Nobel in ottobre "per la sua lotta contro l'oppressione delle donne in Iran". Arrestata 13 volte, condannata cinque volte a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate, e nuovamente imprigionata dal 2021, Mohammadi ha trascorso gran parte degli ultimi due decenni dentro e fuori di prigione e non vede i suoi figli, ora residenti in Francia, da otto anni. Mohammadi è una delle donne a capo della rivolta "Donna, Vita, Libertà", che comprende le proteste portate avanti per mesi in tutto l'Iran dopo la morte nel settembre 2022 di Mahsa Amini, 22enne arrestata per una presunta violazione delle rigide regole di abbigliamento della Repubblica islamica per le donne e morta mentre era in custodia.

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