Un anno fa il mondo veniva a sapere dello scandalo corruzione al Parlamento europeo. L’allora vicepresidente ha trascorso molti mesi in carcere e oggi, in un'intervista di Renato Coen, dice: “Abbiamo le prove che Antonio Panzeri parlava con i suoi assistenti e chiedeva loro di ricevere i pagamenti per conto suo. I servizi segreti hanno concluso che non sono implicata ma sono comunque quella che ha trascorso del tempo in prigione"
Era il 9 dicembre del 2022 quando i blitz della polizia di Bruxelles fecero esplodere il Qatargate. A finire sulle prime pagine dei quotidiani di mezzo mondo i volti dell'ex eurodeputato Pier Antonio Panzeri - poi pentito - accusato di essere l'anima della trama di corruzione orchestrata per favorire gli interessi di Qatar, Marocco e Mauritania, ma anche i nomi del suo braccio destro Francesco Giorgi e della sua compagna e allora vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili. La donna, che ha trascorso molti mesi in carcere, intervistata da Renato Coen a Sky TG24 oggi dice: "Non sapevo dei soldi nascosti in casa".
Eva Kaili: “Abbiamo le prove su Panzeri”
"Prima di tutto voglio spiegare che abbiamo finalemente le prove che un ex collega italiano, il consulente Antonio Panzeri, parlava con i suoi assistenti e chiedeva loro di ricevere i pagamenti per conto suo e inoltre ha chiesto di tenere da parte questa somma - spiega Kaili nell’intervista - Quindi abbiamo le prove. È molto difficile spiegarlo e sarebbe stato difficile spiegarlo senza queste prove". Poi ricorda quel giorno di un anno fa: "Ero in stato di estremo choc, hanno arrestato il mio compagno, Francesco, e non sapevo cosa stesse succedendo. Poi ho scoperto soldi di cui non sapevo l'esistenza, sapevamo di avere dei soldi a casa ma ho scoperto che non erano nostri. Sapevo che non lo erano e ho capito, dopo aver letto sui media del Belgio, che doveva trattarsi di soldi di Panzeri. Ho detto a mio padre 'lascia la borsa in questo ristorante e chiederò a Panzeri di venirla a prendere'". E prosegue: "La cosa giusta da fare per me era chiamare la polizia, ho chiamato la polizia, non riuscivo ad aver accesso a nessuno che fosse a conoscenza del caso, e poi ho detto che dovevo rispedire (la borsa, ndr) al proprietario perché non era mia".
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"I servizi segreti hanno detto che non sono implicata"
Sempre parlando dei soldi che erano nella sua casa, Kaili dice: "Ancora oggi le persone mi dicono 'ma dovevi saperlo'. I servizi segreti mi hanno tenuto sotto sorveglianza per un anno, quindi se lo avessi saputo loro lo avrebbero saputo, come sapevano di altre persone, hanno fatto commenti e su di me hanno detto che non avevo alcuna implicazione. Quindi dal momento che c'è stato uno spionaggio illegale dei politici diciamo che ci fidiamo delle loro conclusioni e hanno detto che non sono implicata".
"Chi poteva influenzare la politica non è stato nemmeno interrogato"
Interpellata poi sul suo impegno perché al Qatar fossero tolti i visti per entrare in Europa e perché il Paese non fosse condannato per il trattamento dei lavoratori stranieri, proprio gli obiettivi per cui il Qatar aveva scelto di dare i soldi a Panzeri, Kaili spiega: "Lo stesso Panzeri ha spiegato di essere pagato come consulente e di essere un esperto di sindacati e riforme del lavoro e di non aver dichiarato i suoi compensi. Poi la polizia gli ha chiesto di dare dei nomi e lui ha dato il nome di Maria Arena, e poi gli hanno detto 'no, dacci un altro nome', quindi ha cambiato nome e penso che questo sia il vero scandalo". Alla domanda se pensa di aver avuto lo stesso trattamento di altri europarlamentari, Kaili risponde: "Il mio nome non era nel fascicolo del caso, non ero la persona in attenzione. I servizi segreti hanno concluso che non sono implicata ma sono comunque quella che ha trascorso del tempo in prigione, lontano da mia figlia, e le persone che avrebbero potuto influenzare la politica non vengono nemmeno interrogate. Quindi sì, vedo un doppio standard, vedo parzialità".
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"Il sistema può commettere errori"
Cosa le è rimasto di tutta questa vicenda? "Ciò che rimane è una brutta sensazione su come la mia famiglia si possa essere sentita durante questa tempesta - dice Kaili - E di nuovo adesso, perché c’è un attacco mediatico verso il lavoro parlamentare e la diplomazia e uno sforzo di diffamazione che ha presentato tutto ciò in maniera sbagliata per fare notizia. Lo capisco, perché anche io sono stata giornalista, e mi dispiace davvero perché sento la responsabilità di parlare di come il sistema può commettere errori e di come possono essere trattate le donne e le madri e di parlare di questo, per essere sicuri che finisca, che non accada più. Mi dispiace davvero perché la reputazione del Parlamento è stata danneggiata e spero che a un certo punto potremo difenderla e reagire". Parlando poi della figlia, che oggi ha tre anni, Kaili racconta: "Penso che i bambini sentano tutto e proprio un paio di giorni fa ha sentito qualcosa, mi ha chiesto se fossi felice e mi ha detto che è forte".