Egitto, dal 10 al 12 dicembre le elezioni presidenziali. Tre candidati sfidano Al-Sisi

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Ansa/Getty/Twitter

L'attuale presidente, al potere dal 2014, è in cerca del terzo mandato che lo porterebbe alla guida del Paese fino al 2030, possibilità aperta dalla riforma costituzionale del 2019. In corsa anche Farid Zahran, presidente del Partito socialdemocratico egiziano, Abdel Sanad Yamama, leader dei liberali di Al Wafd, e Hazem Omar, presidente del Partito popolare repubblicano. Intanto, mentre l'economia va male e l'inflazione sale, continuano le denunce contro Al-Sisi per il mancato rispetto dei diritti umani

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L’Egitto si prepara ad andare alle urne: il 10, l’11 e il 12 dicembre circa 65 milioni di persone voteranno per le elezioni presidenziali. In corsa ci sono quattro candidati. L’attuale presidente Abdel Fattah Al-Sisi, dal 2014 alla guida del Paese, ha annunciato lo scorso ottobre che si sarebbe ripresentato al voto, senza sorprendere l'elettorato. Se vincesse, per lui scatterebbe il terzo mandato, che lo terrebbe al potere fino al 2030. A sfidarlo ci sono Farid Zahran, presidente del Partito socialdemocratico egiziano; Abdel Sanad Yamama, leader di Al Wafd, il più antico partito liberale del Paese; e Hazem Omar, presidente del Partito popolare repubblicano. Al-Sisi, che corre senza un partito di riferimento, resta comunque il favorito, nonostante le condizioni economiche del Paese, alle prese con un'inflazione record, stiano peggiorando, e sempre più voci - Stati esteri e associazioni - lo accusino di non rispettare i diritti umani. I risultati di questa tornata elettorale dovrebbero arrivare entro il 23 dicembre, mentre in caso di un ballottaggio, anche se improbabile, si tornerebbe a votare entro il 16 gennaio 2024. Gli egiziani all’estero hanno invece già votato, dall’1 al 3 dicembre, presso le 121 sedi di ambasciate e consolati d’Egitto.

Al-Sisi, la riforma costituzionale del 2019 e le critiche

Sotto Al-Sisi, nel 2019, il Parlamento ha approvato una riforma costituzionale – poi avvallata da un referendum popolare - che ha esteso il mandato del presidente da quattro a sei anni. Se il voto lo confermasse, resterebbe in carica fino al 2030. Con la stessa legge era stato esteso il potere presidenziale sull’autorità giudiziaria, affidandogli la nomina dei giudici. Da tempo si discute della deriva autoritaria dell’Egitto a causa di Al-Sisi, che di fatto da anni controlla i processi elettorali (insieme a buona parte degli organi d’informazione) e porta avanti una repressione delle opposizioni. A ottobre, rivelando di volersi ricandidare, Al-Sisi ha precisato di aver risposto alle richieste del popolo, che appunto lo ha spinto a tornare a correre per il terzo mandato: "Andate alle urne e scegliete chi volete e sarò soddisfatto dei risultati, lo giuro", aveva detto. Nel 2018 aveva ottenuto oltre il 97% dei voti, ma contro di lui correva solo una persona - Mostafa Moussa - che era anche un suo supporter. Ex ministro della Difesa ed ex capo delle Forze Armate, ha guidato il colpo di Stato che ha rovesciato il presidente Morsi nel 2013. Al momento ricopre uno dei ruoli principali sullo scenario internazionali per i tentativi di mediazione tra Hamas e Israele nell'ambito della guerra in corso sulla Striscia di Gaza.

Gli altri candidati

Zahran dei socialdemocratici, uno dei tre sfidanti, è considerato comunque piuttosto vicino al presidente: ha aiutato a formare la squadra di Al-Sisi dopo il colpo di Stato del 2013. Con un passato nei movimenti studenteschi degli anni ’70, in campagna elettorale ha spinto sulla promessa di migliorare le condizioni di vita degli egiziani se venisse eletto. Poi c’è Yamama dei liberali, che al grido di "Salviamo l’Egitto" ha più volte sottolineato la necessità di bloccare le interferenze tra potere esecutivo e giudiziario. Infine Omar, leader del partito dei repubblicani e ricco uomo d’affari, è stato membro del Comitato per le Relazioni con l’Estero del Senato egiziano. Anche lui, come Zahran, è giudicato quantomeno un simpatizzante di Al-Sisi. Al Jazeera scrive che negli ultimi 10 anni non lo si è mai sentito in disaccordo con il presidente durante un discorso pubblico.

epa09514515 Chinese President Xi Jinping attends the Commemoration of the 110th anniversary of the Xinhai Revolution, at the Great Hall of the People, in Beijing, China, 09 October 2021. In 1911 the last imperial Qing Dynasty was overthrown and China became a republic ending over two thousand years of imperial rule.  EPA/ROMAN PILIPEY

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Chi si è ritirato dalla corsa presidenziale

Negli ultimi tempi si è ritirato dalla corsa presidenziale Ahmed Tantawi, ex parlamentare che adesso è sotto processo accusato di aver cospirato e di aver incitato altre persone per la diffusione di materiale elettorale "senza autorizzazione". Anche diversi suoi sostenitori sono in carcere. In ogni caso, Tantawi non era riuscito a raggiungere un numero di consensi sufficiente per potersi presentare al voto: ne ha ottenuti 14mila, ne servono almeno 25mila (di almeno 15 governatorati). Più volte ha sostenuto di essere stato vessato dalle autorità egiziane. Fuori dai giochi anche Gameela Ismail, attivista politica dell'opposizione e capo del Partito liberale della Costituzione egiziano al Dostour. In un lungo post su X, Ismail aveva spiegato che era stata l’Assemblea Generale del suo partito a decidere di non correre per le presidenziali, precisando che "dall'annuncio del calendario elettorale, si sono verificate violazioni in tutti i governatorati del Paese, e ciò riflette chiaramente la riluttanza ad accettare la volontà politica di tenere elezioni libere ed eque".

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