Israele, la marcia da Tel Aviv a Gerusalemme delle famiglie degli ostaggi. VIDEO

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Alla marcia iniziata martedì, secondo i media, si è unito l'ambasciatore tedesco in Israele Steffen Seibert, che ha lanciato l'appello per una liberazione senza condizioni di tutti gli ostaggi

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Con la situazione sul campo in costante evoluzione, abbiamo deciso di raccogliere qui alcune informazioni che permettano di farsi un'idea del contesto più ampio attraverso mappe, schede e approfondimenti.

 

Da quattro giorni migliaia di persone sono in marcia verso Gerusalemme - partite da Tel Aviv - per chiedere il rilascio degli ostaggi israeliani tenuti prigionieri da Hamas a Gaza. Domani, sabato 18 novembre, si concluderà il tutto con una manifestazione davanti all’ufficio del premier Benyamin Netanyahu, proprio a Gerusalemme. Intanto alla marcia - secondo i media - si è unito l'ambasciatore tedesco in Israele Steffen Seibert che ha lanciato l'appello per una liberazione senza condizioni di tutti gli ostaggi (GUERRA ISRAELE-HAMAS: LO SPECIALE - GLI AGGIORNAMENTI).

Gli accordi sfumati

Fino a pochi giorni fa l’accordo fra Hamas e Israele per il rilascio di almeno una parte di ostaggi  sembrava vicino. La base negoziale, mediata dal Qatar e concordata con gli Stati Uniti, prevedeva il rilascio di 50 israeliani tenuti nei sotterranei di Gaza in cambio di tre giorni di cessate il fuoco sulla Striscia. Ma, secondo fonti arabe e palestinesi citate da Haaretz, i colloqui sono entrati in una nuova fase di stallo: Hamas - che pure avrebbe accettato "le linee generali" dell'accordo - ha alzato la posta e Israele ha rifiutato. Secondo l'agenzia Reuters, l'organizzazione terroristica ha dato il suo assenso di massima all'intesa che dovrebbe prevedere anche il rilascio di alcune donne e bambini palestinesi dalle carceri israeliane e il via libera a un maggiore afflusso di aiuti umanitari diretti alla popolazione di Gaza. Tuttavia, ha aggiunto la stessa agenzia citando un funzionario informato del dossier, Israele non ha ancora detto di sì e sta negoziando i dettagli. Dal canto suo Hamas ha accusato Israele di "temporeggiare" sul raggiungimento dell'intesa, ritardando cosi' il rilascio di 50 ostaggi "per continuare la sua aggressione e la sua guerra contro civili indifesi". 

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ROMA 
   (ANSA) - ROMA, 14 NOV - "Una decisione può essere presa
stasera". Così in un comunicato le famiglie degli ostaggi
israeliani nella mani di Hamas si rivolgono direttamente ai
vertici israeliani, il primo ministro Benyamin Netanyahu, il
ministro Benny Gantz e ministro della difesa Yoav Gallant.
   "Netanyahu, Gantz e Gallant. Sappiamo che una decisione può
essere presa stasera. Non dovete fermare l'accordo", si legge
nell'appello al termine della prima giornata della Marcia per
gli ostaggi da Tel Aviv a Gerusalemme che i familiari hanno
iniziato oggi e che si concluderà sabato davanti all'ufficio di
Netanyahu. (ANSA).
La marcia dei parenti degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas - ©Ansa

I nuovi ostacoli

Ma a ostacolare l'intesa ci sarebbero in realtà nuove condizioni poste da Hamas che Israele non intende accettare. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, i terroristi hanno chiesto 5 giorni di tregua al posto dei tre che Israele era disposto a concedere. Non solo: Hamas ha chiesto anche di consentire libertà di movimento tra il sud e il nord di Gaza. Ma la richiesta probabilmente più inaccettabile per Israele è quella che, oltre allo stop ai raid aerei e alle azioni sul terreno, l'esercito israeliano fermi in quei giorni anche il sorvolo dei suoi droni sulla Striscia: Hamas teme infatti che la sorveglianza israeliana sveli le sue strategie operative e di intelligence e, soprattutto, la localizzazione degli ostaggi, compresi quelli che non verranno liberati in base all'accordo, al momento l'arma più potente nelle mani dei terroristi nei confronti del nemico. Nemmeno l'irruzione dei soldati nell'ospedale Al-Shifa ha portato a individuare la loro prigione.

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La marcia

La marcia è partita il 14 novembre da Tel Aviv, destinazione Gerusalemme, per continuare a tenere alta l'attenzione sui loro cari e la pressione sul governo di emergenza nazionale. Due giorni fa le famiglie degli ostaggi israeliani detenuti da Hamas hanno affermato di aver chiesto di incontrare i membri del gabinetto di guerra, ma che la loro richiesta non era stata accettata. "Non resteremo più in silenzio, intensificheremo la lotta" hanno riferito i familiari aggiungendo che "i cittadini israeliani devono sapere che i membri del gabinetto di guerra non hanno tempo per noi". 

La situazione

Netanyahu - che da gennaio a settembre è stato molto contestato nel Paese per la sua riforma giudiziaria concepita per indebolire per sempre il potere giudiziario - non può ignorare un fenomeno sociale che sta prendendo piede nelle strade di Israele. Il movimento organizzato dai familiari di 240 ostaggi catturati da Hamas chiede a gran voce che vengano riportati indietro i loro congiunti. In migliaia hanno intrapreso la marcia. Le strade di molte città sono tappezzate con le fotografie degli ostaggi, agli specchietti delle automobili sono allacciati nastri gialli di solidarietà con le famiglie. Si tratta di una protesta popolare molto vasta, non allineata con la destra o la sinistra.

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