Guerra Israele Hamas, cosa sappiamo sugli ostaggi: le minacce e la mediazione del Qatar
Nonostante le dichiarazioni delle parti, che sostengono di non voler trattare sui prigionieri, sarebbe in corso una trattativa da parte del Qatar per un primo scambio tra israeliani e palestinesi. Ancora incerto il numero di persone rapite dai miliziani, i morti dell’attacco di sabato e i dispersi: per questo il governo di Gerusalemme ha istituito un centro congiunto per registrare i nomi, dove le famiglie possono denunciare la scomparsa e portare una prova del Dna
- A poco più di 72 ore dall’attacco a sorpresa di Hamas contro Israele, il gruppo terroristico islamico ha diffuso un annuncio macabro: “Cominceremo a giustiziare pubblicamente un civile israeliano in ostaggio per ogni bombardamento israeliano su abitazioni civili a Gaza senza preavviso”
- In questo modo si profila un drammatico scontro nella Striscia di Gaza tra Hamas (il cui portavoce politico a Doha Hossam Badrane ha evidenziato che “non è possibile alcun negoziato, sulla questione dei prigionieri o altro”) e Israele, con il presidente Netanyahu che ha sottolineato a Joe Biden che “dobbiamo entrare a Gaza, non possiamo trattare ora. A rimetterci potrebbero essere le decine di uomini, donne e bambini caduti nelle mani dei jihadisti, il cui futuro appare incerto
- Molti dei rapiti non sono solo israeliani, ma sono tedeschi, britannici, statunitensi, francesi, sudamericani e asiatici. Cittadini con doppio passaporto di tanti Paesi. Alcuni riconosciuti e identificati dagli scioccanti video dei rapimenti, virali sui social, altri ufficialmente indicati come dispersi oppure morti. Il loro destino è ancora adesso avvolto nell’incertezza
- Molti sono i racconti che circolano in merito al riconoscimento. Yoni Asher, un uomo israeliano, ha detto al Guardian di aver visto un video in cui la moglie e le loro due figlie, di 3 e 5 anni, vengono rapite dai miliziani. Un altro uomo, Uri David, ha raccontato che era al telefono con le sue due figlie Tair e Odaya quando improvvisamente la linea è stata interrotta: “Ho sentito degli spari e delle urla in arabo, ho detto loro di stendersi per terra e tenersi per mano”, ha raccontato
- Quello che si sa, al momento, è che gli ostaggi sono almeno 130: cento nelle mani di Hamas e trenta tenuti prigionieri dalla jihad islamica. Questi numeri sono stati divulgati dai miliziani, mentre dalle autorità ebraiche non sono state riportate cifre ufficiali. I miliziani stessi hanno poi fatto sapere che “quattro ostaggi israeliani sono stati uccisi dai raid su Gaza", ha dichiarato Abu Obeida, portavoce delle Brigate Izzedin al Qassam, ala armata di Hamas
- Ci sono alcuni Paesi arabi, come Egitto o Qatar, che potrebbero svolgere un ruolo di intermediazione tra le parti. Una fonte del Movimento di resistenza islamica ha riferito all'agenzia cinese Xinhua che il Qatar starebbe mediando uno scambio con l’appoggio degli Usa: donne israeliane catturate dai miliziani in cambio di donne palestinesi. Hamas sarebbe disponibile se vedesse liberate tutte le 36 donne palestinesi detenute, ma Israele per ora smentisce
- L'esercito israeliano ha "le coordinate di tutti gli ostaggi a Gaza", ha assicurato in serata il portavoce militare. "La guerra è cominciata male per noi, ma finirà molto male per l'altra parte", ha avvertito. Israele vuole risolvere la faccenda quindi, ma non attraverso il negoziato tra i due fronti, almeno secondo le voci ufficiali
- Per comprendere chi è stato preso in ostaggio da Hamas, chi è morto oppure chi è disperso, già nella giornata di domenica il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva incaricato Gal Hirsch, ex generale dell’esercito, di occuparsi di coordinare le operazioni per cercare di recuperare le persone rapite. L’esercito e la polizia israeliana hanno inoltre attivato un centro congiunto per registrare i nomi delle persone scomparse, e hanno chiesto alle loro famiglie di portare foto e oggetti da cui sia possibile raccogliere campioni di Dna
- Nonostante gli annunci di non voler trattare e le minacce, gli obiettivi di Hamas restano ambiziosi: l’intenzione è di utilizzare gli ostaggi per garantire il rilascio delle persone detenute nelle carceri israeliane e di alcuni palestinesi imprigionati negli Stati Uniti
- L’idea originaria era un’altra. “Siamo rimasti sorpresi da questo grande crollo. Stavamo progettando di ottenere qualche risultato e di prendere prigionieri per scambiarli”, ha dichiarato Ali Barakeh, membro della leadership del gruppo in esilio a Beirut
- Dichiarazioni a parte, l'unica certezza per il momento è che il nodo sui prigionieri resta, mentre cresce la paura delle esecuzioni pubbliche per vendetta. Una paura che alimenta le grida di dolore di parenti e amici degli ostaggi, molti dei quali giovanissimi. Qualcuno implora il governo israeliano e la comunità internazionale di guardare oltre la politica. Come Malki Shmetov, che ha il figlio disperso dopo gli attacchi di sabato: “È una questione di umanità. I nostri bambini sono lì... per favore, aiutateli”