Guerra Hamas-Israele, l’esperto: "Intelligence israeliana sorpresa sul piano strategico"
Mondo ©AnsaI servizi segreti "non hanno valutato in maniera corretta le intenzioni di Hamas", spiega a Sky TG24 Uri Ben Yaakov, tenente colonnello riservista dell’esercito israeliano e membro dell’International Institute for Counter-Terrorism della Reichman University. Si va verso un’operazione via terra a Gaza, ma anche il confine a Nord, con il Libano, preoccupa: "I rischi sono molto alti, perché Hezbollah dispone di alcuni missili a lunga gittata e ad alta precisione sugli obiettivi"
L’attacco di Hamas "è stato una sorpresa, e lo è stato dal punto di vista strategico". A dirlo, intervistato da Sky TG24, è Uri Ben Yaakov, tenente colonnello riservista dell’esercito israeliano e membro dell’International Institute for Counter-Terrorism della Reichman University. "Il problema principale è stato che l’intelligence israeliana non ha calcolato in maniera corretta le intenzioni e le motivazioni di Hamas. Da questo errore di valutazione, che ha portato a non comprendere quello che sarebbe successo, è partito tutto" (GLI AGGIORNAMENTI LIVE SUL CONFLITTO).
Le fasi della risposta di Israele
Dopo l'attacco a sorpresa, in un primo momento la risposta israeliana "è stata tattica", spiega l'esperto: l'obiettivo primario era "liberare tutte le aree invase, per ripristinare la situazione a come era prima di sabato". Poi, "parallelamente, abbiamo attaccato a Gaza, ma il problema principale lì è che ci sono i nostri cittadini (gli ostaggi presi da Hamas, ndr) e che bisogna prendere quindi molte precauzioni". La prossima mossa? Verosimilmente sarà quella trapelata in queste ore, che vede Israele verso un’operazione via terra a Gaza: "Penso che non ci saranno alternative se non questa".
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Anche al confine Nord rischi "molto alti"
La zona a Sud di Israele rimane dunque quella più calda, ma anche a Nord si registrano tensioni, con Hezbollah che l’8 ottobre ha rivendicato di aver compiuto tiri di artiglieria e lanci di razzi su Israele dal Libano. "I rischi a Nord sono molto alti, perché Hezbollah dispone di alcuni missili a lunga gittata e ad alta precisione sugli obiettivi". Inoltre, secondo l’esperto, "in Libano il ruolo dell’Iran è più accentuato, nei suoi legami con Hezbollah, che non a Gaza". L’area "è molto protetta, più che a Sud", ma la tensione rimane altissima, con le sirene di allarme antimissili che continuano a suonare. Il ministro degli esteri libanese Abdallah Bou Habib ha però annunciato di aver ricevuto la garanzia dai vertici di Hezbollah che il partito armato filo-iraniano non interverrà nel conflitto in corso, se non sarà attaccato dagli israeliani.
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Iron Dome sotto pressione
Il lancio di missili sia da Sud che da Nord, intanto, mette sotto pressione il sistema anti-missile di Israele, Iron Dome. Si tratta di uno dei meccanismi più efficienti al mondo che, secondo le stime ufficiali, è in grado di intercettare tra il 75 ed il 95% delle minacce balistiche. Eppure, negli ultimi giorni, è stato messo a dura prova. Dal 7 ottobre, quando è iniziato l’attacco di Hamas, sono stati migliaia i missili lanciati verso il territorio israeliano, con Iron Dome che ha dovuto intercettare una quantità pressoché senza precedenti di minacce. "Al momento la risposta è buona", spiega però Uri Ben Yaakov, "ma bisogna considerare due fattori: i missili di intercettazione di Iron Dome, i Tamir, e i lanciatori fissi. Questi ultimi al momento risultano essere abbastanza. Un problema potrebbe invece riguardare il calo della quantità di Tamir". Su questo, oltre che il fattore tempo, "giocherà un ruolo molto importante l’aiuto degli Usa", con il presidente americano Biden che ha già assicurato al premier Netanyahu ulteriore assistenza, a stretto giro.