Sky 20 anni, Suraya Pakzad: "In Afghanistan la vera opposizione ai talebani sono le donne"

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A Sky 20 anni parla l'attivista per i diritti delle donne nel Paese in mano ai talebani: "Non possono vivere pubblicamente, ma protestano ogni giorno. Finiscono in carcere. La comunità internazionale deve fare pressione sul regime per un cambiamento". E sulla possibilità che le donne afgane ricevano il Nobel per la Pace spiega: "Sarebbe un riconoscimento prestigioso, ma non servirebbe a portare un cambiamento"

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L'Afghanistan e la situazione delle donne nel Paese in mano al regime dei talebani. A Sky 20 anni ne ha parlato l'attivista per i diritti delle donne afghane Suraya Pakzad, descrivendo quello che di fatto è un crimine, una apartheid di genere, in un Paese dove le donne non possono lavorare in molti settorin e non possono studiare. "I talebani - dice Pakzad - credono che il potere delle donne possa trascendere il loro potere. Hanno paura che istruire donne e bambini significherebbe avere una comunità più consapevole e tutta la comunità seguirebbe questo esempio. Credo che la comunità internazionale sia preoccupata per la democrazia e i diritti della donne. Sarebbe uno scandalo riconoscere questo regime, dove le donne non sono rappresentante, i diritti delle donne vengono violati" (SKY 2O ANNI, LA TERZA GIORNATA - GLI OSPITI - IL PROGRAMMA).

"La vera opposizione in Afghanistan sono le donne"

Su quale sia la vera opposizione in Afghanistan, Pakzad non ha dubbi: "L’opposizione ai talebani è soprattutto quella delle donne. Non possono vivere pubblicamente, ma protestano ogni giorno. Finiscono in carcere. Loro lottano per i loro diritti, sono loro la più grande opposizione ai talebani. La situazione in Afghanistan è grave, la comunità internazionale fa opposizione dall'esterno, non riconoscendo i talebani". E sulla possibilità di vedere assegnato il Nobel per la pace alle donne afghane? "Sarebbe un premio prestigioso. Anche dopo il crollo del regime, diversi premi sono stati dati alle donne afghane. Ma quello che serve è un riconoscimento politico e diplomatico. Questo premio sarebbe prestigioso, ma durerebbe poco e non servirebbe a portare il cambiamento che le donne aspettano: permettergli di andare a scuola, lavorare in un ufficio, prendere decisioni in autonomia. Tutto il mondo deve unirsi e mettere pressione sul regime".

epa10800169 Taliban security patrol on the eve of the second anniversary of taking over the government in Kandahar, Afghanistan, 14 August 2023. The Taliban's ascent to power on 15 August 2021 has led to the extremist interpretation of Shariah or Islamic law, resulting in a complete reversal of the women's rights ensured in recent years. Meanwhile, the takeover has led to the country being isolated internationally, after the international community turned back on the new Taliban government and imposed sanctions whose burden is being borne by common Afghans.  EPA/STRINGER

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"Scuole religiose sono anacronistiche"

"Ogni giorno - spiega Pakzad - c’è un decreto contro i diritti delle donne, per bandirle dai concorsi pubblici e dai posti di lavoro. In Afghanistan ci sono molte persone musulmane, è certo, ma queste persone non amano madare i bmabini nelle scuole religiose. Ci sono persone che istruiscono le ragazze a casa. Queste scuole religiose possono non essere istruttive per i ragazzi. E un altro tipo di istruzione potrebbe essere bersaglio dei terroristi. Perché dovremmo regredire e mandare le nostre figlie in quel tipo di scuole religiose? Sono anacronistiche, si insegnano cose che non fanno più parte del mondo di oggi. Vogliono solo far vedere che non stanno mettendo a bando l’istruzione. Bisogna fare in modo che ci sia una istruzione giusta, per ragazzi e ragazze".

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L'esperienza delle scuole clandestine

Pakzad fu tra le prime a organizzare e partecipare alle scuole clandestine, dopo la presa del potere dei talebani nel 1997. "Due anni dopo - spiega l'attivista - eravamo stati dimenticati da tutti. Io intrapresi una istruzione domestica e invitai altri a farlo, Alla fine avevamo 300 ragazze in diversi punti di Kabul, insegnavamo con la speranza e la gentilezza quello che credevamo giusto. Nessuno ci ha dato sostegno finanziario o politico. Ma noi continuavamo a insegnare. Due anni fa, prima del crollo del nostro Paese, stavo raccontando ad alcuni giovani che noi insegnavamo alle ragazze a mettere i libri in una busta nera per non farli vedere. Una di queste giovani si è alzata e ha detto 'grazie, ero una delle vostre studentesse'. Questa stessa ragazza ha fatto un master, ha continuato gli studi e ha raggiunto un alto livello di istruzione. Sono stata molto felice". 

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