Padre Paolo Dall'Oglio, chi era il gesuita scomparso nel 2013 in Siria

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Conosciuto nel mondo arabo anche come "Abuna Paolo", il gesuita viveva in Siria già dagli anni '80, dove aveva fondato una comunità monastica. Nell giugno del 2012, il Regime Siriano decide di espellerlo dal Paese. Dall'Oglio, nonostante tutto, nel luglio del 2013 decide di tornare in Siria. Ma poi di lui si perdono le tracce

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Si torna a parlare, proprio in queste ore, di padre Paolo Dall'Oglio. Succede perchè sarebbe stato ritrovato un cadavere in abiti religiosi nei pressi di Raqqa, in Siria, all’interno di una fossa comune. E, stando a quanto dichiarato dal vescovo di Qamishlie, cittadina nel Nord del Paese, in un’esclusiva concessa al settimanale “Oggi”, la salma ritrovata potrebbe appartenere prorpio al gesuita romano, scomparso il 29 luglio 2013 nel Nord della Siria all’epoca occupato dallo Stato Islamico. Qui si era recato per trattare la liberazione di alcuni ostaggi.

Un'immagine di Padre Dall'Oglio risalente ad alcuni anni fa - ©Getty

Chi era Paolo Dall'Oglio

Era, come detto, il 2013, quando in una Siria divorata dalla guerra si perdono le tracce del gesuita italiano. Conosciuto nel mondo arabo anche come "Abuna Paolo", il gesuita viveva in Siria già dagli anni '80, dove aveva fondato una comunità monastica. La sua è sempre stata una vita dedicata agli altri, al dialogo interreligioso e alla difesa della libertà, di cui Dall'Oglio si è fatto portavoce nella Siria travolta dalle primavere arabe. Poi però, proprio un anno dopo l'inizio delle proteste, era il giugno del 2012, il Regime Siriano decide di espellerlo dal Paese. Dall'Oglio, nonostante tutto, nel luglio del 2013 decide di tornare in Siria. Rientra di nascosto ad Al-Raqqa, per mediare la liberazione di alcuni prigionieri, ma è proprio lì, in quella che sarebbe diventata poi la roccaforte dell'Isis, che del gesuita si perdono le tracce. "A livello di informazioni sulla sorte di mio fratello, non c'è stato mai nulla di confermato, quindi noi siamo veramente nel buio più totale e quindi lancio proprio un messaggio di ricerca di verità", aveva raccontato la sorella tempo fa, confermando oggi come la notizia del ritrovamento del cadavere di Paolo sia una "fake news". "Come sorella, anche se sono nella sofferenza, sono orgogliosa della sua missione al servizio del Signore, del dialogo islamico-cristiano, della solidarietà verso questi amici siriani, che erano stati presi come ostaggio", aveva ancora aggiunto la donna.

Dagli anni '80 in Siria

Come detto, era il 1982 quando il gesuita fonda la comunità monastica siro-cattolica di Mar Musa sui ruderi di un monastero risalente all'XI secolo, costruito attorno ad un antico romitorio occupato, secoli prima, da San Mosè l'Abissino. Nel monastero di Deir Mar Musa, nel deserto a nord di Damasco, nasce una comunità monastica cattolica che diventa una sorta di ritiro spirituale e interreligioso, luogo di dialogo tra ortodossi, cattolici e musulmani. Proprio l'attivismo di Dall'Oglio, probabilmente, ha suscitato l'irritazione di Damasco. Poche ore prima della sua scomparsa, il 27 luglio 2013, il sacerdote aveva spiegato sulla sua pagina Facebook di essere in missione: "Sono venuto oggi nella città di Raqqa e sono felice per due motivi. Il primo è che sono sulla terra della Siria, la patria, e in una città liberata. Il secondo motivo è la meravigliosa accoglienza di questa bellissima città E' un'immagine di patria che vogliamo per tutti i siriani", aveva scritto. Secondo alcune ricostruzioni, quel 29 luglio Dall'Oglio aveva deciso di andare nella sede del governatorato, il quartier generale dell'Isis a Raqqa, per chiedere la liberazione di un attivista siriano, oppositore del regime di Assad, ma fatto prigioniero dallo Stato Islamico. Dal quel momento, il buio.

Le ipotesi sulla sua scomparsa

Negli anni sono circolate voci sulla sua uccisione per le critiche al regime sanguinario dell'Isis, tra i cui leader c'era quel Mohammed al Sharaa che lo scorso anno ha abbattuto il regime di Bashar Assad ed è diventato presidente ad interim della nuova Siria. Nel 2019, il ministero della Giustizia americano aveva offerto 5 milioni di dollari di ricompensa per chi avesse fornito informazioni su 5 religiosi cristiani, tra i quali proprio il missionario italiano.

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