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Mishra: “Modi come Mussolini, la letteratura è l'antidoto alla sua propaganda”

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Ludovica Passeri

Ludovica Passeri

Il famoso scrittore indiano, autore de "I romantici", de "L'età della rabbia" e oggi in libreria con "Figli della nuova India", ci racconta l'attesa per le elezioni generali del prossimo anno in cui il presidente Modi si scontrerà con una larga coalizione di opposizioni. Sullo sfondo, il Regno Unito di Sunak che Mishra definisce "disfunzionale, squallido, demoralizzante"

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Pankaj Mishra è uno dei più influenti intellettuali indiani contemporanei. Non scriveva un romanzo dal 1999, quando pubblicò "I romantici", la storia di un discendente di un’illustre famiglia bramina che trova consolazione solo nella letteratura occidentale. Ha speso gli ultimi vent'anni a compilare saggi, a documentare con dati, numeri e testimonianze le contraddizioni del modello economico e sociale indiano. Oggi è in libreria con "Figli della Nuova India", edito da Guanda. La scelta di tornare alla fiction non è solo una questione di forma. È convinto che per contrastare la narrazione imperante sul luminoso avvenire dell’India si debba portare la gente “dietro le quinte” e per farlo ha avuto bisogno di una trama, di personaggi, di entrare nelle loro teste e nelle loro coscienze. C’è Aseem ossessionato dal soddisfare i propri desideri; Verendra, un paria, anche detto “fuori casta”, che scala repentinamente Wall Street diventando miliardario e poi Arun che si ritira in un “gompa”, tempio buddhista, in un tentativo disperato di liberarsi dalle passioni: tre ingegneri quarantenni, le cui esistenze sono segnate dall'insoddisfazione e da una smaniosa ricerca di senso che porta all'autodistruzione. Partendo dalle pagine del suo libro, Mishra ci accompagna in un viaggio che dal Subcontinente indiano arriva fino all’Atlantico. Ha vissuto per anni tra la frenesia di Londra, dove oggi si è trasferito in pianta stabile, e la pace della città himalayana di Mashobra, il luogo prescelto per la redazione dei suoi primi libri. Grazie ai frequenti viaggi in India, continua a mantenersi in equilibrio tra i due mondi, tra la speranza che quelle del 2024 siano le elezioni che segneranno la fine dell'era Modi e la delusione nei confronti di un Regno Unito che definisce “disfunzionale, squallido, demoralizzante”.

 

Chi sono i “figli della nuova India”?

I tre protagonisti del romanzo sono prodotti di un’India che si è trasformata radicalmente a partire dagli anni Ottanta. Non ha niente a che vedere con il Paese che abbiamo nella testa, quella dell’immaginario collettivo, ovvero la nazione povera che, però, è sinonimo di una certa filosofia, di una tradizione etica. Tutto questo non c'è più. Quella di oggi è una società che predica degli ideali di forza, di successo, di potenza, anzi di superpotenza, di piacere sfrenato, di enorme benessere e ricchezza. È una rottura radicale rispetto alla storia indiana. Ecco perché il mio romanzo s'intitola “Figli della Nuova India”: racconto le persone che hanno interiorizzato l’etica di stampo americano.

 

Se dovesse fare degli esempi concreti?

Basta guardare ai dirigenti delle banche, delle multinazionali in Europa ma soprattutto negli Usa, da Microsoft a Google. Penso in particolare alle compagnie della Silicon Valley. I migliori cervelli hanno studiato nei vari Indian Institute of Technology, poi sono andati all'estero e ci sono rimasti.

 

I protagonisti sono suoi coetanei, potrebbero essere suoi amici. Anche lei è un figlio della nuova India?

Il bello è che mentre scrivevo non mi ero reso conto che questo romanzo parlasse anche di me. Ho capito solo dopo che in tutti questi personaggi c’ero anch'io, mi appartengono anche alcuni dei loro lati peggiori.

 

Si è da poco celebrato il G20 a Nuova Delhi. Gli analisti hanno scattato una fotografia chiara: l'India di Modi non è più un timido Paese emergente, piuttosto l'astro nascente che, in prospettiva, potrebbe oscurare la Cina. Qual è la sua fotografia?

Noi, come lettori, siamo esposti a due verità: quella oggettiva e poi quella sensazionalistica della maggior parte dei media. La vulgata vuole che l'India del 2023 sia un Paese in straordinaria crescita, ma non si parla abbastanza delle conseguenze che ha il perseguimento di questo successo, di quanto condizioni l'esistenza degli individui, la loro vita interiore, le loro relazioni personali. Il G20 di Nuova Delhi che si è appena concluso può essere raccontato come una vittoria di Modi, ma dietro le quinte sta succedendo qualcosa di diverso.

 

Cosa?

Conflitti immensi, politici ma anche interiori. I valori si stanno sbriciolando, e tutto questo può essere raccontato solo attraverso la letteratura. Ho dovuto scrivere un romanzo per spiegare cosa sta accadendo, un saggio non sarebbe bastato. Quella che vedo io è un'India opaca, altro che luminosa.

 

Quest’anno l’India ha superato la Cina diventando la nazione più popolosa al mondo e si è assestata al quinto posto nella classifica delle più floride economie mondiali, scalzando il Regno Unito. Qual è il futuro di questa grande sfida asiatica?

La Cina, anch’essa estremamente contraddittoria, è ancora venti o trent'anni avanti per progresso tecnologico e scientifico. A meno che non ci sia una calamità o una catastrofe, è molto difficile che l'India possa recuperare e anche solo raggiungerla. L'India è più indietro in fatto di occupazione, salute pubblica, istruzione e ci vorrà molto tempo perché risolva questi problemi. Non possiamo dimenticarci di questo, se vogliamo avere una visione realistica di quello che l’India può essere oggi e sarà domani.

 

L'apertura del summit è stata anticipata dallo sbarco sulla Luna dell'India che è la quarta potenza a completare la missione (la prima a farlo nel Sud lunare) e dal presunto cambio del nome in Bharat. Come interpretare questi passaggi?

 

Una delle ragioni per cui Modi ha fatto e sta facendo di tutto per essere protagonista, come testimoniano l’allunaggio e le dichiarazioni fatte prima del G20, è che ora deve fare i conti con una coalizione elettorale molto forte che gli si oppone. Non lasciamoci distrarre dalle sue acrobazie. L’India si è sempre chiamata “Bharat” (n.d.r. Il nome antico dell'India in sanscrito che piace agli induisti) ma adesso Modi ha bisogno di distrarre le masse dai suoi fallimenti, fomentando un clima di euforia nazionalista studiata a tavolino.

 

Quindi è solo un leader alle prese con una campagna elettorale complicata?

Per capire fino in fondo cosa stia succedendo dobbiamo tornare indietro alle Olimpiadi di Berlino del ‘36 che mettevano in vetrina i traguardi tedeschi, alla Russia del 1957 che lanciava lo Sputnik e via dicendo. Ora sappiamo che quei successi nascondevano un profondo malessere della società. Dovremmo per questo coltivare una visione scettica anche rispetto al presente. L'esito dell'ultimo summit non ci dice nulla sull'alfabetizzazione femminile che è una delle più basse al mondo, sul tasso di occupazione delle donne  che è uno dei più bassi al mondo, sui numeri relativi alla denutrizione che sono tra i più sconfortanti al mondo. Come giornalisti e scrittori dobbiamo fare uno sforzo di decostruzione della propaganda.

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Sta descrivendo un drammatico ritorno al passato.

Il passato non ritorna nello stesso modo, si combina con degli elementi di modernità e produce cose nuove. La difficoltà è proprio questa: ci confrontiamo sempre con realtà diverse, e per questo è difficile riconoscerle. In India c’è un partito politico fortemente ideologico, direttamente ispirato dai movimenti fascisti europei, che sta dispiegando una massiccia propaganda perseguitando le minoranze musulmane e cristiane, insistendo sull'idea di "grande potenza hindu". A suo tempo furono le stesse rivendicazioni e pretese dei grandi dittatori. Anche loro insistevano sul progresso e sui successi scientifici, sui grandi balzi in avanti della tecnologia.

 

Ha già accennato al voto del 2024. Che elezioni si profilano?

I partiti di opposizione si sono riuniti e condivideranno i seggi nelle prossime elezioni. Se riusciranno a non sfaldarsi, porranno una seria sfida a Modi e al suo partito, il Partito del Popolo Indiano (BJP). Lui ha una grande popolarità personale, ma il suo partito è in crisi. Bisogna capire se la sua popolarità personale sarà sufficiente a salvare tutta la baracca, soprattutto ora che si deve confrontare con una coalizione molto forte, che include Sonia e Rahul Gandhi e altri esponenti politici molto influenti nelle rispettive regioni. Penso al Bengala occidentale, al Karnataka, al Tamil Nadu, aree in cui Modi è più debole.

 

Cosa la preoccupa di più?

 

È già successo che le elezioni fossero manipolate in India. In questo momento, poi, il governo che ha accumulato moltissimo potere si è infiltrato anche nelle commissioni elettorali. Non avremo forse gli strumenti per riconoscere e denunciare manipolazioni e frodi. Bisogna pensare poi che per Modi non sono solo elezioni, si gioca molto di più. Se perdesse, potrebbe dover rispondere di molte accuse: per lui non è solo uno scontro politico ma esistenziale. Per questo dobbiamo stare attenti ai prossimi mesi perché saranno molto critici, potrebbe succedere qualsiasi cosa. Il partito che è al potere giocherà tutte le sue carte per non perdere. Ricordiamoci anche che siamo andati molto vicini al disastro nelle ultime elezioni nel 2019. Abbiamo sfiorato una guerra con il Pakistan, solo poche settimane prima del voto.

 

Quale sarà il fattore determinante?

La maggior parte della popolazione è giovane, sotto i 30 anni. Molti subiscono il fascino delle promesse di modernità, prosperità, stabilità, sicurezza di Modi, ma dato che queste promesse sono state disattese, considerando che adesso è al potere da 10 anni e abbiamo visto più retorica che fatti, allora è molto probabile che prenderanno le distanze da lui. I giovani indiani giocheranno in ogni caso un ruolo massiccio nelle prossime elezioni. 

 

Parla come una persona che non ha perso la fiducia nel futuro dell'India.

Quando torno a casa, provo disperazione perché il governo investe solo in propaganda e retorica e non si dimostra minimamente interessato a sfruttare questo esercito di cervelli. E oltre la disperazione, la speranza, perché se ci saranno delle elezioni regolari, magari non le prossime ma quelle del 2029, i talenti non se ne andranno.

Facciamo il gioco che ama fare uno dei protagonisti del suo libro. Aseem paragona le persone che lo circondano a personaggi letterari. Qual è l'alter ego di Modi in letteratura?

Mi viene in mente il protagonista di un libro italiano, quello di Scurati. Sto parlando della serie "M". Mentre leggevo i primi due volumi, pensavo proprio che avrei potuto scrivere la stessa storia con Modi protagonista, le scene sono le stesse, le descrizioni della sua ascesa al potere sono incredibilmente simili.

 

Sta dicendo che Modi è il nuovo Mussolini?

Sono simili nella brama di accrescere il proprio potere personale, al di là dell’interesse nazionale. Ma non è il solo. Penso a Trump, Putin, Erdoğan , tutti uomini ossessionati da questo. La politica per loro è un mero strumento.

 

E Sunak?

È più vicino a Modi che a Mahatma Gandhi, spero così di rendere l’idea.

 

Ci spieghi meglio.

Sunak ha un approccio alla spiritualità molto particolare: pensa che la religione debba entrare nella vita pubblica. Si pone e si presenta come un devoto hindu e come un ultraconservatore in politica. Per questo lo colloco nello spettro dei demagoghi e delle figure autoritarie dei giorni nostri.

 

Se dovesse fare un report sul primo anno al governo di Sunak, che titolo darebbe?

 "Un disastro". Si sta rivelando un leader incapace, perché non è in grado di governare e men che meno di gestire il partito Tory. Non dobbiamo dimenticare che è il discepolo di Boris Johnson, senza di lui non sarebbe entrato in politica. È una sua creazione. Cosa dovevamo aspettarci da un epigono di Johnson? 

 

 

Per molti indiani Sunak ha rappresentato un motivo di orgoglio, qualcuno in cui riconoscersi, sebbene sia nato nell'Hampshire e non in Punjab. Ritiene che fosse una speranza mal riposta dal principio?

Le sue politiche migratorie sono tra le più crudeli rispetto a tutte le altre adottate negli ultimi cinquanta o sessant'anni e inoltre queste politiche migratorie sono pensate anche per escludere gli indiani dal Regno Unito. Non riesco a capire come si sia potuto pensare, anche solo per un istante, che l'ascesa di Sunak avrebbe potuto rappresentare qualcosa di positivo per l'India e per gli indiani.

 

Come si presenta il Regno Unito nel 2023?

Disfunzionale, squallido e demoralizzante, perché stiamo vivendo nell’ombra della Brexit, una catastrofe, un crimine che non può essere redento perché i politici non ammetteranno mai di aver sbagliato e che lo hanno fatto clamorosamente. Tutti i sondaggi ci dicono che gli inglesi pensano che non sarebbe dovuto succedere e che saremmo dovuti rimanere in Europa, ma non ci si può fare niente. Il Paese sta declinando, sta cadendo a pezzi. Lo stato in cui versano le infrastrutture scolastiche è sintomatico. Il Regno Unito è un caso disperato, il malato d’Europa. Dovremmo parlare di più del fatto che la Polonia ci stia superando. Gli inglesi hanno buttato alle ortiche nell’arco di 200 anni i vantaggi di ex potenza imperiale.

 

Resta salva solo la Corona in questo sfacelo che descrive?

Sì, ma nel senso che gli inglesi sono ancora bravi a offrire intrattenimento e evasione. Lo fanno magistralmente attraverso la famiglia reale e non solo. Possono ancora contare su ottimi attori, artisti, scrittori. Il Regno Unito culturalmente resta una potenza, ma politicamente e geopoliticamente è entrato a far parte della schiera dei “minori”.

 

Sembra la descrizione dell’Italia.

(n.d.r. Ride). Sì, se non fosse che l’Italia non è mai stata una superpotenza imperialista e quindi si è limitata a conservare il suo status di potenza culturale, mentre il Regno Unito lo è stato. La mia generazione è cresciuta con il mito del Regno Unito. E per noi questo declino è uno shock, un trauma, soprattutto per la velocità con cui questo decadimento si è consumato.

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