Patrick Zaki è libero dopo la grazia: “Sarò a Bologna sabato mattina”

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Dopo la condanna a 3 anni di carcere e la grazia ricevuta dal presidente al-Sisi, l’attivista è stato rilasciato dal commissariato di Nuova Mansura ed è tornato in libertà. Ha abbracciato la madre e gli altri famigliari. Meloni sente al-Sisi: “Grazia a Zaki gesto molto apprezzato”

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Patrick Zaki, dopo la condanna a tre anni di carcere a Mansura e la grazia ricevuta dal presidente egiziano al-Sisi (LE TAPPE DELLA VICENDA), è libero: è stato rilasciato dal commissariato di Nuova Mansura. Appena uscito, l'attivista ha abbracciato la madre e gli altri famigliari. "Ora sono libero, penso a tornare in Italia il prima possibile, speriamo che avvenga presto", ha detto Zaki ai giornalisti subito dopo essere stato rilasciato. "Sto pensando di ritornare a Bologna, ad essere con i miei colleghi all'università. Ora torno al Cairo", ha aggiunto. Poi, all'Ansa, ha dichiarato che spera di arrivare in Italia "nei prossimi due giorni" e ha dichiarato di essere "molto felice di essere ora libero. Un grazie al governo italiano", mentre usciva dall'Ambasciata italiana a Il Cairo per sbrigare le ultime pratiche burocratiche. L'intenzione di Zaki è quella di raggiungere Bologna sabato con un volo di linea. Zaki ha anche fatto sapere che rimarrà "a Bologna solo due settimane, poi tornerò in Egitto a causa del mio matrimonio a settembre".Intanto, a Radio 24, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha negato che ci sia stato un baratto tra la liberazione di Zaki e il caso Regeni: "Nessun baratto, nessuna trattativa sottobanco. Siamo riusciti a ottenere questo risultato, poi si può dire ciò che si vuole. Siamo persone serie, non facciamo baratti di questo tipo". Sul Regeni: "Continueremo a chiedere che si faccia luce sulla vicenda come abbiamo sempre fatto, abbiamo messo sullo stesso piano le due questioni".

Zaki è tornato in libertà

Zaki è quindi tornato in libertà intorno alle 12 italiane, uscendo dal commissariato di Nuova Mansura. Davanti all'edificio c'erano la madre Hala Sobhy, il padre George, la sorella Marise, la fidanzata Reny Iskander e l'amica Yousra El Klesly. Appena liberato, dopo aver stretto la mano a un uomo della sicurezza, Zaki ha abbracciato per vari secondi la madre, poi la fidanzata e gli altri famigliari. "Un grazie a Bologna, un grazie all'Università, al rettore, a chiunque lì, alla mia gente a Bologna. Sono parte della comunità di Bologna, appartengo a loro, sicuramente", ha detto ai giornalisti dopo essere stato rilasciato. "Sono veramente contento per quello che hanno fatto per me da anni. Hanno dimostrato un vero impegno nei confronti del mio caso e adesso sono libero", ha aggiunto. E ancora: "Voglio aggiungere un grazie ai componenti del Dialogo nazionale che hanno lanciato appelli per me negli ultimi due giorni e che hanno fatto anche altri sforzi per rendere possibile questo momento e rendermi la libertà". "Non so nulla di quello che è avvenuto negli ultimi due giorni", ha aggiunto rispondendo alla domanda se abbia un'interdizione a viaggiare. "Ora ripartiamo da capo" e "poi ci possiamo pensare", ha aggiunto. La notizia che Zaki sarebbe stato liberato era stata pubblicata ieri sera sulla Gazzetta ufficiale. Oltre a Zaki, nel decreto presidenziale di grazia compaiono anche il nome dell'altro noto attivista Mohamed El-Baqer e di altri due uomini e due donne.

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L'abbraccio tra Zaki e la madre
L'abbraccio tra Zaki e la madre - ©Ansa

Meloni sente al-Sisi: “Grazia a Zaki gesto molto apprezzato”

Intanto Palazzo Chigi ha fatto sapere in una nota che la premier “Giorgia Meloni ha avuto oggi una conversazione telefonica con il Presidente dell'Egitto al-Sisi, in particolare per ringraziarlo per la grazia concessa a Patrick Zaki, un gesto di grande importanza che è stato molto apprezzato in Italia". La telefonata fra Meloni e al-Sisi "è stata anche un'occasione per approfondire alcuni temi bilaterali e per fare un punto in vista della Conferenza sullo sviluppo e migrazioni di domenica a Roma dove l'Egitto sarà rappresentato dal Primo Ministro Madbouly. È stato espresso l'auspicio da entrambi i leader di poter presto avere una occasione di incontro".

“Grazia presidenziale è apprezzamento per l’Italia”

Bassam Rady, ambasciatore egiziano a Roma, all’Ansa ha spiegato che "l'uso da parte del presidente al-Sisi della sua autorità costituzionale per concedere la grazia presidenziale è un apprezzamento (...) personale per la profondità e la forza delle relazioni italo-egiziane. E la rapidità della grazia ne è la migliore prova, in particolare poiché è avvenuta meno di 24 ore dopo l'emissione della sentenza definitiva".

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Il caso

Patrick Zaki era uno studente egiziano, ora laureato in studi di genere all'Università di Bologna, quando è stato fermato il 7 febbraio 2020 (con formalizzazione dell'arresto il giorno dopo) all'aeroporto del Cairo mentre rientrava in Egitto per una vacanza. Anche se la circostanza è stata smentita dalla procura, le modalità del fermo sarebbero state illegali: gli avvocati di Zaki hanno denunciato che agenti dell'Agenzia di sicurezza nazionale (la temuta Nsa) l’hanno tenuto bendato e ammanettato per 17 ore durante il suo interrogatorio allo scalo cairota. L'attivista, inoltre, sarebbe stato picchiato e torturato con scosse elettriche. Durante il periodo pre-processuale, tra il febbraio 2020 e il settembre 2021, Zaki ha dovuto affrontare 18 udienze in cui sono stati decisi prolungamenti della sua custodia cautelare: l'ha passata quasi tutta nel carcere di Tora al Cairo, dopo meno di un mese trascorso nelle celle di due commissariati e di una prigione di Mansura, la sua città natale sul delta del Nilo. Soprattutto durante il primo periodo della pandemia, nella primavera 2020, la sua vicenda giudiziaria è stata connotata da nove slittamenti delle udienze per il rinnovo della custodia cautelare. A Tora Zaki ha dormito sempre per terra, usando coperte come materasso e patendo forti dolori alla schiena. Ha ricevuto la prima visita dei parenti dopo cinque mesi e mezzo di reclusione. L'allora solo studente dell'Alma Mater ha rischiato 25 anni di carcere per una fantomatica serie di dieci post pubblicati su Facebook che istigavano alla sovversione ma che lui ha sempre negato di aver scritto: sarebbero apparsi su un account che porta due (Patrick George) dei suoi tre nomi principali, ma non sono stati mai resi noti o consegnati alla difesa. I testi erano stati usati per accusarlo di “diffusione di notizie false”, “incitamento alla protesta” e “istigazione alla violenza e a crimini terroristici”, reati che in Egitto possono costare anche il carcere a vita. Zaki era tornato a piede libero nel dicembre di due anni fa. L'accusa di “diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese”, al centro del processo che si è concluso nei giorni scorsi e per la quale erano comminabili fino a 5 anni di carcere, si basa su un articolo che il cristiano Zaki ha scritto nel 2019 su attentati dell'Isis e due casi di presunte discriminazioni di copti, i cristiani d'Egitto. Il 18 luglio 2023, quindi, Zaki è stato condannato a tre anni di carcere. Il giorno dopo, l’annuncio della grazia e la conclusione di un incubo durato tre anni e mezzo.

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