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Sudan, paramilitari delle Rsf: "Tregua violata da esercito". Onu: "270mila in fuga"

Mondo
©Ansa

Secondo l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), centinaia di migliaia di persone potrebbero fuggire verso il Ciad e il Sud Sudan. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha reso noto che è stato occupato un laboratorio pubblico centrale che contiene campioni di malattie. Ieri in serata l’arrivo a Ciampino degli italiani rientrati insieme a tredici stranieri, tra cui sudanesi e greci. Tajani: “La nostra ambasciata è stata chiusa”

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L'annunciata tregua di 72 ore in Sudan sarebbe stata violata dall'esercito, ha fatto sapere il gruppo paramilitare delle Rsf. Dopo diversi tentativi falliti per arrivare a un cessate il fuoco, la situazione sembrava essersi sbloccata nelle scorse ore, quando i generali in guerra nel Sudan avevano concordato uno stop agli scontri di tre giorni (a partire dalla mezzanotte fra il 24 e il 25 aprile). Sembra invece che lo scontro fra il presidente Abdel-Fattah al-Burhan e il vicepresidente filorusso Mohamed Hamdan Dagalo non sia riuscito ad arrivare a una vera e propria pausa, anche se l'annuncio delle Rsf non è stato confermato da fonti indipendenti (LEGGI LE NEWS DI OGGI SULLA GUERRA IN SUDAN). Intanto l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha reso noto che i combattenti hanno occupato un laboratorio pubblico centrale che contiene campioni di malattie, tra cui la polio e il morbillo, creando una situazione "estremamente, estremamente pericolosa". "C'è un enorme rischio biologico associato all'occupazione del laboratorio centrale di sanità pubblica di una delle parti in guerra", ha dichiarato Nima Saeed Abid, rappresentante dell'Oms in Sudan, ai giornalisti a Ginevra in collegamento video. Allarme dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr): fino a 270.000 persone potrebbero fuggire verso il Ciad e il Sud Sudan. La rappresentante dell'Unhcr in Ciad Laura lo Castro ha detto che nel Paese sono arrivati 20.000 rifugiati e l'organizzazione si aspetta che arrivino fino a 100.000 persone "nel peggiore dei casi". D'altra parte, "in Sud Sudan, lo scenario più probabile è quello di 125.000 rifugiati sud-sudanesi di ritorno e 45.000 rifugiati", ha dichiarato la rappresentante Unhcr Marie-Hélène Verney, durante un briefing con la stampa. 

Onu: "Critica carenza di acqua e cibo"

"Dopo 10 giorni di combattimenti, la carenza di cibo, acqua, medicinali e carburante sta diventando estremamente acuta, specialmente a Khartoum e nelle aree circostanti": è l'allarme lanciato dall'ufficio umanitario delle Nazioni Unite (Ocha). Si assiste poi a una impennata dei prezzi dei generi di prima necessità, acqua in prima fila, mentre inizia a scarseggiare anche il denaro contante.

Iniziata l'evacuazione di cittadini giapponesi e britannici

Il Giappone ha evacuato 45 cittadini e ha chiuso la sua ambasciata in via temporanea. Lo ha annunciato il primo ministro nipponico Fumio Kishida. "Un totale di 45 persone sono decollate dal Sudan orientale per Gibuti con l'aereo da trasporto C2 inviato" dalle truppe giapponesi, ha detto Kishida. Altri quattro giapponesi sono stati trasferiti dal Sudan a Gibuti e in Etiopia con l'aiuto della Francia e delle organizzazioni internazionali. Il Giappone aveva dichiarato di avere circa 60 cittadini in Sudan. Il ministero degli Esteri istituirà un ufficio di collegamento a Gibuti per continuare ad aiutare l'evacuazione dei giapponesi rimasti nel Paese africano. Anche la Gran Bretagna ha reso noto di avere avviato l'evacuazione dei suoi cittadini che si trovavano nel Paese: "I voli militari britannici partiranno da un aeroporto fuori Khartoum", spiega una nota del governo. "I voli saranno aperti a coloro che hanno il passaporto britannico e sarà data priorità ai gruppi familiari con bambini e anziani o a persone con problemi di salute".

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Il ritorno dei connazionali

Ieri 24 aprile, in serata, il rientro degli italiani. A decine sono venuti da più parti del Paese arrivando allo scalo di Ciampino: in totale 96 connazionali che hanno viaggiato con gli aerei dell'aeronautica militare. I passeggeri arrivano in serata suddivisi su due voli: prima un 767, poi un C130 della 46esima brigata aerea che, per esigenze di rifornimento, atterra a Roma più tardi, dopo le 23. Ci sono anche tredici stranieri, tra cui sudanesi e greci. "Mia figlia sta bene, speriamo di vederla presto. L'abbiamo sentita l'ultima volta questa mattina: era molto contenta di rientrare", ha fatto sapere Aurora, madre di Costanza Matafù, 34 anni, di Messina, una operatrice di una agenzia per la cooperazione che torna in Italia. Costanza si trovava in Sudan dal 2021, prima era in Giordania. "Se l'è vista brutta, ha avuto paura: si è trovata in casa un proiettile grosso così, hanno dovuto dormire a terra e in un appartamento non loro, al piano terra perché al terzo piano non potevano stare", spiega. La trappola di Karthoum però ormai è alle spalle e tra i primi ad esprimere soddisfazione c'è il ministro degli Esteri Antonio Tajani: "Tutto è proceduto nel modo migliore. Gli italiani sono stati tutti messi in sicurezza. La nostra ambasciata è stata chiusa, molto probabilmente la sposteremo in maniera temporanea o in Etiopia o in Egitto", dice il titolare della Farnesina che spiega anche alcuni dettagli dell'evacuazione. "Sono rimasto in contatto con i leader delle fazioni che si stanno combattendo, hanno rispettato l'impegno a garantire la sicurezza del nostro convoglio, li ho ringraziati, questo è un fatto positivo. È stata un'operazione difficile, complicata e rischiosa ma è andato tutto per il verso giusto", ha aggiunto Tajani, che ai due leader ha detto che il governo italiano ha "insistito per il cessate il fuoco e perché trovino un accordo". L'operazione è stata condotta dagli Esteri, dalla Difesa e dalla intelligence tenendo sempre informata il presidente del Consiglio. Altri 19 connazionali, un gruppo di sub che si trovavano lì per una crociera sono rientrati l'altro ieri in Egitto grazie al lavoro della nostra ambasciata al Cairo.

Chi è rimasto

Gli italiani che hanno voluto lasciare il Sudan sono stati trasferiti prima a Gibuti, mentre nel Paese sono rimaste alcune decine di italiani, alcuni volontari di Emergency e alcuni missionari, comprese dieci suore: "Continueremo a seguirli", sottolinea Tajani. L'ultimo aereo era partito da Khartum con a bordo l'ambasciatore Michele Tommasi e i militari, che sono saliti per ultimi quando tutto era stato messo in sicurezza. "È stata un'operazione coordinata dal Comando di vertice interforze, sono stati impiegati tre aerei C-130, 36 persone dell'aeronautica che hanno avuto al loro fianco 29 uomini dei gruppi speciali dai nostri 'Col Moschin' agli incursori della marina, gli addetti dell'Aise, i carabinieri che erano già sul posto: più persone che si sono coordinate anche alle forze dei Paesi alleati", ha spiegato il ministro della Difesa Guido Crosetto. A testimoniare che non è stato affatto facile ci sono alcuni episodi avvenuti nella capitale sudanese come l'operazione, poi abortita, dove un francese è stato ferito da un cecchino dei paramilitari. Ferito in un altro frangente anche un dipendente dell'ambasciata d'Egitto, Paese a rischio di coinvolgimento nel conflitto. A Khartoum inoltre sono stati visti incolonnarsi alla volta di Port Said decine di veicoli bianchi delle Nazioni Unite e molti autobus nonostante la tregua umanitaria di tre giorni annunciata venerdì sia stata violata anche nelle ultime ore fra l'altro con raid aerei delle Forze armate che, secondo i paramilitari, hanno causato "decine di morti e feriti".

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