
Israele, 11 settimane di proteste contro la riforma della Giustizia: cosa sta succedendo
Ieri, per l'undicesimo sabato consecutivo, decine di migliaia di cittadini si sono raccolti nel centro di Tel Aviv. Le manifestazioni sono andate in scena anche in altre 120 località del Paese. Si contesta la riforma fortemente voluta dal premier Netanyahu che consentirebbe al Parlamento di ribaltare le decisioni della Corte Suprema

Proseguono le manifestazioni contro la riforma della Giustizia in Israele. Ieri, per l'undicesimo sabato consecutivo, decine di migliaia di cittadini si sono raccolti nel centro di Tel Aviv (in foto). Oltre alla città, le proteste sono andate in scena in altre 120 località del Paese. E nell'incrocio stradale di Karkur (nel Nord di Israele) centinaia di dimostranti sono stati dispersi con un cannone ad acqua dalla polizia, che ha anche compiuto degli arresti
Netanyahu in crisi, perché Israele è in piazza
In precedenza nel villaggio di Kfar Uria, a Ovest di Gerusalemme, si erano avuti altri incidenti quando gruppi di dimostranti avevano inscenato una protesta contro un edificio dove soggiornava il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, il leader del partito di estrema destra Potenza ebraica
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Ma per cosa si protesta in Israele? Tutto ruota intorno alla riforma del sistema giudiziario che il governo di destra, guidato da Benjamin Netanyahu, vuole varare. Attualmente in Israele ogni legge può essere annullata dalla Corte Suprema. Lo Stato ebraico non ha una costituzione, ma la Corte fa riferimento a una serie di leggi fondamentali e al principio della ragionevolezza. I 15 giudici della Corte sono votati da un gruppo di nove persone a maggioranza magistrati o avvocati
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Allo stato delle cose, quindi, qualsiasi legge o provvedimento amministrativo decisi dal governo o dal parlamento possono essere affossati dall’Alta Corte. E il controllo e il potere di una Corte Suprema indipendente dalla politica è sempre stato considerato indispensabile in Israele. Ma con la nuova riforma le cose cambiano

Viene previsto infatti che l’Alta Corte sia di fatto nominata dal governo. In più, la riforma limita i poteri dei giudici: potranno rinviare al parlamento una legge contraria alle leggi fondamentali solo a larga maggioranza, ma i deputati potranno rivoltarla a maggioranza semplice superando l’opposizione della Corte Suprema. Ciò significa che l’esecutivo in carica non avrà più un contro-potere che ne limiti eventualmente gli eccessi

I manifestanti, quindi, sostengono che la riforma sia un pericolo per la democrazia israeliana, perché di fatto elimina ogni contrappeso al potere del governo in carica. Il governo e i suoi sostenitori, invece, pensano che si tratti di un ribilanciamento dei poteri dello Stato, perché negli ultimi decenni il potere giudiziario sarebbe diventato troppo forte. Nella foto, le porteste dei giorni scorsi a Tel Aviv

La riforma all’interno del governo è sostenuta sia dai partiti della destra nazionalista laica, come il Likud di Netanyahu (in foto), sia dai partiti ultraortodossi. Netanyahu in particolare in questo momento è sotto processo per corruzione e altri reati, e ritiene che le accuse contro di lui siano politicamente motivate. Il premier israeliano ha rifiutato finora tutte le proposte di mediazione, inclusa quella avanzata dal presidente Isaac Herzog

Gli ultraortodossi invece accusano la Corte di aver cercato di limitare le numerose esenzioni di cui godono. Un esempio su tutti? Il servizio militare per loro non è obbligatorio. Nella foto, la manifestazione a Tel Aviv dell'11 marzo scorso
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