Netanyahu in crisi, perché Israele è in piazza
Mondo ©GettyTutto nasce dalla riforma del sistema giudiziario che il governo di destra guidato dal leader del Likud vuole varare
Perché centinaia di migliaia di persone da giorni scendono in piazza in Israele? Perché un Paese di cui siamo abituati a sentir parlare o per le sue strat up e la vita di Tel Aviv o per il conflitto arabo israeliano, gli scontri, gli attentati o le guerre tra israeliani e palestinesi ora è dilaniato da una spaccatura interna alla popolazione israeliana? Perché si parla di democrazia a rischio, di deriva autoritaria, e si evoca la Polonia, l’Ungheria, quando non addirittura l’Afghanistan?
La riforma della discordia
Tutto nasce dalla riforma del sistema giudiziario che il governo di destra guidato da Benjamin Netanyahu vuole varare. Attualmente in Israele ogni legge può essere annullata dalla Corte Suprema. Lo Stato ebraico non ha una costituzione, ma la Corte fa riferimento ad una serie di leggi fondamentali ed ad un principio tanto importante quanto vago come quello della ragionevolezza. I quindici giudici della Corte sono votati da un gruppo di nove persone a maggioranza magistrati o avvocati.
Ora, quindi, qualsiasi legge o provvedimento amministrativo decisi dal governo o dal parlamento possono essere affossati dall’Alta Corte. In un paese dove esiste da più di cinquant’anni uno stato di occupazione dei territori palestinesi, dove è necessaria una lotta al terrorismo che deve osservare i limiti dello stato di diritto, il controllo e il potere di una Corte Suprema indipendente dalla politica è sempre stato considerato indispensabile.
La riforma in via di approvazione invece prevede che l’Alta Corte sia di fatto nominata dal governo. In più limita i suoi poteri. I giudici, infatti, potranno rinviare al parlamento una legge contraria alle leggi fondamentali solo a larga maggioranza, ma i deputati potranno rivoltarla a maggioranza semplice superando l’opposizione della Corte Suprema. Insomma, come avvenuto in Polonia e Ungheria, l’esecutivo in carica non avrà più un contro potere che ne limiti eventualmente gli eccessi.
Le differenze con Polonia e Ungheria
Rispetto ai due Paesi Ue però ci sono delle aggravanti. Primo: Israele non è inserito in un contesto sovranazionale come l’Unione Europea che può limitare, ammonire e sanzionare le derive antidemocratiche dei suoi Stati membri. Secondo: Bibi Netanyahu, il premier fautore della riforma, è a processo per corruzione e abuso d’ufficio. La sua volontà di sottomettere il sistema giudiziario al governo da lui presieduto sa di palese ricerca di impunità. Terzo, e forse fattore più importante. Israele, come dicevamo prima, ha un conflitto aperto. Gli scontri i Cisgiordania sono ripresi e così gli attentati palestinesi e i raid dell’esercito. La maggioranza di governo attuale è formata da partiti di estrema destra. Il più moderato è il Likud di Netanyahu. Alcuni ministri israeliani sono apertamente omofobi e razzisti. Il venti per cento della popolazione con passaporto israeliano è araba e denuncia da sempre discriminazioni di fatto anche se non formali. Il governo più estremista della storia d’Israele privo di istituzioni superiori che lo ancorino ai basilari vincoli giuridici e allo stato di diritto spaventa i cittadini arabo israeliani ma anche moltissimi cittadini ebrei che hanno a cuore il rispetto dei diritti fondamentali e che animano una società per alcuni aspetti ultra moderna.
L'esempio di due giovani israeliani uccisi
Un esempio lampante è avvenuto pochi giorni fa. Il 26 febbraio due giovani israeliani residenti in una colonia in Cisgiordania sono stati uccisi da un palestinese mentre passavano in macchina per il villaggio arabo di Huwara. In poche ore centinaia di abitanti delle colonie israeliane, la magior parte di estrema destra, hanno invaso Huwara, hanno incendiato case ed automobili, ferito decine di persone ed ucciso un palestinese. Il tutto godendo dell’inerzia dell’esercito e senza subire conseguenze per le loro azioni.
Il ministro delle finanze israeliano Smotrich ha criticato gli assalitori con le seguenti parole: “Penso che Huwara debba essere cancellato. Ma penso che sia dovere dello Stato d'Israele farlo, e non di privati cittadini”. Inevitabile la condanna internazionale e la mobilitazione di molti cittadini israeliani che sono scesi in piazza per protestare ed hanno raccolto soldi in aiuto dei palestinesi di Huwara. In una situazione così compromessa, è inevitabile che un presidio di stato di diritto sia considerato indispensabile. Per questo mezza Israele o scende in piazza o vuole la fine dell’attuale governo. Per questo lo scontro politico non ha mai visto un tale livello di contrapposizione, neanche quando venne ucciso da un israeliano il premier Rabin. Per questo Netanyahu, anche nel suo viaggio a Roma è stato boicottato, contestato ed inseguito da manifestanti israeliani che temono possa far tramontare l’orgoglio dello Stato ebraico di essere l’unico vero presidio di democrazia del Medio Oriente.