Terremoto Turchia, quei bimbi che per miracolo si sono salvati dal sisma

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Claudia Torrisi

Claudia Torrisi

La catastrofe dello scorso 6 febbraio ha provocato la morte di più di 41 mila persone tra Turchia e Siria. Sotto alle macerie, però, alcuni bambini sono riusciti a sopravvivere per oltre cinque giorni e questi casi, dicono i neonatologi, "hanno del miracoloso"

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Muhammed, due anni, estratto vivo dalle macerie a 44 ore dal terremoto che ha distrutto la Turchia meridionale e il nord della Siria. Una bimba di 18 mesi, trovata viva dopo più di 56 ore. Salvo anche Yagiz, di appena 10 giorni, estratto vivo insieme alla mamma dopo 90 ore. Trovato in vita dopo 140 ore, nel distretto di Antakya, in Turchia, un bimbo di 7 mesi. Oggi, a 178 ore dal sisma, sette giorni, tratta in salvo Miray, 6 anni. E poi c’è Aya, la bimba che sotto le macerie non solo è sopravvissuta, ma proprio nata. La piccola, il cui nome in arabo significa “miracolo”, è stata trovata con il cordone ombelicale ancora attaccato alla sua mamma, morta subito dopo averla partorita. Sono piccoli ma incredibilmente forti i bambini, alcune volte anche neonati, che sono stati estratti vivi dagli edifici sbriciolati dal devastante terremoto che ha colpito Turchia e Siria lo scorso 6 febbraio (LO SPECIALE). Sprazzi di speranza che sanno di miracoli in un contesto di morte che conta ad oggi oltre 41 mila vittime. Difficile pensare come questi bambini siano riusciti a restare vivi per ore o per giorni sotto il peso del cemento, al freddo, senza cibo e senza acqua. “C’è da dire che i bambini hanno sempre delle capacità di riserva anche dal punto di vista metabolico che sono straordinarie”, spiega il dottor Gian Vincenzo Zuccotti, direttore responsabile di Pediatria e del Pronto soccorso pediatrico dell’ospedale Luigi Sacco di Milano. “Perché loro - aggiunge - riescono a funzionare anche producendo corpi chetonici che quindi sono utili anche dal punto di vista metabolico”.

Freddo non solo nemico

In questi giorni si è spesso detto come il clima freddo delle zone terremotate abbia reso i soccorsi ancora più complicati. In questo caso però potrebbe aver giocato un ruolo positivo. “Questo - afferma il dottor Zuccotti - è un momento in cui non fa caldo, anzi tutt’altro, e questo riduce anche la perdita di liquidi e quindi anche i fabbisogni sono più contenuti”. Il dottor Stefano Ghirardello, direttore della Neonatologia e della Terapia intensiva neonatale della fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, mette però in luce come in situazioni del genere sia difficile capire “cosa abbia potuto contribuire a una sopravvivenza che ha del miracoloso, soprattutto per quanto riguarda i neonati”. In un bambino con meno di 28 giorni, spiega Ghirardello, “la riduzione della temperatura corporea aumenta la mortalità. Non sono in grado di sapere cosa sia successo nei singoli casi ma sono abbastanza convinto che per qualche motivo si sia riusciti a mantenere una temperatura corporea adeguata”. E chiarisce: “O perché magari c’era una sacca che ha fatto da igloo e che ha tenuto la temperatura o perché il bambino era abbracciato a qualcuno. Questo stare al contatto con un'altra persona in qualche modo gli ha mantenuto la temperatura corporea”.

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Riserve caloriche

Le situazioni sono varie e le notizie che giungono troppo frammentarie per comprendere davvero cosa abbia permesso la sopravvivenza di questi bambini. “24/48 ore dopo la nascita un digiuno è tollerabile perché anche il neonato ha qualche riserva. Un bambino che fino a qualche ora prima era stato allattato al seno ha qualche scorta da mobilizzare. Poi è complicato. Diversi i casi di lattanti di sette/otto mesi che hanno invece delle riserve di calorie che possono permettergli non di stare senza bere ma di sopportare un digiuno”.

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Concomitanza di fattori

Per il dottor Alberto Giannini, primario di Anestesia e Rianimazione Pediatrica dell’ospedale dei Bambini ASST Spedali Civili di Brescia, “non c’è una risposta chiara ed esauriente". Per il responsabile del reparto bresciano, la sopravvivenza è legata ad una serie di fattori che devono concatenarsi “in un modo straordinariamente favorevole: il primo è che il crollo non abbia causato lesioni al bambino, che non abbia prodotto lo schiacciamento di cranio, torace e addome. Il secondo è che le vie aeree rimangano pervie. La terza è che vi sia uno spazio di aria”. Il dottore aggiunge che “talora anche una moderata riduzione della temperatura può favorire, perché influenza il metabolismo, e può avere un effetto protettivo nel complesso sull’organismo. Ma è necessario parlare al condizionale perché non abbiamo elementi scientifici che possano spiegare questi casi di sopravvivenza. Si tratta di una concomitanza di fattori”. E conclude: “A fronte del fatto che certi eventi non si possono prevenire né prevedere, quello che conta è la tempestività e la pianificazione dei soccorsi e la creazione di posti avanzati di trattamento che permettano di trattare sul campo con strutture adeguate di tipo rianimatorio le persone coinvolte si riesce a contenere in qualche misura la mortalità e i danni”.

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