Alla votazione per lo speaker, terza carica dello Stato, i repubblicani si sono presentati divisi, con un gruppo di deputati dell'ala più radicale e trumpiana deciso a sbarrare la strada al 57enne californiano Kevin McCarthy
Donald Trump rompe il silenzio sull'elezione dello speaker della Camera statunitense e sostiene pubblicamente sul suo social Truth Kevin McCarthy, bocciato ieri tre volte consecutive da una ventina di colleghi dell'ala più radicale e conservatrice del partito.
Non succedeva da un secolo
La mancata elezione al primo colpo - seguita da altri due flop - è un fallimento imbarazzante: è successo solo 14 volte nella storia repubblicana, di cui 13 prima della Guerra Civile e l'ultima nel 1923, quando furono necessari nove scrutini per rieleggere il repubblicano Frederick Gillett. Dopo un secolo, stesso scenario. Bocciato clamorosamente tre volte, il deputato repubblicano Kevin McCarthy è deciso a continuare la sua battaglia per diventare speaker della Camera. "Continueremo a fare quello che abbiamo fatto, parlare, e risolveremo i piccoli problemi", ha assicurato ai giornalisti.
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A favore di McCarthy
La maggior parte dei deputati repubblicani si definisce "only Kevin". "Dobbiamo fare una scelta, vogliamo essere il partito del 2% dei radicali?" afferma il deputato Kat Kammack. McCarthy ha il sostegno del "90% dei repubblicani della Camera" aggiunge un altro deputato, Patrick McHenry. Ma intanto i ribelli non demordono. Lo scontro interno al partito repubblicano crea una forte situazione d'incertezza, dato che senza speaker la Camera non può funzionare. A contestare McCarthy è l'ala più a destra del partito, quella del Freedom caucus, che lo considera troppo vicino all'establishment.
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Contro McCarthy
Cinque gli irriducibili “No Kevin” che lo accusano di non essere abbastanza conservatore. Quanto basta per impedire il quorum di 218 voti, dato che i 212 dem hanno sostenuto il loro candidato di bandiera Hakim Jeffries, primo leader afroamericano alla House. I cinque hanno votato per il rivale ultraconservatore dell'Arizona Andy Biggs, sostenuto poi da altrettanti colleghi di partito, mentre 9 hanno votato altri candidati: un pacchetto di 19 voti che è mancato anche nella seconda votazione e che è salito a 20 nella terza, dove la fronda si è coalizzata su Jim Jordan.