Il quotidiano belga Le Soir scrive che l’ex vicepresidente Pe avrebbe ammesso di aver incaricato il padre di nascondere le mazzette di denaro e di essere a conoscenza dell'attività portata avanti dal marito Francesco Giorgi con l'ex eurodeputato Antonio Panzeri, entrambi in carcere. Quest’ultimo ha riconosciuto in parte il suo coinvolgimento, puntando il dito sull'ex collega socialista. Il legale di Kaili: “Non ha mai ammesso di aver chiesto al padre di trasferire il denaro" ritrovato a casa sua "per nasconderlo"
Iscriviti alla nostra newsletter per restare aggiornato sulle notizie dal mondo
L'ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, in carcere dal 9 dicembre scorso nell'ambito dell'inchiesta sul Qatargate, davanti agli inquirenti avrebbe ammesso di aver incaricato il padre di nascondere le mazzette di denaro e di essere a conoscenza dell'attività portata avanti dal marito, Francesco Giorgi, con l'ex eurodeputato Antonio Panzeri, entrambi in carcere. La notizia arriva dal quotidiano belga Le Soir, in base a documenti visionati insieme a Knack e La Repubblica. Ma l’avvocato dell'ex vicepresidente del Parlamento europeo, Michalis Dimitrakopoulos, ha negato. "La signora Kaili non ha mai ammesso di aver chiesto al padre di trasferire il denaro" ritrovato a casa sua "per nasconderlo", ha dichiarato il legale al sito di Kathimerini, aggiungendo che "la signora Kaili è venuta a conoscenza di questo denaro all'ultimo minuto e ha chiesto che tornasse immediatamente al suo proprietario, il signor Panzeri". Panzeri, intanto, ha riconosciuto in parte il suo coinvolgimento, puntando poi il dito sull'ex collega socialista Marc Tarabella come beneficiario dei “regali” del Qatar.
La versione dell’avvocato di Kaili
Secondo l’articolo uscito su Le Soir, l'eurodeputata del partito socialista avrebbe confessato di avere chiesto al padre di nascondere le mazzette di denaro che la polizia ha poi rinvenuto in una valigia al momento dell'arresto dell'uomo. Secondo l’avvocato di Kaili, la politica ha spiegato di essere stata informata del denaro quando il suo compagno è stato arrestato vicino al garage della loro casa. In quel momento, secondo il legale, l'ex vicepresidente ha cercato di trovare il proprietario del denaro, ovvero Panzeri, per consegnarglielo. "La signora Kaili non ha mai ammesso di aver chiesto al padre di trasferire il denaro" ritrovato a casa sua "per nasconderlo", ha detto Dimitrakopoulos. "Un'opzione era quella di consegnare il suo compagno alla polizia, un'altra era quella di riportare il denaro al suo proprietario. Kaili non aveva l'obbligo di denunciare il marito secondo la legge europea", ha dichiarato l'avvocato. Infine Dimitrakopoulos ha chiarito che la sua assistita nega qualsiasi coinvolgimento nel caso e ha osservato: "Tutte le proprietà in suo possesso sono giustificate dai suoi stipendi".
La ricostruzione del giornale
Secondo la ricostruzione del quotidiano francofono, invece, il giorno del blitz che ha portato agli arresti Kaili sarebbe entrata nel panico quando la polizia ha fermato il compagno Francesco Giorgi, che aveva appena lasciato il loro appartamento a poca distanza dal Parlamento europeo. Oltre ad avvertire il padre, fermato poco dopo in un hotel di alta fascia nel cuore del quartiere europeo, mentre tentava di darsi alla fuga con una valigia piena di contanti, l'ex vicepresidente del Pe avrebbe tentato anche di mettersi in contatto con Panzeri e altri due eurodeputati citati nell'inchiesta, dei quali non viene tuttavia indicato il nome. La flagranza di reato - in casa di Kaili e Giorgi sono state trovate altre banconote - e l'aver provato a inquinare le prove hanno quindi convinto la giustizia belga ad arrestarla. Detenuta nel carcere di Haren, nella periferia nord-orientale di Bruxelles, la politica ellenica comparirà giovedì 22 dicembre alle 9 davanti alla camera di consiglio, che dovrà decidere se prolungare la sua detenzione o rilasciarla con o senza condizioni.
vedi anche
Qatargate, Doha: “Stretta Ue impatta negativamente sulle relazioni"
Rinviata udienza per consegna figlia Panzeri al Belgio
Intanto, oggi era attesa la decisione dei giudici per un'eventuale consegna alle autorità belghe della figlia di Antonio Panzeri, Silvia. L’udienza davanti alla Corte d'appello di Brescia è però stata rinviata al prossimo 3 gennaio. I giudici bresciani hanno infatti accolto l'istanza della difesa di accertare le condizioni delle carceri in Belgio. Ieri la stessa istanza non era stata accolta per Maria Dolores Colleoni, la moglie di Panzeri, che con la figlia è indagata per concorso in associazione per delinquere, corruzione e riciclaggio: la Corte d'Appello di Brescia aveva dato il via libera alla consegna al Belgio della moglie dell'ex europarlamentare, come chiesto nel mandato d'arresto europeo firmato dal giudice di Bruxelles. "Abbiamo chiesto una valutazione del trattamento carcerario che viene effettuato in Belgio. Alla luce della concessione da parte della Corte per Silvia Panzeri, presenteremo ricorso in Cassazione anche per la madre, signora Colleoni con le medesime valutazioni di oggi", ha detto l'avvocato Angelo De Riso, legale della moglie e della figlia di Panzeri. I giudici, nel provvedimento con hanno dato il via libera alla consegna al Belgio, hanno scritto che “sussistono gravi indizi di colpevolezza".
vedi anche
Qatargate, rinviata udienza su consegna della figlia di Panzeri
Anche Avramopoulos nella bufera
Ieri è finito nella bufera anche Dimitris Avramopoulos. Ex commissario agli Affari Interni e, per un anno, membro retribuito del board di Fight Impunity, finita sulla graticola degli inquirenti belgi. "Abbiamo avviato delle verifiche interne”, ha detto il portavoce della Commissione Eric Mamer, per delineare la preoccupazione dei vertici Ue sul Qatargate. Lui si è difeso con forza, spiegando che qualsiasi sua attività per conto della Ong fondata da Antonio Panzeri è stata fatta alla luce del sole. Ora toccherà alla Commissione dimostrare la sua estraneità. Avramopoulos dal primo febbraio del 2021, per dodici mesi, ha percepito un compenso da Fight Impunity. In totale sessantamila euro. "Per la mia partecipazione e il compenso che l'accompagnava ho chiesto l'approvazione della Commissione, che mi è stata data per iscritto dalla presidente Von der Leyen", ha sottolineato Avramopoulos, spiegando che il compenso era di 5.000 euro mensili ed era tassato in Grecia. E che da marzo la sua attività presso la Ong "era sostanzialmente finita".