Ucraina, il viaggio di Iryna dentro la guerra per salvare la figlia

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Nadia Cavalleri

Ha fatto Como Dnipro andata e ritorno con mezzi di fortuna per portare al sicuro Alessia, la figlia disabile di 18 anni rimasta sola con la nonna in uno dei teatri più caldi degli scontri

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Iryna è di origine ucraina ma vive e lavora in Italia da 20 anni e ha passaporto italiano, così come sua figlia Alessia, una ragazza di 18 anni con problemi di salute e disabilità. Al momento dello scoppio della guerra erano separate: Iryna a casa in un paesino vicino Como dove lavora e Alessia invece si trovava ospite della nonna materna a Dnipro. Dopo pochi giorni dall'ingresso della Russia in Ucraina è apparso chiaro ad Iryna che non c'erano più le condizioni di sicurezza per lasciare due donne fragili, una anziana e l'altra giovane ma disabile, in un teatro di guerra. (GUERRA IN UCRAINA: LE NOTIZIE IN TEMPO REALE - LO SPECIALE)

La macchina dei soccorsi si inceppa

Iryna ha provato a contattare un po' chiunque partendo da consolati e prefetture, fino ad arrivare alle organizzazioni umanitarie che già si stavano recando in Ucraina per portare aiuti alla popolazione e assistere i profughi fino oltre i confini ad ovest, ma non è riuscita ad ottenere aiuto. E' stata contattata dal consolato ucraino in italia, ma questa istituzione, essendo lei ed Alessia cittadine italiane, non si è potuta attivare. Iryna non si è scoraggiata: ha preso contatto anche con diverse onlus e ong ma al momento dei fatti, parliamo della prima settimana di bombardamenti, nessuna organizzazione era sufficientemente presente sul territorio da poter dedicare del personale per andare a Dnipro e recuperare Alessia.

 

Il viaggio di Iryna

Iryna, presa dalla disperazione e preoccupata per la figlia che nel frattempo era anche rimasta senza medicine, si è messa in viaggio da sola e ha attraversato tutta l'Ucraina per raggiungere la ragazza. Mentre ce lo racconta, ancora non crede lei stessa al viaggio che ha affrontato. Diverse volte si è imbattuta nei posti di blocco militari "ogni volta pregavo che fossero i nostri e non quelli russi" ci dice. Ha viaggiato un po' a bordo di pulmini di fortuna, a volte su pullman più grandi scortati dai militari, per alcuni tratti con auto prese a noleggio, a volte in compagnia e a volte sola con un'altra donna che come lei stava andando verso le bombe per recuperare due giovani nipoti. Ha dormito nei bunker, ma anche presso i posti di polizia e i dormitori che lungo la strada vengono messi a disposizione dai comuni delle varie città proprio per chi fugge. 

 

Il momento più duro del viaggio 

Ci sono stati dei momenti in cui ha creduto di non farcela. Il più duro è stato proprio la prima notte. Lei e la sua compagna di viaggio erano state indirizzate da un volontario incontrato lungo la strada verso un luogo sicuro dove passare la notte: un hotel in mezzo alla campagna che le avrebbe accolte. Dopo circa 80 chilometri di tragitto in una strada completamente sterrata, hanno trovato la struttura ma era stata abbandonata. Disperate, spaventate, con il buoi fuori e -17 gradi di temperatura, si sono rimesse in viaggio senza avere una meta. La fortuna però è stata dalla loro parte: si sono imbattute in una pattuglia della polizia che le ha scortate in una caserma dove hanno passato la notte prima di rimettersi in cammino il giorno successivo.

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Casa di Iryna a Dnipro
Casa di Iryna a Dnipro

L'arrivo a Dnipro

Dopo diversi giorni di viaggio Iryna ha raggiunto Dnipro e non appena entrata in casa, era ormai sera, sono partite le sirene che avvisano la popolazione di un possibile imminente bombardamento. Lei, la figlia e la nonna si sono subito riparante nei sotterranei del palazzo e hanno trascorso lì la notte. Il tempo di riorganizzare il viaggio e si sono rimesse tutte in marcia, comprese due ospiti: due ragazze di 14 e 19 anni che sono state affidate a Iryna dai genitori, entrambi militari, che hanno preferito mandarle via, fuori dal Paese.

Il ritorno in Italia

Il viaggio di ritorno non è stato semplice, anche se ad un certo punto Iryna ha potuto contare sull'assistenza dell'unità di crisi. "Mi avevano chiamato due volte dicendo che stavano cercando delle soluzioni per noi, poi ad un certo punto mi ha chiamata direttamente il Console e mi ha detto che lui fino a quel momento non aveva saputo niente della nostra situazione nè della nostra presenza in Ucraina, e quindi mi è sembrato tutto molto strano, perchè dall'unità di crisi mi avevano detto che tutti erano a conoscenza della nostra situazione".  Ad ogni modo, preso contatto con il Console, Iryna sapeva che una volta arrivata a Leopoli, avrebbe potuto contare sull'aiuto delle istituzioni per ritornare a casa. Il tragitto per arrivare lì è stato complicato, ad un certo punto il gruppo di donne è rimasto fermo di sera senza carburante per l'auto, senza un mezzo alternativo da poter prensere e senza un posto dove dormire. Di momenti difficili ce ne sono stati tanti, ma la rete di volontari sul territorio e il passaparola fra chi fugge e chi arriva, spesso hanno fatto la differenza per risolvere le situazioni "quando tu stai viaggiando e hai un'urgenza, hai bisogno di una risposta subito" mi ha spiegato Iryna "non puoi aspettare due o tre giorni la risposta da un ufficio per sapere dove andare e cosa fare". 

Il percorso che ha affrontato Iryna è un viaggio di circa 5000 km, spesso attraversato con situazioni meteo avverse, con temperature di gran lunga sotto lo zero e sempre in balìa dei bombardamenti, che a volte è riuscita a schivare di poco. Ci ha messo una settimana Iryna per andare e tornare con i suoi affetti, ma ce l'ha fatta. 

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