Massacro di Tulsa: 100 anni fa negli USA la strage razziale di 300 afroamericani

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Valentina Clemente

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La città di Tulsa, in Oklahoma, si ferma per commemorare i cento anni del massacro di 300 afroamericani. Una ferita ancora aperta in una città spezzata dalle divisioni razziali, che non vuole i conti con il suo passato e che cavalca una "cospirazione del silenzio", imponendo forti limiti nell'insegnamento ai giovani, a scuola, di quella pagina nera del 31 maggio 1921. Biden sarà a Tulsa martedì 1 giugno per incontrare una comunità colpita e distrutta che, però, non vuole - e non può - dimenticare

Un anno fa, la morte di George Floyd, nel Memorial Day. Novantanove anni prima, nella stessa settimana, il massacro razziale di Tulsa, in Oklahoma: circa 300 persone di colore vengono uccise da un gruppo di bianchi. I numeri della tragedia non sono mai stati confermati, le circostanze in cui tutto è avvenuto, invece, sì. Un’eredità nascosta anche ai discendenti di chi ha vissuto i tragici fatti in prima persona. E che, a cento anni di distanza e con l’avvento del movimento Black Lives Matter, esige di essere raccontata.

Il contesto storico e sociale

Nei primi anni venti del secolo scorso, molti afroamericani emigrano verso altre aree del Paese, alla ricerca di opportunità economiche e creative: è il periodo del Rinascimento di Harlem e Tulsa, seconda città più grande del Sooner State, conta una comunità di colore di circa 10.000 persone. Una realtà arricchitasi con i proventi dei giacimenti petroliferi in piena espansione, dove molti residenti neri trovano lavoro come facchini, meccanici, operai e domestici. La maggiore concentrazione economica è nel quartiere di Greenwood, noto come Black Wall Street, con negozi, ristoranti e altre attività di proprietà proprio della black community. Comunità delimitata dalla “Linea”, ovvero i binari della Frisco railroad, che dividono la zona nord (nera) da quella sud, bianca, della città.

Che cosa accade il 31 maggio 1921

Il 31 maggio 1921, avviene il fatto che cambia la storia di Tulsa: carri carichi di residenti neri, alcuni armati, si precipitano nell’ufficio dello Sceriffo per affrontare dei bianchi che si stavano radunando lì, apparentemente progettando di rapire e linciare un detenuto di colore. Scoppiano spari e nelle 24 ore successive una folla bianca infiammata dalle voci di un'insurrezione nera prende d’assalto il distretto di Greenwood e lo distrugge, bruciandolo. Il massacro di Tulsa resta uno degli atti più forti di violenza razziale di massa negli Stati Uniti, ma per decenni resta sconosciuto anche agli stretti discendenti dei sopravvissuti, messi a tacere per paura di rappresaglie e cancellati dai libri di storia. Sebbene la polizia di Tulsa abbia permesso ai rivoltosi di bruciare uno dei quartieri neri di maggior successo del paese, nessuno è mai stato ritenuto responsabile.

Una tragedia nascosta che deve essere raccontata

A un anno dopo le proteste di Black Lives Matter in tutto il Paese causate dalla morte di George Floyd e Breonna Taylor i riflettori nazionali si sono, quindi, accesi sull'ingiustizia di Tulsa. Ma anche sull’amnesia corrosiva degli Stati Uniti in merito alle violenze razziali. Il desiderio, a cento anni dal massacro, è trovare giustizia. Per quello che è stato perso ma soprattutto per il silenzio assordante che questo massacro ha sentito per anni.

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Il racconto della strage attraverso i documentari: l’impegno di Russel Westbrook e LeBron James, star NBA

“A scuola nessuno mi aveva mai parlato del massacro di Tulsa. Soltanto dopo aver trascorso 11 anni in Oklahoma sono venuto a conoscenza di quanto accaduto. Questa è una delle tante storie trascurate di afroamericani in questo Paese e merita di essere raccontata. Queste sono le storie che dobbiamo onorare e amplificare per poter imparare dal passato e creare un futuro migliore”. Le parole sono di Russell Westbrook, californiano e star NBA, a lungo protagonista sul campo degli Oklahoma City Thunder, franchigia del Sooner State che l’ha scelto al draft del 2008. E se sul parquet continua a fare la storia (ha da poco ottenuto il record di triple doppie, superando Oscar Robertson), “The Brodie” vuole lasciare il segno anche nel mondo dei documentari. Westbrook è, infatti, executive producer di “Tulsa Tulsa Burning: The 1921 Race Massacre”, diretto da Stanley Nelson e Marco Williams. Un documentario che utilizza interviste, fotografie storiche e rievocazioni per raccontare la storia di Black Wall Street, il nome che Booker T. Washington ha conferito al Greenwood District di Tulsa per l'opportunità economica creata dalla comunità nera della città. Il film ripercorre le origini della community, dal politico Edwin McCabe che raduna persone di colore per trasferirsi in Oklahoma con l'idea di avere uno stato tutto nero alle imprese locali gestite da John e Loula Williams, la coppia nera che ha acquistato la prima auto a Greenwood.

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Prodotto da SpringHill Co., società di produzione di LeBron James e Maverick Carter, il documentario diretto dalla regista Salima Koroma narra la storia del razzismo sistemico in America tanto quanto quella della città dell'Oklahoma. Il contributo, però, parla anche di quella "piccola città che vuole essere una grande città", come spesso alcuni residenti hanno descritto Tulsa.

LeBron James, superstar dei Los Angeles Lakers, è da sempre molto sensibile alle tematiche razziali negli Stati Uniti: usa spesso la sua voce per diffondere messaggi importanti in difesa alla comunità afroamericana, si è speso personalmente per convincere milioni di americani di colore ad andare a votare alle elezioni del 2020. Molto vicino a Barack Obama, in molti vedono (e sperano) che, al termine della sua carriera in NBA, King James possa dedicarsi alla politica. Magari candidandosi a Presidente degli Stati Uniti.

 

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