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Egitto, casi Regeni e Zaki: scadenza chiave per il primo, secondo in cella altri 45 giorni

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©Ansa

Mentre il presidente assicura la collaborazione con l’Italia, si avvicinano i due anni dall’iscrizione nel registro degli indagati dei cinque agenti dei servizi segreti egiziani accusati di sequestro di persona: data importante perché impone l’archiviazione o l’apertura del processo per la morte di Regeni. Per Zaki è stata rinnovata per altri 45 giorni la custodia cautelare in carcere al Cairo. Amnesty: "Accanimento giudiziario"

Giulio Regeni e Patrick Zaki. La morte del dottorando italiano dell'Università di Cambridge e la custodia in carcere dello studente egiziano dell'Università di Bologna continuano a dividere Roma e Il Cairo. Per Zaki, accusato di propaganda sovversiva, è stato deciso il rinnovo del carcere per un altro mese e mezzo, dopo gli oltre nove già passati dal ragazzo in cella. Per il caso Regeni, invece, si avvicina una scadenza chiave, mentre il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi assicura di aver già ordinato da tempo di collaborare con l'Italia.

Zaki deve restare in carcere altri 45 giorni

Patrick Zaki, studente egiziano dell'Università di Bologna, è accusato di propaganda sovversiva. Il ragazzo, che era stato arrestato in circostanze controverse il 7 febbraio e che secondo Amnesty rischia fino a 25 anni di carcere, si trova nel complesso carcerario di Tora, al Cairo. Sabato c'è stata l'udienza per decidere sul rinnovo o meno della custodia cautelare in carcere e l’esito è arrivato oggi (domenica 22 novembre). Hoda Nasrallah, una legale di Patrick Zaki, ha fatto sapere che la custodia cautelare in cella è stata rinnovata di altri 45 giorni. In Egitto la custodia cautelare può durare anche due anni. "Si tratta di uno sviluppo molto preoccupante che evidenzia l'estrema vulnerabilità della società civile in Egitto", ha

denunciato la portavoce dell'Alto commissario Onu per i diritti umani, Revina Shamdasani. "Siamo di fronte a un vero e proprio accanimento giudiziario da parte dell'Egitto nei confronti di Patrick", ha detto invece Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. “Questi nove mesi e mezzo trascorsi, che diventeranno ormai 11 con questo rinnovo di detenzione preventiva, chiamano in causa l'inerzia dell'Italia, l'assenza di un'azione forte. Mi chiedo cos'altro ci voglia per un'azione diplomatica molto forte nei confronti dell'Egitto", ha aggiunto. Nei giorni scorsi, Noury aveva definito "pessima" per il 29enne la notizia dell'arresto di tre dirigenti della Ong egiziana Eipr con la quale Zaki collaborava come ricercatore in studi di genere: l'accusa di "terrorismo" che pende sul loro capo si riverbera anche sui collaboratori come Patrick, aveva spiegato. L'auspicio era però che "le autorità egiziane" si rendessero conto "di aver superato ogni limite con questa prolungata detenzione di Patrick" e che potesse arrivare "un segnale di inversione di tendenza". Il caso di Zaki è seguito con attenzione dall'ambasciata d'Italia al Cairo. Lo studente comunque, secondo quanto ha riferito la sua legale nei giorni scorsi, "sta bene ed è in buona salute".

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Caso Regeni, si avvicina una scadenza chiave

Intanto, però, un altro caso giudiziario divide i due Paesi: quello di Giulio Regeni, che è stato rapito, torturato per giorni e ucciso in Egitto nel 2016. Due anni dopo, il 4 dicembre del 2018, nel registro degli indagati sono stati iscritti cinque agenti dei servizi segreti egiziani accusati di sequestro di persona. Si avvicina, quindi, la scadenza dei due anni dall’iscrizione nel registro degli indagati: una data che impone una chiusura delle indagini con archiviazione o, più probabilmente, l'apertura del processo anche solo in contumacia. Sono questi gli “ultimi sviluppi” del caso, di cui hanno parlato nei giorni scorsi in una telefonata il capo di Stato egiziano e il premier Giuseppe Conte. Il portavoce di Sisi, Bassam Radi, ha poi ribadito all'Ansa che il presidente già da tempo ha impartito “istruzioni” a tutte le autorità egiziane a “cooperare pienamente con le controparti italiane” per “giungere alla verità”. E che la collaborazione fra le due magistrature - quella egiziana e quella italiana - è "senza precedenti" nella storia giudiziaria del suo Paese.

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